Il Giappone sta rafforzando la sua difesa, con un aumento della spesa militare e la reinterpretazione dei vincoli pacifisti, ma l’economia attraversa una fase difficile...
In Giappone sono finiti i tempi in cui parlare di navi da guerra, aerei militari ed esercito era considerato un tabù. Oggi Tokyo vuole voltare pagina, intende in qualche modo superare – o quanto meno bypassare – i limiti della Costituzione pacifista, rafforzare i rapporti con gli Stati Uniti e arginare Cina e Corea del Nord.
Il governo di Takaichi Sanae fa sul serio ed è ben felice di portare a compimento, il prima possibile, il raddoppio per la spesa per la Difesa al 2% del pil (ufficialmente fissato dai precedenti esecutivi nipponici a prima del 2027). Nel frattempo, l’acquisizione di capacità di contrattacco, l’allentamento delle restrizioni all’esportazione di armamenti, l’acquisto di missili Tomahawk (Made in Usa) e l’accelerazione dello schieramento di missili a lungo raggio Type 12 dimostrano che il Giappone è pronto a reinterpretare i suoi vincoli postbellici in un contesto strategico più ostile.
L’altra faccia della medaglia, che affianca il riarmo giapponese, racconta un’economia che non accelera, ma che anzi, continua a perdere colpi. Negli ultimi sei mesi lo yen è sceso del 9% rispetto al dollaro e non è mai stato così debole rispetto all’euro nei 27 anni di vita della moneta unica. I titoli di Stato giapponesi a lungo termine hanno subito un crollo aumentandone i rendimenti; quelli trentennali sono saliti al 3,3%, il livello più alto da quando il debito a lunga scadenza è stato emesso per la prima volta nel 1999. “Gli investitori sono sempre più preoccupati per l’istinto di spesa di Takaichi Sanae”, scrive l’Economist. [...]
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