Si riaccendono le tensioni tra Iran e Israele, dopo l’assassinio del capo politico di Hamas. Rischiamo una terza guerra mondiale? Ecco perché non converrebbe a nessuno dei due Paesi.
L’ombra dell’esclation internazionale torna a minacciare il Medio Oriente, dopo che Israele ha assassinato il 31 luglio il capo politico di Hamas Ismail Haniyeh a Teheran, ì vittima di un missile che ha colpito l’edificio in cui stava alloggiando. Un fatto grave che ha lasciato con il fiato sospeso la comunità internazionale.
Migliaia le persone che si sono riunite nel cuore della capitale iraniana questo 1° agosto per partecipare ai funerali. La guida suprema della Repubblica Islamica dell’Iran, Ali Khamenei, ha recitato una preghiera sulla bara di Haniyeh prima che la processione funebre si dirigesse verso piazza Azadi. E mentre proseguivano le celebrazioni del capo politico di Hamas, responsabile del rapporto diplomatico con i suoi alleati, i vertici dello stato iraniano si sono riuniti per discutere su come rispondere a Tel Aviv.
Il rischio è che l’Iran decida di attaccare Israele con possibili reazioni sul piano internazionale. Intanto Erdogan ha minacciato lo stato israeliano di un possibile attacco congiunto. Da quel momento sui media non si è fatto altro che parlare del rischio di una Terza guerra mondiale, soprattutto dopo il raid israeliano in Libano e la reazione di Hezbollah.
Alcuni si domandano se l’Iran possa davvero scatenare una terza guerra mondiale. Data la sua forza geopolitica è bene sciogliere ogni dubbio, cercando di capire se una guerra simile è negli interessi di Israele e Iran.
Iran, il suo ruolo geopolitico in Medio Oriente
Le minacce dell’Iran non dovrebbero mai essere sottovalutate, specialmente perché provengono dalla nona potenza militare al mondo. Negli ultimi anni Teheran ha rafforzato il proprio ruolo geopolitico, grazie alla sua influenza economica e politica a livello internazionale: è uno dei principali produttori di idrocarburi al mondo e ricopre una posizione strategica su importantissime rotte commerciali.
Se dallo scoppio della guerra in Palestina Teheran è sempre stata pubblicamente impegnata sul piano diplomatico, dopo l’attacco a un palazzo in Iran per colpire il capo politico di Hamas, la minaccia di un’escalation è diventata tetramente concreta, soprattutto se si conoscono le forze allineate sulla scacchiera:
- Iran - paese leader del mondo sciita - potrebbe contare del sostegno non solo dei gruppi da lui finanziati, ma anche della Russia e della Cina (benché quest’ultima cerchi sempre di non schierarsi);
- Israele potrebbe contare sull’Arabia Saudita, ma non solo. Se, infatti, gli Stati Uniti hanno dichiarato di non avere intenzione di partecipare a un attacco diretto a Teheran, potrebbe decidere di intervenire in sua difesa.
Nel caso si dovessero ripetere nuovi attacchi tra i due paesi, non si può escludere un’escalation regionale. La vera domanda però è un’altra: Iran e Israele avrebbero davvero un interesse nello scatenare un conflitto mondiale?
Perché né all’Iran né a Israele conviene scatenare una Terza guerra mondiale?
Secondo gli esperti, l’Iran non ha alcun interesse a una degenerazione bellica che potrebbe provocare una guerra. E se Teheran ha molti interessi in Libano, l’attacco di Hezbollah potrebbe essere una significativa risposta dei due paesi. Tuttavia anche se l’Iran dovesse decidere di attaccare, si ipotizza che queste saranno solo azioni dimostrative, in quanto non sembra volontà dei due paesi scatenare una guerra.
In ogni caso è bene non sottovalutare il fatto che una reazione da parte di Teheran potrebbe essere usato come pretesto da parte di Tel Aviv per provare a innescare una nuova guerra ed eliminare tutti gli stati che “minacciano la sua sopravvivenza”. Ma una guerra mondiale, potenzialmente nucleare, non sembra convenire a nessuno: all’Iran in primis, che potrebbe decidere di ricorrere a semplici prove di forza.
Questo perché un allargamento del conflitto regionale potrebbe aprire incognite troppo pericolose per la tenuta e la sopravvivenza della Repubblica Islamica. Teheran ha sì le forze per portare avanti una guerra, ma non ha gli interessi a mettere in pericolo il proprio ruolo di interlocutore e attore geopolitico conquistato fino a oggi.
In secondo luogo perché Israele, dopo l’attacco al campo di calcio nel Golan di cui è convito che l’artefice sia Hezbollh, è riuscito a riconquistare un sostegno, che stava venendo meno a causa del genocidio palestinese, da parte degli Stati Uniti e di una fetta della comunità internazionale. Un sostegno che perderebbe nuovamente se tentasse un nuovo attacco a Teheran, come la diplomazia statunitense ha lasciato intendere, dichiarando di non aver intenzione di intervenire e partecipare a un attacco diretto a obiettivi iraniani. Ovviamente con le nuove elezioni non è certo che la posizione degli Stati Uniti rimanga immutata.
Ancora, lo stesso portavoce Ue per gli affari esteri, Peter Stano, ha ricordato che
“Nessun Paese e nessuna nazione ha da guadagnare da un’ulteriore escalation in Medio Oriente e nella regione più ampia”. La speranza è che i due Stati rimangano ancorati a tale dato di fatto.
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