Licenziamento per illazioni sull’orientamento sessuale dei colleghi: la sentenza della Cassazione

Luna Luciano

10 Marzo 2023 - 20:51

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Una dipendente è stata licenziata per illazioni sull’orientamento sessuale della collega, dopo aver fatto ricorso, arriva la sentenza della Cassazione: sì al licenziamento.

Licenziamento per illazioni sull’orientamento sessuale dei colleghi: la sentenza della Cassazione

Si può licenziare in tronco un (o una) dipendente per illazioni sull’orientamento sessuale dei colleghi. A confermarlo una sentenza della Corte di Cassazione.

Un autista dipendente della Tper, società emiliana per i trasporti, è stato licenziato immediatamente e senza indennità dopo aver maliziosamente insinuato l’omosessualità di un’altra collega, mentre erano in servizio davanti ad altre persone.

L’uomo però ha subito presentato il ricorso, e se per la Corte territoriale il provvedimento adottato dalla società era stato “eccessivo”, la Corte di Cassazione non è stata dello stesso avviso. Queste “battutediscriminatorie, che un tempo sarebbero rimaste impunita e anzi avrebbero fatto ridere molti colleghi e superiori, oggi trovano quindi il giusto provvedimento.

Infatti, se ancora troppo spesso l’orientamento sessuale rimane oggetto di discriminazione e derisione, la sentenza della Cassazione ha mandato un chiaro segnale su come doversi comportare in questi casi. Ecco cosa è accaduto e cosa ha detto la Corte di Cassazione

Licenziamento in tronco per illazione sull’orientamento sessuale della collega: il caso

Alla notizia della gravidanza della collega - autista pure lei - un dipendente della Tper aveva reagito in maniera irrisoria, chiedendo, davanti ad altre persone, come fosse possibile essendo lei lesbica. Il tono offensivo con il quale il collega ha insinuato la sua omosessualità non è stata ignorata dalla donna, la quale ha immediatamente presentato un esposto all’azienda datrice,

E la Tper che, a sua volta, aveva contestato al dipendente il comportamento altamente “ lesivo dei principi del Codice etico aziendale e delle regole di civile convivenza ” aveva deciso di licenziare in tronco il dipendente per giusta causa e senza alcun diritto ad indennità.

L’uomo però aveva fatto subito ricorso e la massima sanzione era stata considerata troppo severa dai giudici della Corte d’Appello. Infatti, per la Corte territoriale il licenziamento è stato valutato come una sanzione eccessiva per un comportamento che è stato valutato solo “inurbano”. Non solo.

Stando ai giudici di secondo grado la decisione dell’azienda emiliana era stata considerata un recesso unilaterale e per tale motivo la ditta era stata condannata a versare all’autista venti mensilità. Ma la Corte di Cassazione ha preso le distanze da quanto stabilito dai precedenti appelli ed ha accolto il ricorso della Tper.

Sì al Licenziamento per illazioni sull’orientamento sessuale: cosa dice la sentenza della Cassazione

Valutare solo come “inurbano” la frase e l’atteggiamento del dipendente non è accettabile. La Corte di Cassazione ha infatti stabilito che il comportamento dell’autista non è stato “conforme ai valori presenti nella realtà sociale ed ai principi dell’ordinamento”. E la sentenza su questo non transige, l’espressione “inurbano”:

rimanda a un comportamento contrario alle regole della buona educazione e degli aspetti formali del vivere civile, laddove il contenuto delle espressioni usate, e le ulteriori circostanze di fatto nel quale il comportamento del dipendente deve essere contestualizzato, si pongono in contrasto con valori ben più pregnanti, ormai radicati nella coscienza generale ed espressione di principi generali dell’ordinamento

I giudici hanno infatti ricordato che il Codice delle Pari opportunità tra uomo e donna (Dlgs n. 198/2006) considera “discriminazioni” anche le “molestie”, ovvero:

quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo

Per talli motivi la Cassazione ha annullato il verdetto della Corte d’Appello, che ora dovrà riesaminare la sua decisione. Infine la Suprema Corte ha concluso con un invito a considerare l’evoluzione della società e dei suoi usi e costumi:

l’acquisizione della consapevolezza del rispetto che merita qualunque scelta di orientamento sessuale e del fatto che essa attiene ad una sfera intima e assolutamente riservata della persona.

Ed è per questo che frasi irrisorie, per di più davanti a terzi, sull’orientamento sessuale non possono essere ignorate e anzi possono comportare il licenziamento.

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