Mercati, ecco i temi caldi d’inizio 2019

Mario D’Angelo

28/12/2018

28/12/2018 - 20:21

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Alla chiusura il 2018 si manifesta come anno dell’orso, ovvero ribassista. Quali temi saranno centrali per l’inizio dell’anno prossimo?

Mercati, ecco i temi caldi d’inizio 2019

Sono molti i segnali incerti che manda la chiusura del 2018. Ecco quali temi caldi aspettarsi per una settimana a cavallo fra l’anno vecchio e nuovo.

2018: l’Anno dell’Orso

Ovunque dilagano i "bear markets", ovvero i mercati ribassisti. Persino la borsa americana, che fino a metà 2018 sembrava praticamente invincibile, sta per concludere il peggior dicembre dai tempi della Grande Depressione. L’economia statunitense continua la sua espansione, ma la frequenza con cui cedono terreno i giganti tech dovrebbe mettere in guardia circa l’ottimismo sulla crescita.

Il DAX tedesco, che contiene i 30 titoli a maggior capitalizzazione di Francoforte, ha cancellato in 6 mesi 2 anni di rialzo. Intanto i settori europei delle banche e delle automobili hanno perso moltissimo: rispettivamente il 40% e il 30% dai picchi dell’anno.

L’industria cinese, invece, si è ristretta per la prima volta in due anni. Possibile che le tuonate di Trump contro la Fed indichino che gli USA sono i prossimi?

La crescita del mercato del lavoro USA

Quanto all’America sono da tener presenti un paio di questioni. Le bandiere dell’amministrazione presidenziale, per tutto il 2018, sono state la borsa rialzista e il mercato del lavoro in crescita. Delle due - con il pessimo dicembre che sta per finire - è rimasta la seconda.

Il job market è ancora forte. Con i 178 mila nuovi posti creati a dicembre, si stima che l’occupazione USA dovrebbe superare per la prima volta il traguardo dei 150 milioni. Dal 2010, negli Stati Uniti, sono stati creati 20 milioni di nuovi posti di lavoro, 4 milioni dei quali sotto l’amministrazione Trump.

Se si mantiene questo ritmo, negli Anni ’10 si supereranno i 21 milioni di posti di lavoro creati fra l’82 e il 1990 sotto le amministrazioni Reagan e Bush senior. Difficile sarà raggiungere i 24,5 milioni degli Anni ’90, creati prevalentemente durante la presidenza di Bill Clinton.

Italia mon amour

Gli investitori sembrano essersi innamorati di nuovo dell’Italia. Le frenetiche trattative con l’Unione Europea hanno portato a un prestito decennale al governo al 2,70%, all’ultima asta dell’anno. A novembre avevano concesso il 3,24%.

Ma a gennaio la situazione sarà probabilmente tesa. La tenuta dell’Italia sarà infatti testata presto, con la vendita di bond per un valore di 27 miliardi di euro. La differenza, quando nel 2019 l’Italia proverà a vendere un totale di oltre 250 milioni di euro in bond, è che la BCE non comprerà.

La situazione politico-economia è ancora fragile, e l’ultima vendita speciale del mese scorso è stata accolta freddamente. Gli investitori saranno più generosi nel 2019?

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