Oro e volatilità: nel 2019 ci saranno ulteriori spazi di crescita per il metallo giallo

Mattia Prando

22 Gennaio 2019 - 14:40

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Le quotazioni del metallo giallo hanno beneficiato degli aumenti di volatilità sui mercati azionari. La paura degli investitori in riferimento alle tensioni geopolitiche globali potrebbe tradursi in acquisti sulla materia prima

Oro e volatilità: nel 2019 ci saranno ulteriori spazi di crescita per il metallo giallo

Durante il 2019, l’oro è rimasto in una fase laterale tra i 1.278 e i 1.295 dollari dopo il forte apprezzamento delle ultime battute del 2018, in cui i corsi sono passati dai 1.196,34 dollari del 13 novembre ai 1.284,15 dollari di fine anno, recuperando gran parte del sell-off a cui si è assistito dall’aprile 2018.

Il prezioso per eccellenza è tornato il bene rifugio per antonomasia utilizzato dagli operatori per coprirsi dai crolli del mercato azionario, mentre non ha rispettato la correlazione quando è ripreso un certo appetito al rischio per l’equity. Questo è testimoniato dall’andamento fortemente ascendente dell’indice della paura, il Vix, che nel periodo che va dal 3 ottobre al 24 dicembre 2018 ha raggiunto un picco di oltre il 210%. Ad aiutare gli incrementi della materia prima durante l’ultima parte dello scorso anno è stato anche il deprezzamento del biglietto verde.

Oro: lo strumento di protezione per eccellenza

Alla conferenza annuale organizzata a Milano da WisdomTree, Massimo Siano, Co-Head of Southern Europe Distribution di WisdomTree sostiene: “la volatilità di fine anno ha ricordato agli investitori la funzione di bene rifugio dell’oro e le vicissitudini politiche mondiali con cui si è aperto il 2019 mi portano a credere che gli investitori continueranno a usarlo per proteggersi. Ci aspettiamo che l’aumento dei prezzi continui nel corso del 2019, dato che le posizioni short dei mercati dei futures gold sono coperte”.

Antonio Sidoti, Co-Head of Southern Europe Distribution di WisdomTree, ha invece fornito il suo punto di vista sul tema della volatilità di questi periodi, definendola “fonte di preoccupazione” per gli investitori. Per Sidoti, “alcune strategie Smart Beta potrebbero risultare particolarmente interessanti per gli investitori, mi riferisco soprattutto alle strategie ponderate sui dividendi, in quanto possono contribuire a ridurre il rischio rispetto a quelle basate sulla capitalizzazione di mercato”.

Il punto sul reddito fisso

Per il reddito fisso è invece intervenuto Kevin Flanagan, Senior Fixed Income Strategist di WisdomTree, che si è focalizzato sulle possibili mosse della Federal Reserve, affermando di vedere almeno un aumento dei tassi per il 2019 e una prosecuzione della normalizzazione del bilancio se l’economia a stelle e strisce dovesse dare segni di rallentamento. “Credo fermamente che un tema fondamentale negli Stati Uniti sarà il passaggio verso la qualità creditizia nel mercato dei corporate bond. Nonostante negli ultimi due anni il mercato obbligazionario statunitense si sia concentrato sulla cosiddetta “protezione dei tassi”, penso che il 2019 sarà dedicato all’altro rischio del reddito fisso, cioè la protezione del credito. Nelle scelte di investimento si dovrà alzare l’asticella sulla qualità del credito sottostante, sia perché la Fed non ha più un atteggiamento accomodante, sia perché il ciclo del credito ha raggiunto la maturità” asserisce l’esperto.

Il Giappone avrà ampi margini di crescita

Alla conferenza sono state spese parole positive sulla situazione economica giapponese: Jesper Koll, Head of Japan di WisdomTree, è infatti convinto che l’economia del Paese del Sol Levante riuscirà ad andare in controtendenza al rallentamento globale. Questo perché la crescita sarà sostenuta da fattori come “l’accelerazione sugli investimenti domestici, guidata dal settore dei servizi e dall’aumento della domanda interna che consegue a quello dei salari”. Oltre a questo, per Koll la banca centrale giapponese potrebbe incentivare i risparmiatori nipponici all’acquisto di ETF dalla Bank of Japan, con agevolazioni fiscali. “Il risultato finale sarebbe una ri-privatizzazione delle azioni giapponesi, confini più marcati sulla proprietà delle aziende e un miglior profilo di rischio/rendimento per i bilanci del settore domestico” aggiunge l’Head of Japan di WisdomTree.

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