Il movimento delle sardine diventerà un partito? Ecco perché in realtà lo è già

Alessandro Cipolla

16 Dicembre 2019 - 11:43

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Dopo il successo della manifestazione di Roma il dibattito adesso è se il movimento delle sardine diventerà un partito a tutti gli effetti: anche se non prenderà parte alle elezioni, ci troviamo di fronte a una forza capace di influenzare la politica nostrana.

Il movimento delle sardine diventerà un partito? Ecco perché in realtà lo è già

Il movimento delle sardine diventerà un partito? Questa è la domanda che serpeggia dopo il successo della manifestazione di Roma, dove secondo gli organizzatori 100.000 persone hanno preso parte all’adunata di San Giovanni.

Nato come un flash-mob lanciato via social in opposizione alla visita di Matteo Salvini a Bologna per un comizio in occasione della campagna elettorale per le regionali in Emilia Romagna, le “6.000 sardine” alla fine sono diventate un fenomeno nazionale di primo piano.

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Il leader Mattia Santori è quasi conteso dai vari talk televisivi, con tutti i principali analisti politici del Paese che hanno versato fiumi di inchiostro e di parole per cercare di decifrare cosa sia veramente questo movimento.

L’unica certezza è che, al momento, le sardine non si presenteranno a gennaio alle prossime regionali, con Santori che più volte ha ribadito come non sia loro intenzione quello di diventare un partito nonostante i riscontri positivi da parte dei sondaggi.

Dopo la riunione post San Giovanni dei 150 promotori, si è capito però che in realtà il movimento delle sardine per peso politico e struttura può essere già definito una sorta di partito anche senza scendere in campo.

Il movimento delle sardine come un partito?

Tecnicamente un movimento per potersi definire partito deve prendere parte alle competizioni elettorali, al fine si legge sulla Treccani di “gestire il potere politico attraverso la designazione diretta dei propri membri nei ruoli di governo”.

Dopo il successo della adunata di Roma e la riunione tra i 150 promotori delle varie manifestazioni che nelle ultime settimane si sono tenute in tutta Italia, la linea del movimento delle sardine sul diventare un vero partito è rimasta sempre la stessa.

Non faremo un partito , non ci sarà una candidatura - ha dichiarato l’attivista Grazia De Sario - Continueremo a riempire le piazze e a lanciare i nostri messaggi di antifascismo, antirazzismo, contro l’odio verbale e per arginare Salvini, diciamolo chiaramente. Sicuramente appoggeremo la sinistra, ognuno nella sua libertà “.

Per l’immediato futuro l’obiettivo sarà quello di “tornare il prima possibile nelle piazze”, iniziando da quei territori e quelle periferie da tempo dimenticate in vista soprattutto delle elezioni in Emilia Romagna e Calabria.

In un breve lasso di tempo il movimento delle sardine sembrerebbe essersi già ramificato e strutturato in tutto il Paese, grazie ai vari comitati nati dopo la prima manifestazione di Bologna, con il leader Mattia Santori che ha più visibilità mediatica di ministri e segretari di partito.

Nei giorni scorsi si era parlato di una lista delle sardine per dare una mano in Emilia Romagna al governatore uscente di centrosinistra Stefano Bonaccini, alle prese con una serrata sfida con il centrodestra dove ogni voto potrebbe rivelarsi decisivo.

Alla fine però quello delle sardine sarà una sorta di appoggio esterno, scendendo in piazza per colmare quel vuoto comunicativo e di immagine che da tempo affligge il centrosinistra e che è una delle cause della sua crisi.

Il movimento delle sardine al momento appare quasi come un partito ombra, che senza scendere direttamente in campo nelle varie competizioni elettorali è pronto comunque a svolgere un ruolo fondamentale in campagna elettorale, un modo questo per contrastare il presenzialismo a tappeto di Matteo Salvini e cercare di ricompattare un elettorato come quello di centrosinistra da tempo deluso e sempre più distaccato.

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