Fed: quanti altri tagli dei tassi? Cosa dicono le minute con il fattore Trump

Laura Naka Antonelli

26/11/2024

Pubblicate dalla Fed le minute relative all’ultima decisione, arrivata poco dopo la notizia della vittoria di Donald Trump alle Elezioni USA.

Fed: quanti altri tagli dei tassi? Cosa dicono le minute con il fattore Trump

Altri tagli dei tassi? Sì, ma in modo solo graduale: è quanto si legge nelle minute del FOMC, il braccio di politica monetaria della Fed, relative all’ultima riunione dello scorso 7 novembre, quando i tassi sui fed funds USA sono stati tagliati di 25 punti base e così portati al range compreso tra il 4,5% e il 4,75%.

Quell’annuncio è stato monitorato dai trader in modo ancora più attento, in quanto arrivato a mala pena due giorni dopo la notizia della vittoria di Donald Trump alle Elezioni USA. Vittoria che, secondo diversi analisti, potrebbe riaccendere la minaccia di una nuova accelerazione dell’inflazione negli Stati Uniti.

Che cosa ha pensato quel giorno, invece la Federal Reserve, nel tagliare di nuovo i tassi USA, sebbene a un ritmo dimezzato rispetto a quel “Jumbo Cut” dello scorso 18 settembre, quando ha annunciato la prima sforbiciata in più di quattro anni?

Fed: quanti altri tagli dei tassi? Occhio alle minute sulla riduzione post esito Elezioni USA

La risposta è nei verbali appena diffusi.

Le minute hanno confermato la fiducia degli esponenti della Fed nella traiettoria discendente dell’inflazione, così come nella solidità del mercato del lavoro americano.

Ma la parola d’ordine, nel fare un secondo passo per allentare la restrizione monetaria successiva a due anni di strette monetarie quasi incessanti (nel 2022 e nel 2023) è stata per l’istituzione, a quanto pare, la prudenza.

“Nel discutere l’outlook della politica monetaria, i partecipanti hanno anticipato che, nel caso di dati in linea con le attese, con una inflazione in continuo calo in modo sostenibile verso il (target) del 2% e con una economia vicina a una situazione di massima occupazione, sarebbe probabilmente appropriato procedere in modo graduale verso una politica (monetaria) più neutrale nel corso del tempo”.

Nessun riferimento, nelle minute, all’Election Day, a parte la frase con cui la Fed ha ricordato lo scatto della volatilità sull mercato azionario Usa nei giorni precedenti la data del 5 novembre. Volatilità che è poi scesa.

Senso di incertezza sull’economia USA e sul livello neutrale dei tassi

Dalle minute, è emerso inoltre che non c’è stata alcuna discussione neanche sulle implicazioni che cambiamenti eventuali della politica fiscale degli Stati Uniti (considerati certi con la seconda presidenza di Donald Trump) potrebbero avere sulla politica monetaria decisa dalla Fed, nonostante l’anticipazione delle decisioni di politica economica che il presidente eletto sarebbe pronto a prendere.

Tuttavia, dai verbali è emerso un senso generale di incertezza sull’evolversi delle condizioni economiche USA. Incertezza è stata espressa anche sulla quantità di tagli dei tassi che sarebbe necessaria, secondo la Banca centrale americana, prima di arrivare al livello neutrale della politica monetaria.

Molti partecipanti (del FOMC) hanno osservato che le incertezze sul livello del tasso di interesse neutrale hanno reso più complicata la valutazione sul grado di restrizione della politica monetaria”: fattore che ha convinto gli stessi esponenti della Fed a ritenere “appropriato” procedere con un allentamento della restrizione esistente “in modo graduale”.

Detto questo, “quasi tutti i partecipanti hanno messo in evidenza che, sebbene sia possibile che i movimenti mensili rimangano volatili, i dati in arrivo in generale sono rimasti coerenti con una inflazione che torna in modo sostenibile al target del 2%. I partecipanti hanno citato diversi fattori che dovrebbero continuare a esercitare una pressione ribassista sull’inflazione, inclusi l’indebolimento del potere delle aziende di determinare i prezzi, la politica monetaria della Commissione (FOMC) ancora restrittiva e le aspettative di più lungo termine sull’inflazione che sono ben ancorate”.

Va ricordato che i mercati scommettono su una seconda amministrazione USA a guida Donald Trump pronta a lanciare una politica fiscale espansiva, in linea con i proclami annunciati dal tycoon repubblicano durante la campagna elettorale in vista dell’Election Day, riassunti nello slogan “Make America Great Again”.

Trump ha già preannunciato una politica fiscale basata su una serie di tagli alle tasse e di incentivi a favore dell’industria americana che, hanno fatto notare gli esperti, dovrebbe dare una ulteriore spinta al PIL degli Stati Uniti, di per sé già solido, tornando a infiammare l’inflazione. E dunque mettendo un freno ai tagli dei tassi USA da parte della Federal Reserve.

A parlare sono gli stessi mercati che, guardando alla prossima riunione di dicembre del FOMC, scommettono ormai su una nuova sforbiciata dei tassi con una probabilità inferiore al 60%, prevedendo in tutto, fino alla fine del 2025, riduzioni totali pari ad appena -75 punti base.

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