Perché c’è un iPhone in un quadro del 1800

Giulia Adonopoulos

16 Novembre 2017 - 13:23

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L’iPhone che appare in quadri del 1600 e del 1800 in realtà ha una spiegazione che va al di là dei viaggi nel tempo e delle visioni profetiche dei loro autori.

Perché c’è un iPhone in un quadro del 1800

Vedete anche voi un iPhone in questo quadro? Si tratta di un dipinto della metà dell’800 e la donna sembra proprio camminare con uno smartphone in mano, nella stessa identica e inquietante gestualità di chi, nel 2017, va in giro con gli occhi puntati sullo schermo del suo device.

C’è davvero un iPhone in un quadro del 1860? È questa una prova dell’esistenza di macchine del tempo? Quello che a un primo sguardo può sembrare un iPhone ante litteram in realtà è un oggetto assolutamente in linea con la contemporaneità della scena raffigurata.

Opera del pittore austriaco Ferdinand Georg Waldmüller, The Expected One non è un caso di viaggi nel tempo o di un profeta visionario che, più di 300 anni prima della sua apparizione, ha visto un dispositivo tecnologico mobile. L’oggetto che la ragazza del quadro sta tenendo in mano e che ai nostri occhi appare un iPhone da 4’’, in realtà, è un libricino.

Infatti i Pocket Books, cosiddetti “libri da tasca” o “tascabili” introdotti in Inghilterra negli anni 30 del 900, in realtà esistono da (quasi) sempre, e fu l’editore veneziano Aldo Manuzio a inventarli nel Quattrocento. Si trattava di libri leggeri, dedicati allo svago e rivolti alle corti. Come scrive Il Post: “I libri dovevano essere concepiti come piccoli gioielli. Manuzio fece un’operazione simile a quella che mezzo millennio più tardi Steve Jobs avrebbe fatto con gli iPhone.”

Un altro caso simile diventato famoso è il dipinto di Pieter de Hooch “Man Handing a Letter to a Woman in the Entrance Hall of a House” del 1670.

Anche qui la somiglianza con uno smartphone dei nostri giorni è palese, ma lo stesso titolo dell’opera non lascia spazio a interpretazioni di sorta: quello che l’uomo sta leggendo non è la conversazione WhatsApp tra la fidanzata e un altro, ma una lettera.

Possiamo citare tanti altri esempi di quadri antichi con ambiguità simili, come ad esempio il più recente Mr. Pynchon and the Settling of Springfield, dipinto da Umberto Romano nel 1937. Qui vediamo un indiano d’America con in mano un piccolo oggetto rettangolare che sembra un iPhone. Si tratta della rappresentazione di un incontro avvenuto realmente nel 1633, prima della Guerra Rivoluzionaria, tra le tribù di pellerossa Pocumtuc e Nipmuc e i coloni inglesi.

Il pittore è morto nel 1982 e quindi ha assistito all’avvento del telefono cellulare (3 aprile 1973) ma, sebbene il suo stile astratto fosse assolutamente ambiguo, è improbabile che abbia raffigurato un dispositivo del genere in una scena ambientata trecento anni prima.

E allora di cosa si tratta? A svelare la verità è lo scrittore e storico Daniel Crown che, interrogato da Motherboard USA sulla questione, ha risposto che “quasi certamente l’uomo si sta specchiando nell’oggetto che aveva in mano”. In sostanza, il pittore “probabilmente intendeva rappresentare l’approccio di un uomo appartenente a una comunità arretrata con il mondo della modernità e i suoi oggetti lucenti”, visto che fino ad allora usava guardare la sua immagine riflessa nelle acque di fiumi e laghi. Quindi altro che iPhone, si tratta di uno specchio.

Ma lo studioso avanza anche la teoria dell’edizione tascabile di un testo religioso visto che all’epoca la forma dei libri era più o meno quella di uno smartphone.

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