Naspi anche con il reintegro al lavoro, ecco cosa ha deciso la Cassazione

Simone Micocci

21 Agosto 2025 - 13:22

La Corte di Cassazione respinge l’interpretazione dell’Inps. Chi non ha davvero ricominciato a lavorare non deve restituire la Naspi.

Naspi anche con il reintegro al lavoro, ecco cosa ha deciso la Cassazione

L’indennità di disoccupazione non spetta a chi trova un nuovo lavoro e neanche a chi ottiene la reintegra a seguito di un licenziamento illegittimo.

C’è però una grande differenza tra l’ordine di reintegra disposto dalla sentenza del giudice e l’effettivo ritorno all’occupazione e soprattutto alla percezione di uno stipendio. La forma può contraddire con la situazione fattuale, ledendo i principi stessi che guidano la Naspi e tutte le altre forme di ammortizzatori sociali.

Con una recente sentenza la Corte di Cassazione ha fugato ogni dubbio, stabilendo un principio fondamentale in materia di sussidi, già noto nell’ambito dell’assegno di mantenimento: il giudice tiene conto delle condizioni concrete delle parti e non (solo) delle formalità.

Naspi e indennità anche con la reintegra

Con la sentenza n. 23476/2025 la Corte di Cassazione si è pronunciata su una causa tra un cittadino disoccupato e l’Inps.

Quest’ultimo chiedeva la restituzione delle indennità di mobilità erogate per la cessazione del rapporto di lavoro in virtù dell’ordine di reintegra ottenuto dal lavoratore. Quest’ultimo ha infatti contestato il licenziamento e ne ha provato l’illegittimità in tribunale, ottenendo appunto la reintegra. Trattandosi di un licenziamento illegittimo constatato dal tribunale ai fini della legge è privo di effetti, pertanto è come se il dipendente non avesse mai smesso di lavorare. Si tratta però di una condizione fittizia, volta a riconoscere al lavoratore i propri diritti, dagli stipendi arretrati a quelli futuri grazie alla ripresa delle mansioni.

Il problema è che questa situazione teorica non trova riscontro pratico, quanto meno non del tutto. Nonostante la reintegra, il cittadino licenziato illegittimamente ha davvero perso il lavoro, rischiando di restare sprovvisto di mezzi di sostentamento.

Se l’obbligo di reintegra non viene rispettato, peraltro, la condizione di disoccupazione involontaria perdura. Certo, il lavoratore può continuare l’azione legale nei confronti del datore, ma ciò non esclude che abbia percepito correttamente le indennità. O meglio, secondo un’interpretazione puramente formale le indennità di disoccupazione e simili non spettano a chi lavora.

Un’interpretazione non sposata dagli Ermellini, secondo cui è opportuno valutare la situazione concreta e reale del cittadino. Per perdere il diritto al sussidio, quindi, e dover restituire le somme il beneficiario avrebbe dovuto materialmente lavorare e percepire lo stipendio. Di fatto, per lo stesso motivo il lavoro in nero comporta una perdita delle indennità e l’obbligo di restituzione, pur non corrispondendo a un effettivo rapporto di lavoro riconosciuto.

Cosa cambia adesso

La Cassazione ha specificato nella sentenza che la stessa interpretazione, basata sui principi costituzionali, si applica a tutti gli strumenti di sostegno al reddito. Di conseguenza, il ragionamento è analogo anche per ammortizzatori sociali diversi dall’indennità di mobilità, come la Naspi o l’Aspi. Come anticipato, un’interpretazione analoga guida da tempo anche i giudizi sul mantenimento in favore dei figli e del coniuge.

Ad esempio, quando il beneficiario si sostiene autonomamente anche senza avere un effettivo rapporto di lavoro può perdere l’assegno. Così come il miglioramento delle condizioni reddituali del soggetto obbligato si traduce in un incremento dell’assegno anche se non dipende da un aumento dello stipendio su carta. Oggi il principio appare consolidato, quando si guarda all’assistenza e ai bisogni primari di un individuo non è possibile fermarsi alla forma, dovendosi invece verificare la sostanza.

Nel concreto, l’Inps potrebbe accogliere l’orientamento della Cassazione ed essere meno propenso a pretendere la restituzione degli ammortizzatori in situazioni analoghe. Altrimenti, il beneficiario potrebbe agire in giudizio e presumibilmente ottenere una sentenza favorevole, in linea con l’interpretazione fornita dalla Suprema Corte. I requisiti per percepire gli ammortizzatori sociali devono sempre essere rispettati, ma non sarà possibile contestarne la violazione se soltanto sul piano teorico. Il beneficiario dovrà quindi essere in grado di dimostrare di agire in buona fede e di avere diritto al sussidio.

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