Il Fisco sta inviando agli influencer questionari per stanare chi percepisce compensi senza dichiararli. Vediamo cosa contiene il questionario e cosa cerca l’Agenzia delle Entrate.
Il Fisco torchia gli influencer alla ricerca di compensi incassati e non dichiarati. Sono in arrivo questionari per content creator e influencer relativi all’anno d’imposta 2020: le richieste dettagliate puntano a scoprire contratti o rapporti non dichiarati da cui potrebbero essere derivati compensi. Dalle piattaforme utilizzate ai contratti sottoscritti, dai diritti d’autore ai compensi incassati, gli influencer finiscono sotto la lente del Fisco.
L’obiettivo dell’Agenzia delle Entrate è individuare eventuali compensi occultati, derivanti da collaborazioni con altri influencer o da partecipazioni a serate ed eventi. Non vengono controllati solo i pagamenti in nero, ma anche quelli ricevuti in natura.
Il questionario per gli influencer
Il questionario contiene una serie di richieste molto dettagliate che serviranno al Fisco per verificare che ci sia corrispondenza tra quanto dichiarato e i compensi ricevuti andando a prevedere eventuali compensi in natura, esteri o in crypto.
Ai content creator viene richiesto un elenco dei social utilizzati con il profilo legato all’attività, la data di inizio dell’attività su ogni portale, la descrizione delle prestazioni svolte nell’attività in questione, i redditi percepiti e i contratti in essere con relativa descrizione. Da allegare al questionario, inoltre, anche le copie dei contratti. Se l’influencer ha compilato il quadro RL25 per i compensi per diritti d’autore, inoltre, deve essere indicato per quali attività sono stati percepiti.
Richiesti dal Fisco anche i documenti che riguardano i wallet digitali con relativa stampa delle movimentazioni per controllare eventuali compensi non dichiarati erogati con le cripto attività.
All’Agenzia delle Entrate interessa anche sapere come vengono quantificati e incassati i compensi che si percepiscono dai social per comprendere se siano stati tutti dichiarati e tassati.
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Sotto la lente anche i pagamenti in natura
Molto spesso gli influencer sono pagati in natura per le attività che svolgono: vacanze, pernottamenti, buoni spesa, cene o pranzi, prodotti (di abbigliamento, tecnologici o di make up) regalati per ottenere una sponsorizzazione. Gli influencer dovranno indicare nei questionari anche queste tipologie di pagamento.
Gli influencer, che sono obbligati a inserire sotto ai suoi contenuti se si tratta di un post “sponsorizzato”, non sempre inseriscono l’indicazione quando fanno pubblicità a un brand. E se in cambio ricevono prodotti o servizi, per il Fisco non si tratta di regali, bensì di compensi in natura che vanno quantificati e tassati
L’Agenzia delle Entrate non si ferma a questo, ma chiede anche l’elenco delle società o degli enti di cui l’influencer risulta socio, dipendente o amministratore. In questo caso per verificare che alcune attività non siano state fatturate dalla società anziché dal content creator per evitare di superare il limite imposto dall’eventuale regime forfettario.
Gli influencer sempre più evasori
Negli ultimi anni non sono stati pochi i casi di influencer che non hanno dichiarato i compensi, a volte anche molto elevati, per la loro attività. Proprio per questo le indagini di Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate si stanno concentrando anche sull’evasione fiscale nel mondo digitale.
Il comparto dell’influencer marketing è in continua espansione, ma le poche regole e la scarsa trasparenza fanno in modo che sia uno di quelli in cui l’evasione fiscale sia più elevata. Il giro di affari che genera il comparto digitale è di 370 milioni di euro nel 2024 (le proiezioni per il 2025 indicano un incremento che fa arrivare le stime a 385 milioni di euro). Le elevate cifre rendono i controlli e le indagini ancora più urgenti. La mancata trasparenza con l’amministrazione tributaria, tra l’altro, rischia di danneggiare anche gli utenti vittime, troppo spesso, di pubblicità occulte e a volte ingannevoli da parte degli influencer, infatti, non si può parlare male del prodotto di un’azienda che paga. Proprio per questo è obbligatorio dichiarare che si tratta di pubblicità e non di una recensione personale.
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