L’inflazione troppo alta scuoterà ancora l’Europa nel 2023?

Violetta Silvestri

17/12/2022

17/12/2022 - 10:46

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Inflazione: sarà ancora il problema dell’anno nel 2023 in Europa? Dopo l’allerta Bce, l’andamento dei prezzi potrebbe ancora stupire in negativo, cosa accadrà? Sullo sfondo c’è anche la recessione.

L’inflazione troppo alta scuoterà ancora l’Europa nel 2023?

Inflazione in Europa nel 2023: cosa accadrà? I prezzi scenderanno abbastanza o c’è il pericolo di nuovi balzi?

Il quesito resta senza risposte certe al momento, anche se la stessa Bce ha aggiornato le sue proiezioni economiche intravedendo un significativo raffreddamento dei prezzi soltanto nel 2025. Il 2022, per l’area euro, è visto terminare con una inflazione media dell’8,4% e l’anno prossimo la percentuale dovrebbe arrivare al 6,3%.

Christine Lagarde era solita affermare che la Federal Reserve aveva un problema maggiore rispetto alla Banca centrale europea sul fronte della lotta ai prezzi. Ora, invece, il capo della Bce ammette che la zona euro potrebbe trovarsi in una situazione più rischiosa e complessa in confronto agli Usa.

Il rischio che l’inflazione resti molto al di sopra del livello del 2% fissato da entrambe le banche centrali è più alto in Europa che dall’altra parte dell’Atlantico, ha riconosciuto Lagarde dopo la decisione della Bce di aumentare i tassi di interesse di mezzo punto percentuale ancora nella riunione del 15 dicembre.

Cosa aspettarsi nel 2023? L’Eurozona è a rischio, con prezzi elevati e venti di recessione.

Inflazione 2023: Europa nei guai, più degli Usa

Gli ultimi dati sui prezzi nella zona euro parlano chiaro: a novembre il tasso di inflazione annuo è stato del 10,1% a novembre 2022, in calo rispetto al 10,6% di ottobre. Un anno prima, il il tasso era del 4,9%. L’inflazione annuale dell’Ue è stata dell’11,1% a novembre 2022, in diminuzione sull’11,5% di ottobre. Un anno prima, il tasso era del 5,2%.

La dinamica della spinta dei prezzi è stata quella ormai nota in questi ultimi mesi: il contributo maggiore all’inflazione annua dell’area euro è venuto dall’energia (+3,82 per cento punti, pp), seguiti da alimentari, alcol e tabacco (+2,84 pp), servizi (+1,76 pp) e beni industriali non energetici (+1,63 pp).

Sebbene rispetto a ottobre si sia palesato un rallentamento dell’inflazione, l’allarme c’è. Occorre considerare, inoltre, che nel blocco dei 19 Stati membri i dati non sono per tutti uguali. I tassi annuali più bassi sono stati registrati in Spagna (6,7%), Francia (7,1%) e Malta (7,2%). I più elevati, invece, si sono evidenziati in Ungheria (23,1%), Lettonia (21,7%), Estonia e Lituania (entrambe 21,4%). Paragonato a ottobre, l’inflazione annua è scesa in sedici Stati membri, è rimasta stabile in tre ed è aumentata in otto.

Il problema, quindi, si manifesterà molto probabilmente anche nel 2023 in Europa.

L’inflazione negli Stati Uniti sta diminuendo dopo una serie di rialzi aggressivi dei tassi da parte della Fed che hanno portato i costi di indebitamento in un range compreso tra il 4,25% e il 4,5%. La Bce, che ha iniziato ad alzare i tassi più tardi rispetto alla sua controparte statunitense, potrebbe invece trovarsi di fronte a un’ulteriore ondata inflazionistica. Lagarde lo ha ribadito: le “ragioni per credere” che le pressioni sui prezzi in Europa aumenteranno all’inizio del 2023 ci sono tutte.

Le differenze tra Usa e vecchio continente si stanno rivelando sempre più marcate. L’inflazione statunitense è stata trainata maggiormente da un’economia surriscaldata, da un mercato del lavoro teso e da salari in forte aumento. Al contrario, l’inflazione nel blocco della moneta unica è stata spinta principalmente dall’aumento dei costi energetici e alimentari, derivante dalle conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina.

Questo significa che, poiché gli alti prezzi dell’energia si ripercuotono sulle bollette delle persone e spingono verso l’alto i costi di altri beni e servizi, l’inflazione potrebbe rivelarsi più vischiosa in Europa che negli Stati Uniti.

Anche l’inflazione core - che esclude le variazioni del costo dell’energia e del cibo, e vista come una misura migliore delle pressioni sui prezzi sottostanti - sta diminuendo negli Stati Uniti, a differenza dell’Eurozona, dove è rimasta stabile al 5% a novembre.

Il 2023 può ancora avere sorprese al rialzo. Lo ha annunciato proprio Lagarde nella conferenza stampa del 15 dicembre: “Ci sono Paesi in cui i prezzi non sono ancora passati completamente al livello di vendita al dettaglio e le persone non hanno ancora visto il pieno impatto, in particolare sull’energia”, aggiungendo che ulteriori aumenti dei prezzi alimentari sono stati anche un fattore chiave alla base di previsioni più alte.

Attenzione, però. Diversi economisti hanno affermato che la Bce è troppo pessimista sull’inflazione e troppo ottimista sulla crescita. La banca prevede che la zona euro rallenterà dal 3,4% quest’anno allo 0,5% l’anno prossimo prima di rimbalzare all’1,9% nel 2024. La brutta sorpresa potrebbe arrivare da una recessione più marcata. In questo caso, il rallentamento del Pil, con domanda di beni e servizi, indebolirà i prezzi?

Europa pressata dall’inflazione nel 2023: le stime

Le pressioni inflazionistiche restano abbondanti in Europa, con i prezzi dell’energia ancora alle stelle, la disoccupazione ai minimi storici e la crescita salariale in accelerazione: questo pensano molti analisti.

Non solo, la recessione che avrebbe dovuto allentare le pressioni inflazionistiche è ora considerata più mite di quanto temuto. Tutto ciò suggerisce che l’inflazione si ridurrà dai massimi storici solo lentamente nei primi mesi del 2023, con quella sottostante, osservata più da vicino da alcuni politici della Bce rispetto alla cifra principale, ostinatamente alta.

“È improbabile che il tasso di inflazione core raggiunga il picco fino alla metà del 2023 e successivamente diminuirà solo lentamente”, ha affermato l’economista di Commerzbank Christoph Weil. “In questo contesto, l’obiettivo della Bce di riportare il tasso di inflazione a poco meno del 2% su base sostenibile sembra molto lontano”.

Se la disinflazione si rivela troppo lenta, le imprese e i consumatori potrebbero perdere fiducia nell’impegno della banca centrale e adeguare il loro comportamento nella fissazione dei salari e dei prezzi per riflettere un’inflazione più elevata, perpetuando una rapida crescita dei prezzi.

Sebbene ciò non sia ancora accaduto, le aspettative di inflazione a lungo termine sono sgradevolmente elevate e continuano a crescere. Un indicatore chiave basato sul mercato si attesta ora al 2,4%, ben al di sopra dell’obiettivo del 2%, ed è salito anche se la politica è stata inasprita.

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