L’AD di Intesa SanPaolo Carlo Messina ha commentato di nuovo le partite di risiko bancario, parlando anche di recessione, NEET e stipendi.
Carlo Messina a 360° sul risiko bancario che sta tenendo da mesi in ostaggio Piazza Affari, sul rischio di una recessione e anche sugli stipendi e sui NEET in Italia.
Parlando ieri all’evento Young Factor promosso dall’Osservatorio Permanente Giovani-Editori, a Milano, il CEO di Intesa SanPaolo - che tra l’altro è stato votato miglior Chief Executive Officer tra le banche europee nella classifica 2025 stilata dalla società di ricerca specializzata Extel -, ha spiegato anche le quote che la banca da lui guidata detiene in Mediobanca e in Generali.
Quote Intesa in Mediobanca e Generali? Carlo Messina spiega, niente a che fare con la governance
Le quote che Intesa Sanpaolo detiene in Mediobanca e in Generali, ha detto Messina, “ sono delle quote che sono nei fondi comuni di investimento ”, e che si trovano “ totalmente al di fuori del contesto della governance della banca ”.
Per la precisione, ha puntualizzato l’amministratore delegato di Intesa SanPaolo, “ noi abbiamo delle quote minime che sono dello 0,5-0,7%, in Mediobanca e in Generali, ma quello che fanno i nostri fondi comuni di investimento è totalmente al di fuori del contesto della governance della banca”.
Messina ha ricordato, di fatto, che esistono “ regole chiare di governance dei fondi comuni di investimento, che operano nel solo interesse dei clienti, sono i gestori che hanno totale autonomia”.
Si tratta insomma di “ investimenti fatti dai gestori nell’ambito delle loro politiche di diversificazione come hanno quote di tutte le aziende principali del nostro Paese”.
Messina prende le distanze dal risiko Far West, “mi sono pure stufato”
Nessun interesse dunque da parte di Intesa SanPaolo a posizionarsi in qualsiasi modo per entrare nelle varie partite di risiko, che Messina ha definito da Far West, parlando di “caos” e di “confusione”.
Il CEO ha perso anche la pazienza, facendo notare di essersi già espresso sul tema del risiko bancario: “ Lo ho già detto più volte, mi sono pure stufato: non ho nessuna intenzione di posizionare la banca in questi combattimenti da Far West italiano”, rimarcando che “io non voglio essere infilato in nessun modo ”.
Tensioni in Medio Oriente e dazi Trump, ma Messina non vede alcuna recessione
Il manager si è mostrato inoltre fiducioso nei confronti dei fondamentali dell’economia italiana, pur alle prese con l’escalation delle tensioni tra Israele e l’Iran e con i dazi del presidente americano Donald Trump in dirittura d’arrivo: “Non vedo nessun contesto in questo momento che possa far pensare a una recessione, certo il rallentamento della crescita è inevitabile, ma non vedo alcun scenario di recessione, non ragioniamo oggi in alcun modo su questo”.
Messina ha aggiunto tra l’altro di non intravedere “uno scenario di recessione neanche con una politica più aggressiva dei dazi USA ”.
Ovviamente, la politica commerciale dell’amministrazione americana si tradurrà in “ un rallentamento della crescita ma gestiremo anche questo , cosi come negli anni passati abbiamo gestito tanti elementi negativi”.
Il CEO di Messina parla di NEET e di stipendi in Italia. Quella scusa per non alzarli
E, per quanto riguarda la fuga dei cervelli italiani all’estero, c’è un problema che preoccupa ancora di più il CEO di Intesa SanPaolo, riassunto nell’acronimo NEET: “Il problema della fuga dei giovani all’estero si accompagna a quello ancor più grave dei giovani che non lavorano e non studiano nel nostro paese (cosiddetti NEET), che sono più di 1 milione ”.
Messina ha affrontato inoltre la questione degli stipendi in Italia, ammonendo che “quando superi un determinato livello di utili, non è socialmente equo non dare un aumento di stipendio a chi lavora nelle aziende ”.
Sul tema, il banchiere ha sottolineato, stando a quanto riportato dall’agenzia Askanews, che “la forte correlazione dogmatica degli stipendi con la produttività, in aziende che fanno tanti utili, la considero una scusa per non aumentare gli stipendi ”, ricordando che “gli stipendi sono la base su cui noi possiamo consentire di cambiare la vita di chi si ritrova ad affrontare inconvenienti che capitano”.
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