Tra attacchi pubblici, minacce di nomine anticipate e una strategia per abbassare i tassi, la banca centrale americana affronta la sfida più dura alla sua indipendenza dal 1951.
La Federal Reserve, simbolo dell’autonomia economica statunitense, si trova oggi a fronteggiare una delle prove più complesse e delicate della sua storia. Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca ha riportato al centro del dibattito una questione cruciale: la Fed può davvero restare indipendente in un contesto di crescente interferenza politica?
La tensione tra l’istituzione e l’esecutivo è esplosa pubblicamente quando Trump, attraverso il suo social Truth Social, ha criticato apertamente il presidente della Fed, Jerome Powell, accusandolo di mantenere tassi di interesse troppo alti, rallentando così la crescita economica americana e costando al paese «centinaia di miliardi in rifinanziamenti». In un gesto senza precedenti, ha persino mostrato un foglio scritto a mano con il suo famoso pennarello nero, elencando i tassi delle banche centrali mondiali e denunciando come gli Stati Uniti fossero «fanalino di coda».
Powell, che ha ricevuto lodi dai leader internazionali come Christine Lagarde della Banca Centrale Europea, è stato tuttavia definito da Trump con epiteti come “stupido”, “testardo” e “totale idiota”. Le sue decisioni, tese a mantenere l’inflazione sotto controllo, si scontrano con gli obiettivi della Casa Bianca, orientati a ridurre il costo del debito federale in un contesto di crescente indebitamento pubblico. [...]
Accedi ai contenuti riservati
Navighi con pubblicità ridotta
Ottieni sconti su prodotti e servizi
Disdici quando vuoi
Sei già iscritto? Clicca qui
© RIPRODUZIONE RISERVATA