Inflazione, debito, terremoto politico in Regno Unito: l’economia va in tilt

Violetta Silvestri

22 Ottobre 2022 - 15:33

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Un’altra settimana turbolenta per mercati ed economia globale è volta al termine. In focus ci sono temi caldi ormai da tempo: inflazione alle stelle, oneri sul debito crescenti, crisi in regno Unito.

Inflazione, debito, terremoto politico in Regno Unito: l’economia va in tilt

La settimana appena trascorsa è stata ricca di eventi da non sottovalutare per le prossime stime economiche globali.

Inflazione crescente, oneri finanziari più elevati e una probabile recessione sono in serbo per il successore di Liz Truss come primo ministro britannico.

I tre rischi, in realtà, sono imminenti per tutta l’Europa, mentre il Consiglio Ue è riuscito a strappare un primo accordo sulla possibilità di un tetto al prezzo del gas. Con le banche centrali e le loro mosse sul rialzo dei tassi protagoniste assolute del panorama politico mondiale e i pericoli verosimili di una contrazione, le potenze procedono con incertezza.

Più di ogni altra, la nazione britannica è finita sotto i riflettori. Dopo le turbolenze di mercato in seguito al piano fiscale del Governo Truss, la premier si è dimessa. Cosa è accaduto di importante questa settimana e quali segnali per l’economia globale?

Inflazione e recessione minacciano Europa e Regno Unito

Dati economici ed eventi sono stati, ancora una volta, poco rassicuranti nel vecchio continente in questa settimana.

Innanzitutto, si è assistito a un nuovo dramma in Regno Unito. Non importa chi sostituirà Truss, il prossimo primo ministro britannico erediterà un’economia in sofferenza per l’aumento dei costi dei prestiti, le bollette energetiche alle stelle, le tasse elevate e nessuna strategia su come rilanciare la crescita.

Il premier entrante lotterà per elaborare un piano di salvataggio del Regno Unito dalla recessione.

L’impennata dei prezzi alimentari ha riportato l’inflazione nel Regno Unito a due cifre a settembre, intensificando la pressione sul governo e sulla banca centrale ad agire. L’indice dei prezzi al consumo è aumentato del 10,1% il mese scorso dal 9,9% del mese prima. Ciò corrispondeva a un massimo di 40 anni raggiunto a luglio e superava del 10% le aspettative degli economisti.

L’inflazione nell’Eurozona è appena riuscita a scendere al di sotto del 10% e l’economia del blocco dovrebbe contrarsi il prossimo anno, guidata da un rallentamento in Germania.

Nel dettaglio, l’economia dell’area dell’euro dovrebbe contrarsi l’anno prossimo mentre combatte l’aumento dei costi energetici e il rischio di carenze di gas. La produzione nel blocco valutario diminuirà dello 0,1% nel 2023, guidata da una contrazione dello 0,5% in Germania, secondo gli economisti intervistati da Bloomberg che prevedevano ancora una crescita dello 0,3% un mese fa.

Di conseguenza, la fiducia dei consumatori dell’area dell’euro è rimasta vicina al minimo storico in ottobre, evidenziando il continuo rischio di una recessione quest’inverno, mentre le famiglie lottano contro un’acuta crisi del costo della vita.

Il debito sempre più oneroso per le potenze

Sul fronte debito, un grafico chiarisce cosa sta per accadere:

Costo del debito sul Pil Costo del debito sul Pil Paesi G7, proiezioni del 2023

Nelle proiezioni del 2023, il pagamento degli interessi sul debito degli Stati crescerà ovunque, con un peso sul Pil elevato rispetto alla media degli ultimi 10 anni.

L’Italia, purtroppo, guida la stima con una vera impennata degli oneri, anche se tutte le potenze sono su un trend in aumento.

Le banche centrali aggressive sul rialzo dei tassi come Bce e Fed non saranno di aiuto e potrebbero far deragliare il mercato obbligazionario. Non a caso, in Eurozona potrebbe essere attivato un apposito strumento studiato a Francoforte proprio per evitare squilibri eccessivi tra applicazione della politica monetaria e gestione del debito degli Stati.

Anche in questo caso, l’Italia è osservata speciale. Il rendimento dei Btp decennale è schizzato al 4,8% venerdì 21 ottobre, con una tendenza che si è diffusa un po’ ovunque, tanto che lo stesso Bund tedesco ha avuto un rendimento superiore al 2% come non accadeva da anni.

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