Una grande azienda sta fallendo, Stati Uniti nei guai

Alessandro Nuzzo

13 Settembre 2025 - 21:30

Si tratta dell’unico produttore di magnesio del Nord America. Il suo fallimento può creare problemi agli Stati Uniti.

Una grande azienda sta fallendo, Stati Uniti nei guai

La US Magnesium, principale produttore di magnesio del Nord America, ha presentato lo scorso 10 settembre istanza di bancarotta ai sensi del Capitolo 11 presso il Tribunale fallimentare degli Stati Uniti per il distretto del Delaware. Una decisione resa necessaria dopo diversi problemi, tra cui la recente controversia con lo Stato dello Utah, che ha annunciato l’intenzione di rescindere i contratti di locazione dell’azienda per operare sul territorio a causa del rischio di inquinamento.

Diversi studi condotti negli anni hanno evidenziato come il cloro e il bromo emessi dalla raffineria siano responsabili del 10-25% del particolato presente nella zona durante gli episodi di inquinamento. L’azienda ha diffuso un comunicato in cui illustra le ragioni di questa scelta e le prossime mosse che intende intraprendere.

La US Magnesium dichiara bancarotta

Dal 2002 la US Magnesium è l’unico produttore di magnesio del Nord America, estraendo risorse in modo sostenibile dal Great Salt Lake presso lo stabilimento di Rowley, nello Utah. Tuttavia, nell’ultimo decennio l’azienda ha dovuto affrontare molte difficoltà: l’eccesso di offerta globale e il dumping offshore che hanno spinto i prezzi a minimi storici; la chiusura nel 2016 di un importante cliente, lo stabilimento Allegheny Technologies Rowley; guasti critici alle apparecchiature, uniti alla pandemia di COVID-19, che hanno innescato eventi di forza maggiore e costretto a sospendere le attività legate al magnesio.

Per rilanciare l’impresa si è tentato di diversificare, aumentando gli investimenti nella produzione di carbonato di litio. È stato avviato un progetto da 400 milioni di dollari, ma un crollo dell’80% dei prezzi del carbonato di litio e le difficoltà operative, unite alle mutevoli politiche idriche regionali e alla crescente pressione normativa degli ultimi due anni e mezzo, hanno spinto la US Magnesium a sospendere anche queste attività.

In questo quadro di crisi l’azienda ha scelto di ricorrere al Capitolo 11 per facilitare la vendita. «Puntiamo a un approccio conciliante e costruttivo per riunire tutti intorno a un tavolo e raggiungere obiettivi comuni. È un’opportunità per finalizzare accordi che erano già vicini alla conclusione. Ci impegniamo a rispettare gli obblighi e a continuare a produrre minerali essenziali negli Stati Uniti, come l’amministrazione ha indicato tra le priorità nazionali», si legge nella nota ufficiale.

Perché il magnesio è importante per gli Stati Uniti

Il mercato del magnesio è infatti strategico per gli Stati Uniti, dove attualmente il 54% del fabbisogno è importato. Il fallimento del maggiore produttore nordamericano costringerebbe il Paese ad aumentare ulteriormente le importazioni, soprattutto da Cina e Russia, con la Cina che da sola detiene l’85% dell’offerta mondiale.

Si prospettano quindi rischi per la catena di approvvigionamento e per la sicurezza nazionale. Il magnesio è impiegato in diversi ambiti militari e civili:

  • Automobili (per l’efficienza dei carburanti e l’autonomia dei veicoli elettrici);
  • Aerospaziale (componenti di aerei, missili, elicotteri);
  • Elettronica (laptop, smartphone, fotocamere);
  • Energia (turbine eoliche, batterie, ricerca sullo stoccaggio dell’idrogeno).

Per questo motivo gli Stati Uniti hanno bisogno di mantenere una produzione autonoma di magnesio. Lo stesso presidente Trump ha invitato le aziende a incrementare la produzione interna. «È imperativo per la nostra sicurezza nazionale che gli Stati Uniti adottino misure immediate per sostenere la produzione mineraria domestica nella massima misura possibile», ha dichiarato la Casa Bianca.

Iscriviti a Money.it