L’oro italiano (insieme a quello tedesco) è in parte negli Stati Uniti, ma c’è chi invoca un rimpatrio prima che sia troppo tardi.
La Germania e l’Italia sono rispettivamente il secondo e il terzo Paese al mondo per riserva aurea, dopo gli Stati Uniti. E sono proprio gli Usa a detenere parte dell’oro tedesco e italiano, nella prestigiosa Federal Reserve di New York. La Germania ha depositato un terzo delle proprie riserve (su un totale di 3.352 tonnellate) e l’Italia addirittura la metà (su un totale di 2.552 tonnellate) confidando nella sicurezza e nella solidità di Fort Knox. Questa decisione è stata però messa in discussione, prima dalla Germania e poi in tempi più recenti anche dall’Italia. O
ggi, l’instabile amministrazione di Trump e le mosse del presidente contro la stessa Federal Reserve hanno moltiplicato la preoccupazione. L’Italia rivuole l’oro dato agli Stati Uniti per tutelarsi, temendo la politicizzazione delle riserve auree e minacce all’indipendenza della Fed. La richiesta viene rafforzata da più parti, in ultimo la protesta dell’associazione di risparmiatori europei (Taxpayers association of Europe). Il presidente Michael Jäger ne ha parlato direttamente al Financial Times, chiarendo senza mezzi termini:
Siamo molto preoccupati che Trump possa manomettere l’indipendenza della Federal Reserve. (...) La nostra raccomandazione è di riportare l’oro - tedesco e italiano - in patria per garantire che le banche centrali europee ne abbiano un controllo illimitato in qualsiasi momento.
Al momento il governo italiano non ha rilasciato dichiarazioni in merito, nonostante proprio la presidente del Consiglio Giorgia Meloni fosse la più grande sostenitrice del rimpatrio aureo. D’altra parte, il momento è piuttosto delicato, anche dal punto di vista diplomatico, e il ritiro dell’oro dagli States potrebbe avere un effetto contrario a quello sperato.
L’oro italiano negli Stati Uniti
Non esiste oggi un vero e proprio motivo d’opportunità per cui l’Italia e la Germania hanno lasciato parte del proprio oro negli Stati Uniti. Più che altro, non ci sono state ragioni giustificate per attuare questo cambiamento e riportare l’oro in patria rompendo la convenzione. Il trasferimento di una parte delle riserve auree risale infatti agli accordi di Bretton Woods del 1944, che ha visto diversi Stati unirsi in una strategia comune per limitare le crisi economiche globali. Contestualmente, i tassi di cambio delle valute sono stati legati al valore del dollaro (a sua volta legato all’oro), ritenuto più stabile e affidabile.
Proprio questo meccanismo ha portato a conservare le riserve auree negli Stati Uniti con grande vantaggio, finché nel 1971 il governo Nixon ha interrotto la convertibilità del dollaro in oro. Nonostante ciò, diversi Paesi hanno mantenuto le proprie riserve negli Usa, come già detto per una questione di sicurezza, anche a livello di immaginario collettivo, ma anche di consuetudine. Negli anni questo sistema è stato messo in discussione più volte, soprattutto dalla Germania che ha anche provveduto nel 2013 a rimpatriare una parte dell’oro dagli Stati Uniti e dalla Francia, tutelando la sicurezza economica nazionale. Viene sempre più apprezzata l’idea di recuperare un’altra parte delle riserve, che lentamente si sta facendo strada anche in Italia.
L’Italia rivuole l’oro dato agli Stati Uniti
Nel 2019 l’opposizione di Meloni ha fatto della richiesta di rimpatrio dell’oro italiano uno dei propri capisaldi, ma per Fratelli d’Italia oggi l’argomento appare “non rilevante”. Non si può negare il paradosso, ma in questo caso almeno sembrano esservi ragioni di senso pratico e lungimiranza che possono sfuggire a una prima lettura. Molti esperti, infatti, ritengono che evitare di spostare l’oro in questo momento sia preferibile. Altrimenti, si rischia di compromettere la stabilità della moneta.
Non solo, una simile decisione arrecherebbe un duro colpo ai rapporti internazionali, contribuendo al senso di incertezza e instabilità nel giudizio verso gli Stati Uniti. Quanto meno servirebbero delle motivazioni più convincenti, per quanto la situazione sia preoccupante. L’atteggiamento del tycoon contro la Federal Reserve e contro lo stesso presidente Jerome Powell fa infatti temere che la banca perda indipendenza e che venga messa a rischio la sovranità economica italiana. La situazione è quindi piuttosto delicata e l’instabilità geopolitica non fa che accrescere l’urgenza di soluzioni.
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