Italia promossa da Moody’s, ma il Paese rischia ancora. Ecco perché

Violetta Silvestri

18/11/2023

18/11/2023 - 14:14

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Dopo il positivo giudizio di Moody’s sull’Italia e il mancato declassamento, il Paese è davvero fuori pericolo? Perché c’è la massima allerta sulla nostra nazione e una crisi non è scongiurata.

Italia promossa da Moody’s, ma il Paese rischia ancora. Ecco perché

Il debito dell’Italia non è spazzatura, così ha stabilito l’ultimo giudizio di Moody’s del 17 novembre. L’outlook è stato a sorpresa alzato da negativo a stabile e il rating è rimasto invariato a Baa3, in una decisione che il Governo Meloni sta già festeggiando come una sua vittoria.

L’agenzia aveva valutato il nostro Paese con un outlook negativo nell’agosto dello scorso anno, a seguito della caduta politica del Governo e nel pieno di una crisi energetica che aveva particolarmente colpito la nazione.

La decisione di ieri “riflette una stabilizzazione delle prospettive per la forza economica del Paese, la salute del suo settore bancario e la dinamica del debito pubblico, ha affermato Moody’s in una nota. Ma l’Italia è davvero fuori pericolo per quanto riguarda crescita e sostenibilità del debito?

Il futuro economico italiano è ancora avvolto da alcune ombre, ovvero da problemi cronici che il Paese è chiamato urgentemente a risolvere.

Moody’s dà fiducia all’Italia. Ma il Paese ha ancora punti deboli

Lo scenario di base di Moody è che il deficit fiscale delle amministrazioni pubbliche in Italia sarà pari al 4,4% del Pil nel 2024. L’agenzia di rating prevede inoltre che il rapporto debito/Pil arriverà al 140,3% nel 2023, in calo rispetto al 141,7% nel 2022, ma circa 6 punti percentuali in più rispetto a prima della pandemia.

Deficit e debito sono senza dubbio i punti deboli dell’Italia. A questo proposito, un’analisi dell’Osservatorio dei conti pubblici di pochi giorni fa sottolinea proprio che il FMI ha ammonito l’Italia affinché sia più ambiziosa nell’aggiustamento di bilancio e favorisca di più crescita e riforme strutturali che invece mancano nella Legge di Bilancio.

Nello studio si legge anche che:

“Se si astrae dal periodo 2020-2023, in cui aumenti del deficit erano giustificati dai sussidi necessari a far fronte alla pandemia prima e allo shock energetico poi, il deficit/Pil previsto dal governo per il 2024 è maggiore di quello del 2019 e degli anni precedenti, nonostante già oggi il Pil dell’Italia sia superiore a quello del 2019.”

E ancora: “Per un Paese con il debito pubblico dell’Italia, non c’è dubbio che occorra ridurre il deficit per mantenere il debito sotto controllo...sull’Italia continua a gravare il peso degli errori del passato, che hanno portato a un debito pubblico molto alto e a un tasso di crescita molto basso... Questa analisi aggiunge la considerazione che negli ultimi anni si stiano consolidando tendenze all’aumento della spesa, di cui il bilancio pubblico difficilmente potrà non farsi carico”.

Il riferimento è a bisogni sempre maggiori che lo Stato - Italia ma non solo - è chiamato a supportare con soldi pubblici, come l’aumento delle disuguaglianze e della povertà, la transizione energetica, l’assistenza previdenziale e sanitaria per la popolazione anziana in crescita e il pagamento di interessi sul debito che si sta impennando con la politica Bce.

Il richiamo, quindi, è a una riduzione saggia ed efficiente della spesa pubblica, soprattutto se sostenuta con il debito, tramite piani di crescita che siano strutturali.

Nel terzo trimestre l’Italia è riuscita a malapena a sfuggire alla recessione e non si prevede che l’economia subisca una contrazione nel corso del 2025, poiché dovrebbe beneficiare in modo significativo del Pnrr, secondo le previsioni della Commissione Europea pubblicate la scorsa settimana.

Ciononostante, la prospettiva è stata poco rosea per le finanze pubbliche. La Commissione prevede che il deficit si ridurrà al 4,3% nel 2025 e che il debito rappresenterà una percentuale della produzione che supererà il 140% nei prossimi due anni. Cifre ancora poco sostenibili.

Dato che Moody’s ha indicato le finanze pubbliche come un’area di preoccupazione, un simile profilo probabilmente manterrà la società di rating molto attenta alle dinamiche economiche dell’Italia. In fondo, il nostro Paese è solo un gradino più alto del debito spazzatura e il contesto globale incerto non aiuta a sperare in una ripresa facile e veloce.

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