Bonus anziani, Prestazione universale: nel 2026 nuovi requisiti con l’obiettivo di coinvolgere più persone. Ecco cosa può cambiare.
Già nel 2025 si può parlare di bonus anziani facendo riferimento alla prestazione universale, ossia quel contributo da 850 euro che serve a chi non è autosufficiente per far fronte ad alcune spese fondamentali, come ad esempio per pagare professionisti che possano prendersi cura della loro persona supportandoli nelle attività quotidiane.
Nel 2026, però, potremmo trovarci di fronte a un “nuovo” bonus anziani visto che quello attuale potrebbe essere oggetto di un aggiornamento dei requisiti con l’obiettivo di coinvolgere un maggior numero di persone.
Un’operazione che - come anticipato dal Messaggero - viene resa necessaria dal fatto che oggi i requisiti troppo stringenti del bonus anziani hanno portato al riconoscimento del contributo solamente nei confronti di circa 25 mila beneficiari, lasciando inutilizzate gran parte delle risorse stanziate (250 milioni di euro).
Ecco quindi che alcune novità in arrivo - dalla riforma dell’Isee a un vero e proprio aggiornamento dei requisiti - potrebbero di fatto modificare il bonus 850 euro per gli anziani, ritrovandoci quindi con una misura rinnovata capace di arrivare a un numero più ampio di persone.
Bonus anziani 850 euro, come funziona oggi
Il cosiddetto bonus anziani da 850 euro, meglio conosciuto come prestazione universale per la non autosufficienza, è stato introdotto in via sperimentale nel 2025.
Si tratta di un sussidio utile a sostenere gli anziani che non sono più in grado di svolgere in autonomia le attività quotidiane. L’obiettivo è fornire un aiuto - aggiuntivo all’indennità di accompagnamento - per coprire parte dei costi legati all’assistenza, permettendo a chi si trova in una condizione di fragilità di mantenere dignità e qualità della vita.
L’importo riconosciuto è pari a 850 euro al mese, una somma che può essere destinata al pagamento di badanti, assistenti domiciliari, servizi socio-sanitari o altre spese connesse alla cura della persona. Il sostegno è pensato proprio per alleggerire il peso economico che ricade sulle famiglie e per garantire un supporto minimo a chi necessita di aiuto costante.
L’accesso alla prestazione, tuttavia, è stato regolato da criteri particolarmente rigidi.
Nel dettaglio, per ottenere il beneficio occorre aver compiuto 80 anni di età insieme al riconoscimento di una grave condizione di non autosufficienza, valutata attraverso una scala nazionale che prende in considerazione le capacità motorie, cognitive e relazionali della persona. A questo si aggiungono limiti reddituali legati all’Isee, che non deve superare i 6.000 euro, che hanno contribuito a restringere ulteriormente la platea dei beneficiari.
Proprio a causa di requisiti così selettivi, il numero di anziani che ha ricevuto il contributo si è fermato a circa 25.000, una cifra molto bassa se confrontata con l’entità delle risorse stanziate, pari a 250 milioni di euro. Una parte consistente dei fondi è dunque rimasta inutilizzata, segnalando la necessità di un intervento correttivo che consenta di ampliare l’accesso e rendere davvero universale una misura nata con finalità ambiziose.
Cosa può cambiare
Come visto sopra, il bonus da 850 euro, così come è stato pensato per il 2025, ha mostrato limiti evidenti. A fronte di risorse importanti messe a disposizione, soltanto una parte ridotta della platea potenziale ha potuto accedervi, sia per via di criteri troppo rigidi legati al bisogno assistenziale che per le soglie reddituali fissate dall’Isee.
È proprio da qui che parte la riflessione del Governo per il 2026, con l’idea di allargare la misura e renderla quanto più possibile “universale”.
Le modifiche in discussione riguardano innanzitutto la definizione di non autosufficienza, che oggi include soltanto i casi più gravi e documentati, come la demenza profonda, il coma, l’uso continuativo di autorespiratori o le lesioni spinali invalidanti. Estendere i criteri porterebbe al riconoscimento del contributo anche a chi si trova in condizioni meno gravi ma comunque invalidanti, ampliando così la platea dei possibili beneficiari.
Un altro fronte aperto è quello dell’Isee. Dopo l’esclusione dei titoli di Stato dal calcolo avvenuta nel 2025, si sta discutendo di ulteriori correzioni per evitare che lo strumento penalizzi chi possiede una casa di proprietà o piccoli risparmi accumulati nel tempo. Pertanto, si valuta l’esclusione totale della prima casa dal calcolo dell’indicatore.
Accanto a questi interventi, restano in campo anche ipotesi di semplificazione delle procedure, con questionari meno complessi e una raccolta documentale più snella, così da favorire l’accesso anche a chi non ha familiarità con pratiche burocratiche articolate.
Il tutto al fine di utilizzare in maniera più efficiente i fondi già stanziati, evitando che una parte significativa resti inutilizzata come accaduto nel primo anno di sperimentazione.
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