Ferie non godute, cosa cambia per i dipendenti pubblici con la sentenza della Corte di Giustizia Ue

Ilena D’Errico

23/01/2024

23/01/2024 - 22:44

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La Corte di Giustizia dell’Unione europea obbliga al pagamento delle ferie non godute ai dipendenti pubblici, ecco quando e cosa cambia.

Ferie non godute, cosa cambia per i dipendenti pubblici con la sentenza della Corte di Giustizia Ue

La Corte di Giustizia dell’Unione europea è intervenuta sulla monetizzazione delle ferie non godute, accogliendo il ricorso di un dipendente pubblico salentino a cui era stato negato il pagamento in seguito alle dimissioni. In particolare, si fa riferimento alla sentenza n. 218/22 del 18 gennaio 2024, con cui la Corte ha riconosciuto la spettanza del pagamento in seguito a diverse cause di cessazione del lavoro.

Come i lavoratori pubblici già sapranno, la problematica sorge dal decreto-legge n. 95/2012, secondo il quale le ferie (così come i riposi e i permessi) spettanti al personale delle Pubbliche amministrazioni devono essere fruiti obbligatoriamente e non possono essere sostituiti da trattamenti economici. La norma è stata posta a tutela del dipendente, affinché non debba rinunciare alle ferie - necessarie al riposo - per il trattamento economico, ma anche con esigenza di contenimento della spesa pubblica.

La Corte di Giustizia europea ha però giudicato questa norma incompatibile con il diritto comunitario, riconoscendo il diritto alla monetizzazione delle ferie non godute in determinate eventualità. Ecco cosa afferma la sentenza e cosa cambia d’ora in poi per i dipendenti pubblici.

Dipendenti pubblici e monetizzazione delle ferie non godute

Dalla sentenza della Corte di Giustizia europea si ricavano alcuni principi fondamentali che interessano i dipendenti pubblici. In particolare, la Corte ha stabilito che non sono ammesse decisioni sulle ferie retribuite e sui trattamenti economici sostitutivi in virtù di considerazioni meramente economiche, proprio come nel caso del contenimento della spesa pubblica per i dipendenti delle Pa.

La Corte ha riconosciuto che il dipendente perde il diritto al pagamento delle ferie non godute quando vi rinuncia spontaneamente, purché sia adeguatamente sollecitato e informato dal datore di lavoro. In qualsiasi ipotesi al di fuori dalla sua volontà, il dipendente pubblico ha diritto alla monetizzazione delle ferie. Dunque, le ferie non godute devono essere pagate anche in caso di:

  • cessazione del rapporto di lavoro per mobilità;
  • dimissioni;
  • risoluzione;
  • pensionamento;
  • raggiungimento del limite d’età.

Gli obblighi del datore di lavoro

Secondo la sentenza citata, il datore di lavoro è tenuto a sollecitare il dipendente a usufruire delle ferie obbligatorie, assicurandosi che sia in condizioni di farlo e informandolo per tempo della perdita di questo diritto entro il periodo di riferimento (o del periodo di riporto autorizzato).

L’obbligatorietà delle ferie annuali e l’impossibilità di sostituirle con un trattamento economico deve infatti tradursi in una tutela del dipendente, evitando che possa subire la pressione di difficoltà economiche o del datore di lavoro, non una lesione dei suoi diritti.

Cosa cambia ora?

Una sentenza non è legge, peraltro le sentenze della Corte di Giustizia europea non fanno giurisprudenza. Questo, però, non significa che la decisione non sia rilevante per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni. La decisione della Corte è infatti vincolante per le parti del caso (e in particolare per il tribunale che ha proposto il ricorso), ma anche per tutti i magistrati ordinari che dovranno pronunciarsi su questioni analoghe.

Sostanzialmente, il tribunale ordinario dovrà uniformarsi a questi principi se la causa ha le medesime caratteristiche (dipendente pubblico che non ha ricevuto monetizzazione delle ferie, non godute per ragioni esterne alla sua volontà). È dunque un importante passaggio per i lavoratori italiani, che potranno agire in giudizio per il riconoscimento di questo diritto.

E i dipendenti privati?

La sentenza non è rilevante per i lavoratori privati, i quali hanno sì divieto di monetizzazione delle 4 settimane di ferie obbligatorie, ma hanno diritto al pagamento in caso di cessazione del rapporto di lavoro. Cosa che invece non è riconosciuta ai dipendenti pubblici, se non da questa sentenza che si pone invece come appianamento delle disparità tra i due settori, imponendo che il pubblico non sia penalizzato dalle finanze statali.

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