Legge di Bilancio 2023, Meloni ha un problema: niente soldi per tasse e pensioni

Alessandro Cipolla

07/11/2022

Salvini insiste per flat tax e Quota 41, mentre Meloni ha promesso riduzioni di tasse e taglio dell’Iva: nella legge di Bilancio però i soldi non ci sono, come farà il governo?

Legge di Bilancio 2023, Meloni ha un problema: niente soldi per tasse e pensioni

I soldi a disposizione per la legge di Bilancio sono pochi e saranno utilizzati tutti per il caro-bollette. Lo ha fatto intendere il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e il poi concetto è stato ripreso anche da Giorgia Meloni.

Concentreremo le risorse, oltre 30 miliardi, di cui 9,1 miliardi per il 2022 e 21 miliardi per il 2023 - ha dichiarato la presidente del Consiglio - per aiutare gli italiani a far fronte all’aumento del costo dell’energia, senza disperdere risorse in bonus inutili”.

I conti della legge di Bilancio 2023 infatti sono presto fatti. Ci sono i 9,1 miliardi lasciati in eredità dal governo Draghi che saranno impegnati, già in questo 2022, per il decreto Aiuti quater; poi 21 miliardi a disposizione per il prossimo anno grazie al deficit che è stato fissato al 4,5%.

In totale sono 30 miliardi tondi tondi che, come ribadito più volte da Meloni e Giorgetti, saranno utilizzati tutti per mitigare le bollette degli italiani. Come farà allora il governo a inserire nella legge di Bilancio 2023 le tante promesse fatte in sede di campagna elettorale e poi ribadite anche nei giorni scorsi?

Legge di Bilancio: coperta corta per Meloni e Salvini

Già prima delle elezioni più volte sono stati fatti i conti in tasca alle promesse contenute nel programma elettorale del centrodestra. Le stime più basse si sono fermate nel complesso intorno agli 80 miliardi - l’anno - mentre quelle più esose hanno superato di molto l’asticella dei 100 miliardi.

Logico che nelle previsioni del centrodestra non c’è mai stata l’idea di inserire tutte queste misure già nella legge di Bilancio 2023, ma i leader anche di recente si sono cimentati in importanti dichiarazioni in vista della Finanziaria.

Bloccare la legge Fornero era un impegno che ci siamo presi, e nella legge di Bilancio ci sarà quota 41 - ha dichiarato Matteo Salvini in onda su Retequattro - Così come ci saranno la flat tax e lo stralcio e la rateizzazione di milioni di cartelle esattoriali”.

Giorgia Meloni invece, durante il suo discorso alla Camera prima del voto di fiducia, come ricordato dal Corriere ha parlato di “riduzione delle imposte sui premi di produttività, l’innalzamento della soglia di esenzione dei fringe benefit, il taglio dell’Iva al 5% su prodotti e beni primari”.

I soldi per tasse e pensioni non ci sono

Stando a uno studio dell’Inps, per quanto riguarda Quota 41 nella migliore delle ipotesi (63 anni) la spesa extra per lo Stato sarebbe di 5 miliardi l’anno, che diventerebbe con la peggiore delle ipotesi (61 anni) di 7,6 miliardi.

Difficile invece calcolare quale potrebbe essere l’impatto di una ulteriore estensione della flat tax nella legge di Bilancio, mentre tutti gli altri impegni menzionati da Meloni dovrebbero costare in totale sui 10 miliardi.

Considerando che il ricorso al deficit sarà riservato soltanto al caro energia, con l’asticella del 4,5% che inoltre non può essere alzata ulteriormente per non innervosire Bruxelles e i Mercati, non sembrerebbero esserci molte alternative: o si trovano risorse tramite tagli reali e nuove entrate, oppure il governo dovrà rinunciare a buona parte delle promesse fatte in queste settimane ai cittadini.

Salvini e Meloni sembrerebbero essere pronti a imboccare la prima strada, con tutti gli occhi che sono puntati sul reddito di cittadinanza; la misura vale quasi 9 miliardi l’anno, ma sarà difficile mettere le mani su tutto il malloppo: restringendo ulteriormente i requisiti, si potrebbe arrivare a risparmiare 1 miliardo.

Qualcosa in più potrebbe arrivare dalla revisione dei bonus edilizi, mentre dai tagli alle spese ministeriali al massimo si potrebbe arrivare a 1 miliardo. Di conseguenza nella legge di Bilancio 2023 difficilmente il governo potrà mantenere a pieno tutte le promesse in materia di tasse e pensioni, a meno di non voler ricorrere di nuovo a quella “finanza creativa” di tremontiana memoria.

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