Legge elettorale: dalla commissione è uscito come testo base il Legalicum, facendo esultare il Movimento 5 Stelle che però mai potrebbe vincere con questo sistema di voto.
Legge elettorale: dalla commissione Affari Costituzionali della Camera è uscito come testo base il Legalicum, facendo esultare il Movimento 5 Stelle che però con questo sistema di voto avrebbe possibilità praticamente nulle di poter formare un governo a guida pentastellata.
Come era facile aspettarsi, alla fine in tema di legge elettorale la montagna ha partorito il classico topolino. Mesi di proposte, ipotesi, tavoli tecnici e lunghe riunioni per decidere poi di estendere l’attuale sistema di voto vigente alla Camera anche al Senato, apportando solo alcune modifiche.
Il Legalicum o Italicum bis come è stato denominato, alla fine non è altro che la legge elettorale ideata da Matteo Renzi e bocciata, in occasione del Referendum del 4 dicembre, dalla grande maggioranza degli italiani.
Il paradosso è che adesso i due più grandi sponsor di questa legge elettorale siano il Movimento 5 Stelle e Forza Italia, che assieme alla Lega Nord furono i grandi sostenitori del No al Referendum.
Ma se il partito di Silvio Berlusconi può trarre vantaggio dal Legalicum, i 5 Stelle invece sembrerebbero avere ben poco da esultare, visto che senza degli improbabili cambiamenti radicali del testo base Palazzo Chigi per loro resterebbe solo un miraggio.
Legge elettorale: i limiti del Legalicum
In tema legge elettorale si potrebbe tranquillamente dire che il Parlamento abbia perso quasi cinque mesi di tempo. Quando ad inizio anno la Corte Costituzionale si espresse sull’Italicum modificandolo, già allora poteva essere fatto quel che è stato deciso molto tempo dopo.
Il Legalicum è la legge figlia della sentenza della Consulta, attualmente in vigore alla Camera. Un sistema proporzionale puro, con un premio di maggioranza alla lista fissato al 40%, capilista bloccati e soglia di sbarramento al 3%, che però al Senato è da calcolare su base regionale.
Sono presenti quindi tutte le maggiori criticità che erano state evidenziate: un premio di maggioranza che non è raggiungibile da nessuna forza politica e, soprattutto, i famosi capilista bloccati che nessuno a parole vuole ma che alla fine sono sempre lì.
Il rischio concreto è che quindi dopo le prossime elezioni, se non dovessero essere fatte modifiche in tal senso, alla fine possiamo ritrovarci senza una maggioranza capace di formare un governo e con un Parlamento composto per la maggior parte da nominati.
La cosa buffa è che alla Camera il PD ha una larga maggioranza, ma la legge elettorale che è venuta fuori dalla commissione Affari Costituzionali non piace al partito di un Matteo Renzi che invece era più propenso a un testo a sfondo maggioritario.
Abbiamo quindi una legge elettorale che scontenta, oltra anche alla Lega Nord, il più numeroso partito in Parlamento, mentre viene accolta con entusiasmo da chi fino a pochi mesi fa la bollava come il demonio.
Da qui inizia una considerazione sul comportamento del Movimento 5 Stelle, che fa sorgere dei dubbi su quali siano le reali intenzioni di Di Maio e compagni, visto che alcune recenti decisioni lasciano più che perplessi.
I paradossi del Movimento 5 Stelle
Gli italiani lo scorso 4 dicembre hanno in maniera netta bocciato la proposta di riforma costituzionale presentata dall’allora governo Renzi, con il segretario del Partito Democratico che decise di dimettersi da Presidente del Consiglio dopo la sconfitta.
Quando poi fu trovato l’accordo per un nuovo esecutivo guidato da Paolo Gentiloni, il coro unanime recitava che la grande priorità del paese era quella di una nuova legge elettorale, prima però si doveva attendere la sentenza della Corte Costituzionale in merito all’Italicum.
La Consulta il 25 gennaio si espresse bocciando il ballottaggio e la scelta del collegio in caso di candidature multiple, depositando le motivazioni della sentenza anche in tempi rapidi, ovvero a inizio febbraio.
Il 25 gennaio quindi prese vita il Legalicum, che divenne di fatto il sistema elettorale in vigore alla Camera e che trovava come più grande sostenitore il Movimento 5 Stelle, ovvero il partito che invece doveva essere più arrabbiato di tutti.
La bocciatura del ballottaggio infatti privava i 5 Stelle di uno strumento che li avrebbe resi i grandi favoriti. Basti pensare a Roma, Torino o Parma, dove nel testa a testa per eleggere i sindaci il Movimento è sempre uscito vincitore contro il Partito Democratico, anche quando partiva da una situazione di svantaggio.
I pentastellati in questi anni si sono contraddistinti per il loro spirito battagliero, non risparmiando critiche e attacchi anche alle più alte cariche dello Stato. Contro la sentenza della Consulta invece neanche un fiato.
Tolto il ballottaggio, questa legge elettorale sembrerebbe essere disegnata in maniera apposita per non far uscire un vincitore dalle urne. Non si capisce allora perché il Movimento 5 Stelle adesso la apprezzi così tanto.
La spiegazione potrebbe essere solo una: anche senza raggiungere il 40%, se i grillini dovessero risultare il partito più votato, toccherebbe a loro ricevere per primi l’incarico di formare un nuovo governo da parte del Presidente Mattarella.
Ma visto che un mantra pentastellato è da sempre quello di non stringere mai e in nessun caso alleanze di governo con altri partiti, anche in questo caso non potrebbero governare a men di sbugiardare uno dei pilastri sul quale si fonda il Movimento.
A voler pensare male, si potrebbe dire che con il Legalicum il Movimento 5 Stelle si garantirebbe altri 5 anni di opposizione con una vasta rappresentanza in Parlamento, formata per la maggior parte da nominati se i capilista non verranno tolti.
C’è poi un altro fatto che desta perplessità. Pochi giorni fa i 5 Stelle hanno annunciato una mozione di censura alla Camera verso la sottosegretaria Maria Elena Boschi, di nuovo nella bufera dopo le rivelazioni su Banca Etruria di Ferruccio De Bortoli.
La cosa buffa è che questa mozione presentata alla Camera verrà senza dubbio respinta dall’ampia maggioranza che fa capo al PD, mentre se fosse stata fatta al Senato l’esito sarebbe stato tutt’altro che scontato.
In più, in caso di voto favorevole alla mozione sulla Boschi, si sarebbe creata una crisi di governo visto il comportamento del Movimento Democratici e Progressisti che con ogni probabilità avrebbero contro la loro maggioranza.
In pratica i 5 Stelle potevano far cadere il governo Gentiloni, ma si sono dimostrati dei veri gentleman evitando così enormi problemi al Partito Democratico. Un altro comportamento questo poco comprensibile.
La sensazione è che in fondo al Movimento 5 Stelle forse non interessi così tanto guidare il paese, preferendo la comoda bambagia dello stare all’opposizone rispetto a governare un paese che i tanti elettori pentastellati confidano possa essere invece cambiato.
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