Mentre i media celebravano i record di S&P 500 e Nasdaq, il Russell 2000 ha ripreso slancio, senza però ancora avvicinare i massimi dello scorso novembre
Nell’estate dei grandi titoli e delle attese infinite per la Federal Reserve, un cambiamento storico si è consumato lontano dai riflettori. Mentre i soliti protagonisti della tecnologia monopolizzavano le prime pagine, le dimenticate small cap hanno vissuto un agosto da record, segnando una delle più clamorose divergenze con i colossi del Nasdaq da oltre quarant’anni.
Il dato parla chiaro: il Nasdaq 100, cuore pulsante dei giganti tech, ha archiviato il mese con un modesto +1,5%. Il Russell 2000, invece, ha guadagnato il 7,3%. Mai come adesso la differenza di performance tra piccole e grandi società è stata così netta, collocandosi nel 5% degli scarti più estremi dal 1985. Anche i veicoli di investimento lo confermano: il QQQ, l’ETF più seguito sul Nasdaq, è rimasto piatto, mentre l’iShares Russell 2000 ha fatto un balzo deciso.
La scintilla è arrivata il 22 agosto, quando Jerome Powell, da Jackson Hole, ha lasciato intendere che un taglio dei tassi potrebbe concretizzarsi già a settembre. Per gli investitori, quel segnale ha rappresentato un cambio di paradigma: se i tassi scendono, le small cap diventano più attraenti perché sono le più sensibili al costo del denaro, essendo spesso indebitate e dipendenti dal credito per finanziare espansione e innovazione. Le grandi Big Tech, al contrario, possono contare su ingenti riserve di cassa e accesso privilegiato ai mercati finanziari, risultando meno reattive ai benefici immediati della politica monetaria. [...]
Accedi ai contenuti riservati
Navighi con pubblicità ridotta
Ottieni sconti su prodotti e servizi
Disdici quando vuoi
Sei già iscritto? Clicca qui
© RIPRODUZIONE RISERVATA