Con una scappatoia legale alcune aziende USA tentano la quotazione a Wall Street. Ecco la regola che potrebbe riscrivere il futuro delle IPO.
Da settimane gli uffici della SEC sono deserti, le luci spente, i monitor fermi sulle ultime revisioni sospese. E lo shutdown del governo americano, conseguenza dello stallo politico al Congresso, ha messo in pausa anche il mercato delle IPO. Dopo anni di apatia, le società avevano ricominciato a bussare alla porta di Wall Street, spinte dai tassi in calo e da un’economia statunitense che, ancora una volta, sembrava più forte delle sue crisi. Ma ora tutto si è fermato.
O quasi. Perché grazie a una vecchia disposizione, quasi dimenticata, le aziende potrebbero quotarsi in Borsa anche senza l’ok della SEC. E c’è già una startup pronta a sfruttare questa scappatoia legale.
Ecco di cosa si tratta.
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La regola dei 20 giorni: come funziona e perché può far ripartire le IPO
Negli Stati Uniti, nessuna società può debuttare in Borsa senza l’approvazione della SEC. Ma fatta la regola, c’è sempre anche l’eccezione. La “regola dei 20 giorni” nasce proprio per questo: consente alle aziende di dichiarare autonomamente “efficace” la propria registrazione, bypassando l’agenzia federale, purché il prezzo dell’offerta venga fissato almeno venti giorni prima della quotazione. In pratica, le società rinunciano al controllo ufficiale, si assumono ogni responsabilità e vanno in Borsa da sole.
Durante lo shutdown del 2018, durato 35 giorni, alcune società provarono questa strada: Gossamer Bio, New Fortress Energy e diverse SPAC (le famose “scatole vuote” della finanza) hanno aggirato così la paralisi burocratica.
Oggi la storia sembra ripetersi. MapLight è la prima del 2025 a tentare l’esperimento, e molti osservatori credono che altre potrebbero seguirne l’esempio, soprattutto nel biotech e in quei settori dove c’è “fame di liquidità”.
La differenza è che questa volta il contesto è radicalmente cambiato. Dopo anni di tassi alti, la Fed ha iniziato ad allentare la stretta, riaccendendo l’appetito per le nuove emissioni. I capitali ci sono, la fiducia pure, ma serve una porta aperta. E se la SEC è chiusa, qualcuno ha deciso di costruirsela da sé.
I rischi (molto reali) di questa scorciatoia
Ogni scorciatoia ha un prezzo e quella delle IPO “fai da te” non fa eccezione. Senza il controllo della SEC, le società che scelgono la regola dei 20 giorni si muovono in una zona grigia, dove anche un piccolo errore potrebbe trasformarsi in un problema legale. Inoltre, se i prospetti non vengono verificati e i dati non passano al vaglio dei revisori pubblici, gli investitori diventano più diffidenti. Il rischio, quindi, è che molti fondi e investitori istituzionali chiedano sconti sul prezzo d’ingresso per compensare l’aumento del rischio percepito.
“Saltare la revisione della SEC significa esporsi a possibili omissioni o errori di compilazione”, spiega Troy Hooper di Mergermarket. “È un terreno più instabile, che può lasciare sia le aziende che gli investitori vulnerabili a spiacevoli sorprese dopo la quotazione”.
Non stupisce quindi che alcune società abbiano preferito tirare il freno. Tra queste, anche la divisione di Unilever che produce i gelati Magnum, che ha deciso di rinviare tutto.
La regola dei 20 giorni è un’opportunità ma anche un rischio: da un lato rappresenta una soluzione di emergenza utile a tenere viva la finestra di mercato, ma potrebbe anche produrre un’ondata di IPO “non revisionate” in grado di minare la fiducia nel sistema.
Certo è che se lo shutdown dovesse protrarsi, quella che oggi sembra una scelta estrema potrebbe diventare la norma.
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