Le turbolenze in Turchia non sono finite. E la lira affonda

Violetta Silvestri

05/02/2024

05/02/2024 - 15:48

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La Turchia ha nuovi-vecchi motivi per temere turbolenze economiche: dall’inflazione a due cifre fino alle dimissioni ai vertici della banca centrale, le scosse continuano. E la lira scivola.

Le turbolenze in Turchia non sono finite. E la lira affonda

Si torna a parlare di inflazione e banchieri centrali in Turchia, rimarcando così quali sono i punti deboli della nazione che ancora non riesce a riprendersi dalle recenti scosse economiche e finanziarie.

Mentre Erdoğan e il suo partito entrano nuovamente in campagna elettorale per le amministrative di marzo in alcune città chiave come Istanbul e Ankara, i dati sui prezzi al consumo poco incoraggianti e l’ennesimo cambio al vertice nella Banca centrale turca hanno riacceso i riflettori sulla fragilità economica del Paese.

La Turchia ambisce ad accrescere la sua influenza politica nel Medio Oriente in crisi e nel Mediterraneo, sempre più strategico per energia e commercio, e per questo è osservata speciale da investitori e analisti. Quali turbolenze stanno di nuovo colpendo la faticosa ripresa economica turca? Dall’inflazione alla politica monetaria, fino alla debolezza della valuta: le sfide interne di Erdoğan sono ancora tutte da vincere.

Inflazione turca al 65% annuale

A gennaio, l’inflazione turca ha registrato il maggiore aumento mensile da agosto, con un +6,7% rispetto a dicembre, mentre su base annua ha raggiunto quasi il 65%.

L’indice dei prezzi al consumo nel Paese di 85 milioni di abitanti è aumentato nello specifico del 64,86% annuo. I settori con i maggiori rialzi mensili dei prezzi sono stati la sanità con il 17,7%, hotel, bar e ristoranti con il 12% e beni e servizi vari con poco più del 10%.

Cibo, bevande e tabacco, nonché trasporti, sono tutti balzati tra il 5% e il 7% circa su base mensile, mentre l’edilizia abitativa è aumentata del 7,4% da dicembre.

I rialzi mensili, dicono gli economisti, derivano da un aumento significativo del salario minimo imposto dal governo turco per il 2024. Il salario minimo per l’anno è salito a 17.002 lire turche al mese (+100% da gennaio 2023).

Secondo il ministro del Tesoro e delle Finanze Mehmet Simsek, l’ultima impennata dell’inflazione è il risultato di fattori temporanei. “L’inflazione mensile diminuirà in modo significativo a partire da febbraio per procedere in linea con il percorso previsto”, ha affermato dopo il rilascio dei dati.

L’economista Selva Bahar Baziki ha scritto su Bloomberg che “il tasso di inflazione annuale della Turchia è rimasto fermo al di sotto del 65% a gennaio in un contesto di effetti base favorevoli, ma sono in arrivo ulteriori sofferenze. Ci aspettiamo che gli aumenti dei prezzi superino il 70% a maggio e i rischi per questa prospettiva sono orientati al rialzo. Dopo il recente cambio di leadership della banca centrale, riteniamo che ora sia più probabile che i policy maker rispondano a un peggioramento delle prospettive di inflazione con aumenti dei tassi di interesse”.

Valeria Talbot, a capo di ISPI’s Middle East and North Africa Centre ha sottolineato in una sua recente analisi che la Banca centrale...

“prevede che a marzo l’inflazione raggiungerà un picco del 75% per poi decrescere e attestarsi al 36% alla fine del 2024. L’aumento generalizzato dei prezzi continua a erodere potere d’acquisto e a impattare negativamente sugli standard di vita dei cittadini turchi, soprattutto dei ceti medio-bassi. In un sondaggio di fine dicembre oltre il 56% degli intervistati ha lamentato un deterioramento delle proprie condizioni di vita negli ultimi sei mesi, mentre solo il 21,4% ha riscontrato un miglioramento”

I prezzi elevati e la debolezza della lira sul dollaro che fa aumentare i costi di importazione restano nodi da sciogliere con maggiore difficoltà adesso che il banchiere centrale è stato nuovamente cambiato, scoraggiando gli investitori in cerca di stabilità.

La saga della banca centrale turca continua

Fatih Karahan, neo-governatore della banca centrale turca, ha dichiarato domenica che il suo team è determinato a mantenere una politica monetaria restrittiva finché l’inflazione non scenderà a livelli coerenti con il target.

Karahan ha sostituito Hafize Gaye Erkan sabato scorso, poche ore dopo essersi dimessa dicendo che aveva bisogno di proteggere la sua famiglia da una campagna di diffamazione iniziata nei suoi confronti.

Come ricordato su Financial Times, Karahan, entrato a far parte del team della banca centrale già a luglio, è una figura ben nota nella comunità economica turca. È visto come una delle forze trainanti dietro la grande svolta verso una politica monetaria più convenzionale iniziata dopo la nomina di Erkan.

L’economista formatosi all’Università della Pennsylvania ha lavorato per quasi un decennio presso la Federal Reserve di New York e successivamente è entrato a far parte del gruppo di e-commerce Amazon prima della sua nomina in Turchia.

La banca centrale sotto la guida di Erkan ha aumentato i tassi di interesse dall’8,5% al ​​45%. Ha inoltre adottato una serie di altre misure volte a raffreddare l’inflazione e a finanziare la crescita, incoraggiando al tempo stesso la popolazione locale a detenere lire anziché accumulare i propri risparmi in dollari e oro.

Gli investitori stranieri si sono lentamente avvicinati agli asset turchi negli ultimi mesi, dopo aver in gran parte abbandonato i mercati del Paese negli ultimi dieci anni a causa delle politiche non ortodosse di Erdoğan (che pretendeva tassi di interesse bassi con un’inflazione da record).

Pimco, uno dei più grandi gestori obbligazionari del mondo, ha dichiarato al Financial Times il mese scorso di aver iniziato ad acquistare debito denominato in lire e che la Turchia potrebbe persino riconquistare il suo rating di credito investment grade nei prossimi cinque anni.

Il timore è che questo ulteriore cambio al vertice presso la banca centrale si traduca in instabilità e sia sinonimo di incertezza. Tuttavia, diversi esperti credono che il nuovo governatore sia ancora più aggressivo sui tassi e quindi nella lotta contro l’inflazione.

Lira turca, è nuovo tonfo

Il deprezzamento della valuta nazionale sul biglietto verde non trova tregua osservando il Forex. Ulteriori pressioni di vendita continuano infatti a colpire la lira e spingono il cambio USD/TRY a un nuovo massimo record vicino a 30,6000 negli scambi di lunedì 5 febbraio.

Gli esperti di Fxstreet hanno notato che la coppia ha registrato perdite mensili in soli due mesi dal 2022 (novembre 2022 e agosto 2023), mentre la lira ha perso più del 140% nello stesso periodo rispetto al dollaro statunitense.

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