Italia, Pnrr dimezzato? Il governo in ritardo se la prende con Draghi

Alessandro Cipolla

29/03/2023

29/03/2023 - 09:01

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Pnrr, Italia in difficoltà: dopo che l’Ue ha rinviato il pagamento della terza tranche, il ministro Fitto ha ammesso che diversi progetti non potranno essere realizzati entro il 2026. Di chi è la colpa?

Italia, Pnrr dimezzato? Il governo in ritardo se la prende con Draghi

Il Pnrr dell’Italia rischia di diventare una autentica Caporetto, con il governo che ha ammesso le difficoltà puntando il dito sul precedente esecutivo guidato da Mario Draghi mentre, nei corridoi dei ministeri, c’è una forte insoddisfazione sui comportamenti troppo zelanti da parte di Bruxelles.

Del resto nel recente Consiglio europeo la presidente Giorgia Meloni ha trovato solo porte chiuse: no a tempi più elastici per il nostro Pnrr, no al biocarburante e discussione minima e infruttuosa sui migranti. Evidentemente in Europa la pacchia non è ancora finita.

Resta il fatto che nei giorni scorsi la Commissione europea si è presa un altro mese di tempo prima di erogare la terza tranche da 19 miliardi del Pnrr; da Palazzo Berlaymont comunque si sono affrettati a precisare che la cosa non è “inusuale”, essendo già accaduta anche ad altri Stati membri.

Ad addensare le nubi però ci ha pensato la Corte dei Conti, che con la sua relazione alla Camera ha fotografato tutte le difficoltà del Belpaese tra ritardi dei progetti, carenze amministrative e rincari delle materie prime.

Il risultato è che il ministro degli Affari Europei Raffaele Fitto, che ha in pancia il dossier del Pnrr, ha dovuto ammettere che “ alcuni interventi da qui al 30 giugno 2026 non possono essere realizzati , ed è matematico, è scientifico che sia così, dobbiamo dirlo con chiarezza e non aspettare il 2025 per aprire il dibattito su di chi sia la colpa”.

Italia, Pnrr dimezzato?

Come ben noto il Pnrr dell’Italia vale in totale 191,5 miliardi - tra prestiti a tassi agevolati e soldi elargiti a fondo perduto - a cui il governo Draghi ha deciso di aggiungere ulteriori 30 miliardi di risorse nazionali.

Un fiume di denaro capace di cambiare il volto al nostro Paese che però dovrà essere speso entro il 2026, pena la cancellazione dei fondi non utilizzati. Vista l’attuale situazione, l’Italia rischia seriamente di dover rinunciare a molti dei progetti in programma.

Stando all’ultimo aggiornamento della Corte dei Conti al 13 marzo, l’Italia finora ha avuto una spesa effettiva di 23 miliardi ovvero la metà di quanto programmato inizialmente, per un tasso di realizzazione del 12% rispetto al totale delle risorse del Pnrr che scadrà nel 2026.

Giusto per fare un esempio, stando alla Corte dei Conti fino a questo momento avremmo speso per un settore centrale come quello della transizione ecologica 2,4 miliardi invece che 6,4 miliardi, in pratica un terzo dei soldi finora ricevuti.

Il problema è che una accelerata non è all’orizzonte anzi, al contrario, ci sarebbero forti ritardi negli obiettivi che l’Italia deve centrare nel 2023; da qui il pessimismo di Raffaele Fitto e l’ulteriore tempo preso dalla Commissione europea per elargire la terza tranche.

Problemi ce ne sono anche per i 30 miliardi di risorse nazionali, con il ministro Fitto che ha spiegato come sia necessaria “aprire una valutazione attenta per capire come recuperare le risorse di quei progetti che sono all’interno del Pnrr, ma che hanno una capacità di spesa che consentono un riallineamento con la Coesione”.

Di chi è la colpa?

Queste difficoltà dell’Italia in materia di Pnrr non sono di certo un fulmine a ciel sereno, tanto che i maligni hanno ipotizzato che Mario Draghi sia stato ben felice di lasciare Palazzo Chigi proprio per non dover metterci la faccia di fronte a questa sorta di disastro.

L’ex presidente del Consiglio però in qualche modo è stato tirato in ballo da Raffaele Fitto “l’unica cosa che non si può fare è il tentativo abbastanza ridicolo di attribuire a questo governo delle responsabilità”, considerando che la fase di verifica della Commissione europea si riferisce agli obiettivi raggiunti a dicembre 2022, con il nuovo governo che è entrato in carica soltanto a ottobre.

Anche Giorgia Meloni al momento del suo insediamento era ben consapevole delle insidie del Pnrr “non critico Draghi però sul Pnrr ci ha lasciato 30 obiettivi su 55 da centrare, dal 2023 si deve cambiare”, ma il cambio di passo finora non è avvenuto.

La presidente del Consiglio inoltre in Europa è riuscita a ottenere poco o nulla, con il vicepresidente esecutivo della Commissione europea Valdis Dombrovskis che sul Pnrr ha sentenziato come “sarebbe problematico cambiare la scadenza del 2026”.

In più a Roma c’è il forte malumore per l’eccesso di zelo di Bruxelles nei confronti dei vari progetti del Pnrr, per una sorta di sindrome dell’accerchiamento assai diffusa tra le fila del nuovo governo.

Insomma il Pnrr per l’Italia potrebbe passare dall’essere una grande risorsa a un grande fardello, con Meloni ben consapevole che si giocherà buona parte della sua permanenza a Palazzo Chigi proprio sul pantano del Recovery.

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