La liquidità costa in termini di spese vive e non (tipo l’inflazione), mentre gli strumenti “quasi-liquidi” danno modo di far fruttare un capitale
A volte le cose iniziano dai dubbi, dove la ricerca di una risposta arriva ad accendere la miccia su temi fino a ieri mai trattati. Consideriamo due strumenti finanziari dal nome apparentemente similari tipo il conto corrente e il conto deposito. Davvero pari sono o hanno poco da spartire? In termini semplici diciamo che sono dei “mezzi parenti”. In particolare, ecco che succede se da € 50.000 sul conto corrente ne sposto € 10.000 sul conto deposito. Procediamo con ordine.
Il conto corrente: quanto rende e quanto costa?
La comunanza del termine “conto” potrebbe indurre in buona fede a pensare che si tratti di due modi diversi di definire uno stesso prodotto. Niente affatto: sono due rapporti di natura bancaria ma aventi funzioni, obiettivi e strutture differenti.
Il c/c, bancario o postale che sia, è un formidabile strumento per depositare il denaro ed effettuare tutte le principali operazioni di pagamento. Vale a dire prelievi e versamenti di fondi, accrediti di salari e stipendi o pensioni, incassi e/o pagamenti di varia natura, domiciliazione utenze, etc.
Ancora, poggiano sul c/c sia il libretto degli assegni che le carte di pagamento come pure il conto titoli o dossier titoli, da non confondere con il conto deposito o il c/c. Si tratta infatti di un rapporto utile per accentrare e gestire gli strumenti di investimento come titoli di Stato, azioni e bond, fondi comuni di investimento, ETF, etc. Cioè il dossier separa i titoli finanziari da tutte le altre operazioni più o meno ordinarie riconducibili al titolare del c/c.
Tuttavia, ai fini della nostra analisi rilevano altri due aspetti prettamente economici:
- il c/c nella stragrande maggioranza dei casi non rende nulla (o quasi) di interessi attivi sulle giacenze ivi presenti;
- è molto spesso oneroso, con costi variabili a seconda dei servizi disponibili e il canale attivato. Secondo l’indagine di Banca d’Italia sul costo dei c/c nel 2023, gli importi medi annui erano pari a 100,70 € per quelli aperti presso gli sportelli bancari tradizionali. Scendevano poi a 67,30 € per quelli postali e a 28,90 € per quelli online.
In sintesi eroga tanti servizi, e anche molto bene, ma costa e spesso non rende nulla.
Il conto deposito per far fruttare la liquidità
Di contro ecco il conto deposito (CD), libero o vincolato, quasi fosse una costola a parte del c/c bancario di cui sopra. Tuttavia, qui i rapporti s’invertono, cioè i pregi del c/c (i servizi di pagamento) sono i difetti del CD (non eroga servizi di pagamento), e i due “difetti” del c/c (oneroso e infruttifero) sono i jolly del CD. Il CD è solitamente gratuito, cioè non prevede spese di gestione (spese fiscali escluse) e remunera il denaro ivi confluito con interessi attivi. In altri termini serve a far fruttare sul breve e medio termine la liquidità “eccedente” le ordinarie esigenze.
Gli interessi offerti variano in base al diverso combinarsi di più elementi. Vale a dire la presenza o assenza del vincolo sul deposito, la durata dell’accantonamento, le politiche commerciali della banca di turno, etc.
Abbiamo cercato in rete quali sarebbero oggi i rendimenti più ricchi sui timeframe più frequenti, quelli che vanno dai 6 ai 36 mesi. A grandi linee, le banche più generose offrono rendimenti annui lordi fino al 3-3,5% su queste scadenze.
Infine va sottolineato che c/c e CD condividono un elemento molto importante, e cioè la garanzia FITD sul capitale versato nei rispettivi rapporti fino a 100mila €.
Ecco che succede se da € 50.000 sul conto corrente ne sposto € 10.000 sul conto deposito
Ragioniamo di fantasia e immaginiamo un correntista con un saldo fisso annuo pari a 50mila €. Ancora, immaginiamo che la banca depositaria non preveda nessun interesse attivo sul c/c del depositante. Quindi:
- incassi annui: 0,00 €;
- spese annue: 34,20 € di imposta di bollo più le spese di tenuta conto variabili in base alla natura del rapporto, quindi tra i 30 e i 100 € annui circa. Ovviamente ci sono anche i c/c gratuiti, ma non sono la maggioranza dei rapporti attivi, anzi.
Ora, cosa succederebbe se il nostro correntista spostasse solo 10mila € (il 20% del capitale disponibile) su un CD a 24 mesi, per esempio? Rifacciamo i conti:
- l’80% del capitale giacente sul c/c continuerebbe a non produrre nulla e a costare identico come prima tra tasse e spese bancarie (tralasciamo l’inflazione);
- il 20% del capitale vincolato sul CD non costerebbe nulla in termini di spese di gestione mentre produrrebbe interessi attivi per 2 anni. Ipotizziamo volutamente un tasso annuo lordo sito nella parte media della fascia di mercato, tipo un 2,50% (1,85% netto). Il guadagno netto in due anni sarebbe di 330 € circa (40 € di spese di bollo), ossia 165 € all’anno. In altre parole impiegando solo un quinto del capitale avrebbe generato l’occorrente per pagare le spese obbligate, bancarie e fiscali, senza rimetterci 1 € dei suoi 50mila di partenza.
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