Cos’è l’ergastolo ostativo e perché il governo Meloni è intervenuto per “lasciare i mafiosi in carcere”

Giacomo Andreoli

31/10/2022

31/10/2022 - 17:20

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Il governo vuole mantenere l’ergastolo ostativo, neutralizzando una possibile pronuncia negativa della Corte Costituzionale: cos’è e perché secondo l’esecutivo tutela il carcere per i mafiosi.

Cos’è l’ergastolo ostativo e perché il governo Meloni è intervenuto per “lasciare i mafiosi in carcere”

Stop all’ergastolo ostativo. Questo è il primo provvedimento approvato del governo di Giorgia Meloni, nel consiglio dei ministri di oggi, assieme al reintegro dei medici no-vax, una serie di cambiamenti nella gestione della pandemia da Covid-19 e norme per contrastare i rave party. Il provvedimento è arrivato con un decreto legge univoco, che rinvierà anche parte della riforma dell’ex ministra dell’esecutivo Draghi Marta Cartabia. Quest’ultima aveva trovato il favore di tutta l’allora maggioranza di unità nazionale, esclusa proprio Fratelli d’Italia, ora primo partito di governo.

La notizia di queste decisioni ha già scatenato alcune polemiche, con l’Unione delle Camere penali che parla di “evidenti e gravi profili di incostituzionalità” prima di tutto per la mancanza dei “supposti motivi di urgenza”.

I penalisti, quindi, dicono che il decreto provocherà un “un inammissibile peggioramento del quadro normativo in tema di ostatività e accesso alle misure alternative alla detenzione”. Ma cosa si intende per l’ergastolo ostativo e perché l’intervento mantiene i mafiosi in carcere come dicono da Fratelli d’Italia, citando un articolo de Il Tempo?

Cos’è l’ergastolo ostativo

Per ergastolo ostativo si intende un tipo di regime carcerario che riguarda i condannati all’ergastolo per i reati previsti dall’articolo 416-bis del codice penale. Si tratta di mafia, ma anche terrorismo ed eversione. La modifica all’ordinamento è stata introdotta nel 1992, dopo gli attentati a Falcone e Borsellino. Il regime carcerario conosciuto anche come “fine pena mai”, prevede l’impossibilità di accedere a riduzioni della pena, permessi premio o di lavoro e altri benefici penitenziari.

L’unico modo per potervi accedere è collaborare in maniera attiva alla giustizia, fornendo elementi reali e concreti che portano a svolte investigative. Contemporaneamente, però, i detenuti devono partecipare a percorsi di reinserimento.

Si differenzia dall’ergastolo normale perché quest’ultimo prevede, se la persona mantiene buona condotta e partecipazione agli stessi percorsi di reinserimento (senza collaborazione attiva con la giustizia), riduzioni di pena, permessi di lavoro o premio, misure alternative al carcere.

Perché il governo interviene sull’ergastolo ostativo

A maggio dello scorso anno la Corte Costituzionale era intervenuta con una sentenza secondo cui l’ergastolo ostativo va contro gli articoli 3 e 27 della Costituzione, quelli che prevedono la finalità rieducativa del carcere e che la legge sia uguale per tutti. Secondo la Consulta l’ergastolo ostativo creerebbe delle differenze tra i detenuti che vengono condannati all’ergastolo per reati diversi. I giudici avevano dato un anno di tempo al Parlamento per intervenire e ora, dopo l’assenza di risposte da parte della politica, avevano previsto una nuova udienza per il prossimo 8 novembre.

La presidente del Consiglio Meloni ha voluto evitare che un parere negativo della Corte portasse ad abrogare questo regime carcerario, facendo accedere i condannati per mafia e terrorismo ai benefici penitenziari anche senza collaborare con la giustizia.

L’intervento, quindi, dà accesso ai benefici penitenziari solo a chi ha dimostrato di avere “una condotta risarcitoria” e di aver cessato i “suoi collegamenti con la criminalità organizzata”. Insomma, una misura che circoscrive, ma mantiene l’ergastolo ostativo, con l’obiettivo di recepire quanto chiesto dalla Corte, senza eliminare questo regime carcerario. Probabilmente la Corte non potrà opporsi, almeno immediatamente, innanzitutto per questioni formali e di procedura.

Perché Meloni ha rinviato la riforma Cartabia

Quanto alla riforma Cartabia si tratta di una revisione complessiva di tutto il processo penale, che vuole ridurre i tempi dei procedimenti e realizzare una vera e propria modernizzazione del sistema giudiziario italiano, spingendo in particolare sulla digitalizzazione.

L’entrata in vigore era prevista per il 1° novembre, ma il governo ha accolto la richiesta di 26 procuratori della Repubblica al ministro Carlo Nordio di rinviare l’applicazione della riforma al 30 dicembre, almeno nelle parti che secondo loro andrebbero a impattare sullo svolgimento del processo. Ci sarà così un periodo transitorio durante il quale capire se e come applicare le novità, soprattutto ai procedimenti in corso.

La protesta delle opposizioni

Soddisfatta l’Associazione nazionale magistrati, mentre protestano dall’opposizione il Partito democratico e il terzo polo. Secondo loro, infatti, essendo la riforma Cartabia collegata al Pnrr, si potrebbe mettere a rischio la ricezione dei fondi europei. Da Palazzo Chigi, in ogni caso, continuano ad assicurare che le tempistiche saranno rispettate senza alcun intoppo.

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