Gli USA di Trump puntano su dazi e produzione interna per riequilibrare la bilancia commerciale, rompendo equilibri consolidati e accendendo nuovi conflitti internazionali.
Con la nuova Presidenza di Donald Trump, gli Usa hanno arricchito lo strumentario della politica economica, che ora si basa su una sorta di Quadrilatero magico: da una parte ci sono le decisioni relative all’economia reale, basate non più sulle sole variabili classiche del bilancio pubblico, visto che sono state aggiunte sia quelle relative ai dazi sulle importazioni sia quelle relative agli investimenti produttivi forzosi che vengono imposti politicamente agli stranieri ed alle stesse imprese americane; dall’altra, rimangono quelle consuete relative alle variabili monetarie, con i tassi di interesse ed il rapporto di cambio.
Sono passati 78 anni dalla firma del GATT (General Agreement on Tariffs and Trade) il primo, storico, Accordo sulla liberalizzazione del commercio internazionale che fu firmato da 23 Paesi nel 1947. Dopo di allora, un passo alla volta nell’ambito del WTO, si sono susseguiti una serie di Round che hanno avuto come obiettivo la completa eliminazione dei dazi, dei contingenti e delle barriere ai traffici delle merci.
Tutta la teoria dello sviluppo economico si è basata sulla creazione del valore aggiunto, sul calcolo del Pil che ne derivava, in una condizione di concorrenza basata sulla libera disponibilità delle merci, materie prime e manufatti, alle stesse condizioni per tutti gli operatori. Il costo del lavoro e la tassazione rappresentavano comunque le variabili della concorrenza, ma intervenivano su una base comune. [...]
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