Di Maio e Salvini hanno chiesto altro tempo a Mattarella: la trattativa prosegue ma gli ostacoli aumentano, che futuro può avere questo governo?
Ormai la dicotomia appare evidente: da una parte c’è il Movimento 5 Stelle in versione “casa del Mulino Bianco” dove i toni sono rassicuranti e loro eroi senza macchia al servizio del paese, mentre dall’altra c’è la Lega che non riesce a nascondere tutta la sua insofferenza.
Al Colle si aspettavano il nome del premier e qualcosa di concreto sul programma, invece Di Maio ha chiesto altro tempo e lo stesso ha fatto poco dopo Salvini. I presupposti per la nascita di un governo, oltre che per la sua effettiva tenuta, a questo punto iniziano a vacillare.
L’incompatibilità tra Lega e 5 Stelle
Le difficoltà da parte di questa strana coppia nel trovare un accordo sul nome del prossimo Presidente del Consiglio è soltanto la punta di un iceberg molto più corposo. Per prima cosa c’è l’assurdità di questa sorta di casting, come se a Palazzo Chigi si possa mandare uno a caso.
Un premier deve rappresentare il governo e prendere le decisioni, ma il sentore è che Salvini e Di Maio stiano cercando un perfetto signor sì pronto ad appoggiare ogni decisione presa dai leader dei due partiti.
Anche il fatto che il programma venga fatto senza sapere quale sarà la squadra di governo è un bel paradosso, come se i ministri anche in questo caso siano dei meri esecutori senza la possibilità di poter incidere.
Con il loro solito tono rassicurante Luigi Di Maio e Alfonso Bonafede continuano a ribadire che in questo momento non si sta parlando di poltrone, come se individuare i ministri fosse un peccato mortale, ma soltanto di temi.
Salvini invece fin dalla notte del 4 marzo continua a ripetere che se fosse per lui un governo si sarebbe fatto in un giorno, ora che però è chiamato a farlo per davvero di tempo ne ha chiesto ancora altro.
La verità è che Lega e Movimento 5 Stelle sono accomunati soltanto dalla stessa voglia di andare al governo, per il resto non c’è nulla a livello di identità e di programmi che possa avvicinarli se non qualche punto molto generico.
I due partiti si stanno sforzando per individuare una convergenza, snaturandosi per cercare di accontentare l’altro ma la strada è in salita. Se fino a qualche giorno fa la nascita di questo governo sembrava cosa fatta, adesso le quotazioni sono in netto ribasso.
Governo senza futuro
Al momento di questo “governo del cambiamento” come lo definisce Di Maio non c’è ancora traccia: niente premier, nessun ministro e neanche uno straccio di programma nonostante le trattative a oltranza.
Più che la nascita di una “Terza Repubblica”, altra espressione usata dal leader pentastellato, sembrerebbe essere tornati indietro ai tempi della Prima Repubblica e alle beghe interne al Pentapartito.
Da quello che si è capito il loro esecutivo rivoluzionario sarebbe guidato da un peones qualsiasi, con alla base una sorta di programma Frankenstein pieno di misure (anche se alcune condivisibili) al momento irrealizzabili per le casse statali.
Il Movimento 5 Stelle e la Lega stanno capendo che hanno imboccato il più classico dei vicoli ciechi. Forte anche dei sondaggi che darebbero il Centrodestra oltre il 40%, il carroccio starebbe iniziando ad avere forti dubbi.
Viste le premesse, Salvini avrebbe molto da perdere in caso di un flop di governo: più conveniente sarebbe invece tornare al voto e cercare di ottenere una vittoria piena che lo porterebbe dritto a Palazzo Chigi.
Una soluzione questa auspicata anche da Forza Italia, soprattutto ora che Berlusconi è di nuovo candidabile, oltre che da Fratelli d’Italia da sempre molto scettico su questa alleanza con il Movimento 5 Stelle.
Anche se alla fine dovesse comunque partire questo governo giallo-verde, senza un Presidente del Consiglio forte e con le due anime ansiose soltanto di portare a casa qualche legge per accontentare la propria base, alla prima crisi di governo tutto questo fantasioso castello rischierebbe di cadere.
Questo fine settimana prima il Movimento 5 Stelle tramite la piattaforma Rousseau e poi la Lega con dei gazebi nelle piazze chiederanno il parere ai propri attivisti. In caso di una bocciatura, potrebbe essere una perfetta exit strategy soprattutto per un carroccio ormai sempre meno convinto di intraprendere questa strada.
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