No, in Italia non conviene guadagnare di più. Questi dati dimostrano l’esistenza di un paradosso fiscale che pesa sulla classe media.
Stai guardando la tua busta paga, magari dopo una promozione, un aumento o un cambio di lavoro. Finalmente guadagni di più, eppure il tuo stipendio netto è salito solo di poche decine di euro o poco più. Ed è qui che ti domandi: conviene davvero “salire di livello” e diventare classe media in Italia?
L’idea di dover ricevere più soldi dal tuo datore di lavoro è intuitivamente positiva, ma il sistema fiscale italiano introduce un paradosso che sorprende molti. Superata una certa soglia, una parte consistente dell’aumento di reddito finisce rapidamente nelle casse dello Stato. Non è solo una percezione diffusa, ma una conseguenza diretta di come è costruita l’IRPEF, l’imposta che lo Stato italiano applica ai redditi delle persone fisiche, come stipendi e pensioni, e cresce in percentuale man mano che il reddito aumenta.
I dati che spiegano il paradosso
Il primo elemento che colpisce, evidenziato da una recente analisi dell’Osservatorio Conti Pubblici Italiani, è la soglia a partire dalla quale scatta l’aliquota marginale più alta. In Italia il 43% entra in gioco già a 50.000 euro lordi annui, una cifra che per molti rappresenta il traguardo della stabilità economica più che l’ingresso nel mondo dei “ricchi”. In termini pratici, significa che ogni euro guadagnato oltre quella soglia viene tassato quasi per metà, prima ancora di considerare addizionali regionali e comunali. È questo uno dei motivi per cui molti lavoratori avvertono una distanza sorprendentemente ridotta tra un reddito medio e uno medio-alto.
Il confronto tra l’Italia e gli altri Paesi europei
Il confronto con gli altri Paesi europei rende questa particolarità ancora più evidente. In Francia, Germania e Spagna, a parità di reddito nominale, l’aliquota marginale è sensibilmente più bassa. Un lavoratore che guadagna 50.000 euro in Francia subisce una tassazione sull’ultimo euro molto più leggera rispetto a un italiano, mentre in Spagna e Germania la pressione è comunque inferiore. Le aliquote elevate esistono anche lì, ma vengono applicate solo quando il reddito sale ben oltre i livelli tipici della classe media.
Confronto tra le aliquote marginali di Italia, Spagna, Francia e Germania
Fonte: Osservatorio CPI
A rendere il confronto più corretto è però il rapporto con il reddito medio pro capite nazionale. 50.000 euro in Italia valgono molto di più, in termini relativi, rispetto alla stessa cifra in Germania. Parliamo di circa il 140% del reddito medio italiano - pari a 35.600 euro secondo i dati aggiornati al 2024, mentre in altri Paesi occorre guadagnare molto di più per trovarsi nella stessa posizione relativa. Anche tenendo conto di questa differenza, però, il sistema italiano continua a distinguersi. In negativo. A parità di “distanza” dalla media, la tassazione marginale resta più elevata rispetto a Francia e Spagna, ed è simile solo a quella tedesca.
Il nodo del netto in busta paga
Il quadro diventa ancora più chiaro quando si smette di guardare alle aliquote teoriche e si osserva quanto effettivamente rimane in tasca ai lavoratori. Il ben più noto “netto”. Tra contributi previdenziali, addizionali locali, detrazioni che si riducono con il reddito e bonus che scompaiono, l’aliquota media effettiva sale senza pietà. Per un lavoratore single senza figli con un reddito intorno a una volta e mezza la media nazionale, il prelievo complessivo supera il 35%.
Il vero tratto distintivo del sistema italiano, però, è la velocità con cui la pressione fiscale aumenta. Sui redditi bassi il carico è relativamente contenuto, grazie a un sistema di detrazioni e agevolazioni che funziona come rete di protezione. Ma una volta raggiunto il reddito medio, la salita diventa improvvisamente ripida.
Più nello specifico, passiamo dal 12% per i redditi bassi - ovvero circa la metà del reddito medio - al 44% per i redditi alti (2,5 volte la media), come sottolinea l’Osservatorio attraverso la penna di Gianmaria Olmastroni, che aggiunge:
Un’escursione così ampia non si riscontra altrove: nello stesso intervallo di reddito, la Francia passa dal 14% al 37%, la Spagna dal 6% al 32% e la Germania, che parte da una base molto più alta (29%), sale in modo più graduale fino al 43%.
Aliquota media effettiva per single senza figli
Fonte: Osservatorio CPI
Tradotto: in pochi migliaia di euro si concentra un aumento di tassazione che in altri Paesi è distribuito su intervalli molto più ampi. Questo “scalino” è ciò che alimenta la sensazione, diffusa tra i lavoratori, che impegnarsi di più o ambire a un avanzamento economico non porti benefici proporzionati.
La situazione si complica ulteriormente per le famiglie con un solo reddito. In Francia e Germania il sistema fiscale tiene conto del nucleo familiare, consentendo di distribuire il reddito tra i coniugi e abbassare l’aliquota complessiva. In Italia questo meccanismo non esiste. Una coppia con due figli e un solo stipendio può risultare inizialmente avvantaggiata, ma superata di poco la soglia del reddito medio la tassazione cresce rapidamente, diventando più pesante che negli altri grandi Paesi europei.
Aliquota media effettiva per coppia sposata con due figli
Fonte: Osservatorio CPI
Conviene davvero diventare classe media in Italia?
Alla fine, la risposta alla domanda iniziale resta sospesa: conviene davvero diventare classe media in Italia? Dal punto di vista delle opportunità personali e della sicurezza economica, la risposta non può che essere positiva. Ma dal punto di vista fiscale, il percorso è tutt’altro che lineare. Il sistema italiano appare costruito per proteggere i redditi più bassi e colpire con particolare intensità chi sta appena sopra la media, cioè quella fascia che dovrebbe rappresentare il motore della crescita economica.
È qui che si gioca una partita cruciale per il futuro del Paese. Se la classe media percepisce che ogni passo avanti viene rapidamente assorbito dal fisco, il rischio è una progressiva disaffezione verso il lavoro, l’impegno e la mobilità sociale. E senza una classe media solida e motivata, nessuna economia può davvero reggere nel lungo periodo. Italia compresa.
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