Il colosso della componentistica auto Marelli avvia il Chapter 11 negli USA: a rischio oltre 6.000 posti in Italia. Sindacati e governo in allarme.
Il gruppo Marelli, uno dei principali produttori mondiali di componentistica per l’automotive, ha ufficialmente avviato la procedura di fallimento tramite il Chapter 11 negli Stati Uniti, una mossa che scuote profondamente il settore industriale italiano e mette in bilico il futuro di oltre 6.000 lavoratori nel nostro Paese.
La decisione, annunciata l’11 giugno 2025, arriva dopo mesi di crescenti difficoltà finanziarie e segnala una crisi profonda che coinvolge non solo la storica azienda (nata dalla fusione tra Magneti Marelli e la giapponese Calsonic Kansei) ma anche l’intero indotto automotive nazionale. I sindacati hanno immediatamente chiesto l’intervento del governo per evitare l’ennesima emorragia occupazionale e industriale, intanto il management della società assicura che la continuità operativa sarà garantita durante la ristrutturazione.
Le cause della crisi e il piano di ristrutturazione di Marelli
La crisi di Marelli non è un fulmine a ciel sereno. L’azienda, acquisita nel 2019 dal fondo americano KKR per 6,2 miliardi di dollari, si è trovata a fronteggiare un debito superiore ai 4 miliardi di dollari, aggravato dal calo degli ordini e dalla generale crisi che investe il settore automotive, tra transizione elettrica, inflazione e rallentamento della domanda globale.
Negli ultimi mesi, Marelli aveva tentato di negoziare una soluzione con i creditori e aveva valutato anche la cessione al gruppo indiano Motherson, che si era detto disponibile a rilevare l’azienda con un’iniezione di 700 milioni di dollari e il pagamento parziale dei debiti. Tuttavia, le trattative non hanno portato a una soluzione condivisa tra i diversi creditori, soprattutto tra quelli giapponesi e stranieri, lasciando come unica via d’uscita la protezione offerta dal Chapter 11.
Il Chapter 11, previsto dalla legge fallimentare statunitense, consente infatti alle aziende in difficoltà di ristrutturare i debiti mantenendo la continuità operativa e sospendendo temporaneamente le azioni legali dei creditori. Marelli, che conta oltre 6.000 dipendenti e dieci stabilimenti in Italia, ha ottenuto un finanziamento ponte di 1,1 miliardi di dollari da parte degli attuali finanziatori, che acquisiranno la proprietà dell’azienda al termine della procedura, salvo offerte migliorative da terzi nei prossimi 45 giorni. Secondo il CEO David Slump, questa scelta rappresenta “la strada migliore per rafforzare il bilancio e convertire il debito in capitale”.
Preoccupazioni per lavoratori e stabilimenti italiani
Resta quindi in bilico il destino dei lavoratori italiani e la salvaguardia della presenza industriale di Marelli nel nostro Paese. I sindacati (Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm, Aqcfr) hanno espresso “estrema preoccupazione” per la sorte dei quasi 6.000 addetti coinvolti, chiedendo l’apertura immediata di un tavolo di confronto presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy e l’intervento diretto del governo. La richiesta è chiara: serve una strategia nazionale per evitare la dispersione di competenze e posti di lavoro, soprattutto in un settore già provato da altre crisi recenti.
Gli stabilimenti più a rischio sarebbero quelli maggiormente legati a Stellantis, come Melfi, Sulmona e Caivano, ma la tensione riguarda tutto il perimetro produttivo italiano di Marelli. I rappresentanti dei lavoratori sottolineano che “non sono più tollerabili ulteriori rinvii” e che la difesa dell’occupazione e della capacità produttiva nazionale deve diventare una priorità politica e industriale. Il governo, dal canto suo, è chiamato a trovare una soluzione che possa garantire la continuità produttiva e la tutela sociale, anche alla luce del ruolo strategico di Marelli per l’intera filiera automotive.
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