È legale vendere l’olio sfuso?

Ilena D’Errico

28 Settembre 2025 - 22:41

Ecco cosa prevede la legge sulla vendita dell’olio sfuso e perché ci sono grossi limiti.

È legale vendere l’olio sfuso?

Ormai l’autunno è iniziato e molte famiglie italiane cominciano a raccogliere le olive e quale uso migliore della produzione dell’olio? Già da ottobre diverse persone cominciano così a portare le raccolte nel frantoio più vicino, pronti a portare sulla propria tavola il frutto di duro lavoro. Così, soprattutto se l’olio è abbondante e superiore al fabbisogno familiare, molti pensano anche a venderlo per recuperare parte della spesa. Non sarebbe poi una cattiva idea, se non fosse che la legge prevede regole molto precise sulla vendita dell’olio. Ecco cosa prevede sul commercio dell’olio sfuso.

Vendere olio sfuso non è legale

In Italia non è legale vendere olio sfuso, come d’altronde in tutto il territorio comunitario, con qualche eccezione. Il divieto proviene infatti dalla normativa dell’Unione europea e in particolare dal Regolamento delegato (Ue) n. 2022/2104 della Commissione Ue, che regola appunto il commercio degli oli d’oliva. Ciò significa non soltanto che non è possibile vendere l’olio autoprodotto e confezionato in maniera casalinga, ma anche che è impossibile acquistarlo dal frantoio o dall’agricoltore semplicemente riempiendo il proprio contenitore.

Pratica che è invece ammessa per altri prodotti, fra cui anche il vino, sebbene con precisi standard. Di fatto, il divieto di vendere l’olio sfuso non è molto apprezzato, perché permetterebbe a chi lo acquista di risparmiare e ai piccoli venditori di arrotondare, riducendo anche gli imballaggi in circolazione. Non è certo un caso se anche la Commissione europea nel 2023 ha tentato una riforma in questo senso, alla ricerca di una soluzione più ecologica e conveniente per i consumatori. Purtroppo, da un certo punto di vista almeno, l’iniziativa non è andata in porto, a causa degli svantaggi che consentire questa pratica avrebbe comportato. La Commissione stessa non ha infatti potuto autorizzare la vendita di olio sfuso a causa di ragioni di sicurezza e tutela della salute collettiva.

La vendita di olio sfuso non garantisce il rispetto delle condizioni igienico-sanitarie prescritte dalla legge e nemmeno consente la corretta conservazione del prodotto. Al di là delle proprietà organolettiche del prodotto e delle alterazioni di sapore, odore e colore, una conservazione impropria dell’olio può favorire lo sviluppo di batteri e mettere a rischio i consumatori. L’esposizione alla luce solare e l’ossidazione rappresentano i fattori di rischio maggiori in proposito. Non solo, l’olio sfuso non si presta ai controlli anti-frode, senza contare possibili raggiri in merito alla qualità effettiva del prodotto.

Come deve essere venduto l’olio

La legge non si limita a vietare la vendita di olio sfuso, ma prescrive anche le precise caratteristiche che il prodotto deve avere per essere commerciabile. Si comincia dalle quantità, poiché ogni recipiente deve avere una capacità nominale massima di 5 litri, eccezionalmente elevabili a 25 litri dagli Stati membri per ristoranti, ospedali, mense o altre collettività simili. L’olio deve inoltre essere presentato al consumatore finale preimballato in contenitori “provvisti di un sistema di chiusura che perde la sua integrità dopo la prima utilizzazione”. La confezione viene completata dall’etichetta, che deve per forza contenere:

  • denominazione di vendita;
  • categoria dell’olio;
  • quantità netta;
  • termine minimo di conservazione;
  • condizioni di conservazione;
  • dati del responsabile del prodotto;
  • numero di lotto;
  • tabella nutrizionale;
  • sede dello stabilimento di confezionamento;
  • campagna olearia, acidità massima, informazioni organolettiche (facoltative).

Non si può quindi vendere l’olio al dettaglio. Per commercializzare questo prodotto bisogna rispettare le prescrizioni di legge, anche riguardo alla corretta definizione dell’olio, e la normativa igienico-sanitaria. I piccoli produttori e le famiglie possono continuare a produrre l’olio per il consumo personale, eventualmente condividendolo senza corrispettivo e informando correttamente circa la provenienza. L’attenzione deve essere massima, non soltanto per le ragioni di salute e sicurezza ma anche perché questo illecito può causare gravi conseguenze. In Italia, in particolare, si va dalla multa perfino alla reclusione nel peggiore dei casi. Un divieto antipatico a molti, ma necessario a tutelare un’eccellenza italiana e il benessere dei cittadini.

Iscriviti a Money.it