La Cina risponde alla minaccia di Trump, mentre lo spettro di una guerra commerciale non accenna a svanire.
Lo spettro di una guerra commerciale USA-Cina si fa sempre più concreto.
Gli Stati Uniti di Donald Trump hanno dichiarato la loro intenzione di imporre una nuova ondata di dazi sulle esportazioni cinesi, che verrebbero colpite per un totale di circa 60 miliardi di dollari.
A poco o nulla sono valsi gli appelli internazionali, da Mario Draghi a Chistine Lagarde, mirati al raffreddamento delle tensioni e all’allontanamento dell’ipotesi di guerra commerciale. Stesso effetto hanno sortito le dichiarazioni del G20 di Buenos Aires, che ha messo in luce la necessità di ulteriore e più approfondito dialogo sul tema.
“Il commercio internazionale e gli investimenti sono motori primari per la crescita, la produttività, l’innovazione, la creazione di posti di lavoro e lo sviluppo”,
si è letto nel comunicato del G20 che ha altresì aperto alle criptovalute permettendo al settore di recuperare quota.
Gli USA, dal canto loro, hanno ribadito di non essere preoccupati dall’ipotesi di una guerra commerciale, mentre la Cina ha tentato di smorzare i toni con importanti e sorprendenti decisioni sul fronte degli investimenti esteri.
La mossa cinese per evitare la guerra commerciale
Dopo le tariffe imposte sulle lavatrici e sui pannelli solari e dopo i pesanti dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio, Donald Trump ha annunciato la sua intenzione di dar vita ad un nuovo round di provvedimenti che colpiranno in misura mirata la Cina.
Le nuove tariffe sull’export potrebbero vedere la luce già nell’arco di una settimana, eppure la reazione di Pechino ha per un attimo allontanato lo spettro di una guerra commerciale.
Il premier Li Keqiang ha annunciato una maggiore apertura della Cina agli investitori esteri, che da oggi non saranno più costretti a stipulare accordi e joint venture con partner nazionali - per molto tempo gli USA hanno accusato Pechino di “ricatto” contro le aziende americane, costrette a cedere tecnologia (e non solo) in cambio di accesso al mercato.
Nessun riferimento, dunque, ai 1.200 miliardi di dollari di titoli di Stato USA posseduti dalla Cina, un’arma che Pechino potrebbe utilizzare in caso di nuovi dazi, ma che il premier si è ben guardato dal tirare in ballo proprio per evitare un’indesiderata escalation.
L’obiettivo cinese è oggi chiaro: raffreddare la tensione internazionale e limitare le probabilità di una guerra commerciale che, per dirla con le parole di Chistine Lagarde, non incoronerebbe vincitori.
© RIPRODUZIONE RISERVATA