Guerra Israele-Hamas, le 3 condizioni di Netanyahu per la pace

Giorgia Bonamoneta

26 Dicembre 2023 - 22:19

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Netanyahu ha proposto 3 condizioni per la pace. Quali sono e perché non rappresentano davvero una soluzione alla guerra Israele-Hamas?

Guerra Israele-Hamas, le 3 condizioni di Netanyahu per la pace

In un articolo scritto per il Wall Street Journal, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha descritto i 3 requisiti per il raggiungimento della pace. Secondo il burattinaio che tira i fili del conflitto contro la popolazione palestinese, i requisiti per mettere fine alla pulizia etnica in corso sono la distruzione di Hamas, la smilitarizzazione di Gaza e la deradicalizzazione della società palestinese.

Con queste nuove dichiarazioni Netanyahu non si discosta poi molto dai discorsi che abbiamo sentito proporre da Vladimir Putin per mettere fine alla sua guerra di invasione, come la “denazificazione”.

Il leader israeliano però non racconta nulla di nuovo e anzi ripete quello che da tempo dichiara in merito alla popolazione palestinese. Il suo governo, completamente allineato a tali idee, nella popolazione palestinese un nemico, dei terroristi, anche se questi hanno solo pochi anni o addirittura poche ore di vita. In altre parole, tutta la popolazione palestinese, per via di un odio antiarabo radicalizzato nella società israeliana, deve essere allontanata.

La prova sono i continui spostamenti forzati, prima annunciati poi realizzati con l’utilizzo di bombardamenti indiscriminati, verso l’estremo Sud della Striscia di Gaza. Se ciò non bastasse, sono molteplici le dichiarazioni esplicite da parte del governo israeliano che chiedono e sognano la cancellazione della popolazione palestinese. I motivi sono diversi: dal mettere le mani sulla vista del mare, dal creare villette di lusso di cui esistono già progetti, dall’impresa energetica al completamento del piano sionista per la colonizzazione completa della Palestina.

Entriamo nel dettaglio delle dichiarazioni di Netanyahu per capire quanto davvero sono (o meglio non sono) delle reali condizioni per mettere fine alla cosiddetta “guerra” a senso unico.

Per la pace: la distruzione di Hamas

Per la “pace” nella regione, il leader israeliano vuole la distruzione di Hamas. Non è qualcosa di assurdo nell’immaginario, considerando che è stato venduto al pubblico occidentale come un gruppo terroristico al pari di Isis ed Hezbollah. Eppure Hamas ha molti punti di distanza da questi. Sostenere la distruzione di Hams, vuol dire chiedere alla popolazione palestinese di sopportare ancora i bombardamenti indiscriminati fino a quando Israele confermerà la “distruzione di Hamas”.

Netanyahu lamenta il fatto che i leader di Hamas hanno promesso di ripetere l’attacco del 7 ottobre “ancora e ancora” e ha scritto che“ la loro distruzione è l’unica risposta proporzionale per prevenire il ripetersi di tali orribili atrocità”. Con questo ragionamento, sensato solo in apparenza, anche l’esercito israeliano (l’esercito regolare della presunta unica “democrazia”) per le atrocità che ha commesso in passato, e che stanno commettendo in questo momento, dovrebbe essere distrutto.

Inoltre “la distruzione di Hamas” è stata già invocata come giustificazione per azioni tremende come il bombardamento di ospedali, luoghi di culto, scuole ed edifici civili, perché potenziali covi dell’organizzazione armata.

In un tentativo di nascondere la realtà dei fatti, visibili nei centinaia di migliaia di video che dal 7 ottobre circolano in rete, il leader israeliano racconta che “distruggere Hamas nel rispetto del diritto internazionale è difficile perché questi utilizzano i civili palestinesi come scudi umani”. Difficile pensare a questa verità, considerando le tonnellate di missili che cadono sulla popolazione palestinese. Un corpo non fa scudo contro missile. Senza contare che anche i soldati israeliani utilizzano i civili arabi come scudi durante i raid. Sono stati per questo condannati più volte, non è un mistero, ma Bibi gioca a spostare lo sguardo altrove.

Demilitarizzare e deradicalizzare Gaza: il bue che dice cornuto all’asino

Altri due punti richiesti per la pace da Netanyahu riguardano territorio e popolazione palestinese. Nelle sue dichiarazioni il leader israeliano omette volontariamente dei dati oggettivi. Da una parte infatti per Netanyahu “è necessario stabilire una zona di sicurezza temporanea lungo il perimetro di Gaza”, come se questo non fosse esistito già prima del 7 ottobre; dall’altra parte chiede un “meccanismo di ispezione al confine con l’Egitto per impedire il contrabbando di armi nel territorio”. Anche in questo caso sarebbe utile rinfrescare la memoria su chi ha finanziato Hamas e da dove sono arrivati gli investimenti, anche in armi del gruppo. L’amministrazione di Israele non è innocente in questo percorso.

Ma è sulla deradicalizzazione che Netanyahu costruisce un’impalcatura di deresponsabilità che è in realtà molto colpevole. Cita gli “studenti palestinesi, fonte di un cambiamento nella cultura della regione”, ma nasconde l’azione distruzione delle scuole, il rapimento, l’arresto, la detenzione dei bambini di Gaza e Cisgiordania. Questi, che compongono la maggioranza della popolazione palestinese, quando sopravvivono (il numero delle vittime a confronto sono impressionanti), possono raccontare di aver subito abusi sessuali, torture psicologiche e fisiche.

Sono oltre 21 mila i palestinesi uccisi dai bombardamenti israeliani. Migliaia le famiglie distrutte, completamente annientate, le amicizie, parentele, i vicini di casa semplicemente scomparsi sotto le macerie, oggi più simile sabbia per quanto sono state frantumate. Fosse comuni, malnutrizione, rischio epidemie non sono gli elementi per costruire una pace, ma per creare guerrieri della resistenza.

Il mondo sta guardare. Il velo che nascondeva Israele è ormai caduto. Le bugie, ci insegnano fin da piccoli, hanno le gambe corte e se per anni c’è stato silenzio anche di fronte alle grida delle organizzazioni e degli enti per i diritti umani, oggi tutto questo è sotto gli occhi increduli di tutti.

I leader israeliano (che ha già in mente cosa fare “dopo”) parla di demilitarizzare e deradicalizzare Gaza, ma suona come il bue che dice cornuto all’asino. Di fronte a 1200 vittime israeliane, di cui una parte provocata dallo stesso esercito israeliano, il massacro appare ormai “abbastanza” anche più accaniti difensori del “diritto di difesa di Israele”. Nessun editoriale può nascondere le immagini, le crudeltà, i bombardamenti, le macerie, l’usurpazione delle case, gli arresti, le messe in scena dell’esercito israeliano contro gli innocenti civili palestinesi, come i video ironici sui morti, le canzoni prime in classifica che parlano di massacro o le pubbliche dichiarazioni di personalità israeliane che gioiscono di fronte all’uccisione di innocenti, compresi i bambini. Il mondo osserva, Netanyahu scrive, ma le sue parole sono nascoste sotto l’ennesimo sordo suono di un bombardamento.

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