Disney potrebbe avere due CEO, ma la strategia è già fallita in passato

P. F.

17 Ottobre 2025 - 17:44

In vista dell’uscita dell’attuale amministratore Bob Iger nel 2026, Disney valuta un nuovo modello di leadership con due co-CEO. Ma la scelta potrebbe rivelarsi fallimentare.

Disney potrebbe avere due CEO, ma la strategia è già fallita in passato

Disney si sta preparando all’imminente uscita di Bob Iger. L’attuale CEO non sarà più al timone del colosso dell’intrattenimento statunitense a partire dal 2026. Non è ancora chiaro, però, chi arriverà al suo posto. Dopo 15 anni di servizio, Iger aveva lasciato la guida della società nel 2020, salvo poi tornare a ricoprire la stessa carica quasi tre anni dopo, a fine 2022, in seguito alla turbolenta estromissione dell’ex CEO Bob Chapek.

Disney ha dichiarato pubblicamente che il successore di Bob Iger verrà annunciato all’inizio del 2026. Attualmente, sarebbero due i candidati più papabili a contendersi il ruolo: Dana Walden, co-presidente di Disney Entertainment, e Josh D’Amaro, presidente di Disney Experiences. La recente tendenza nel settore dei media di nominare due co-CEO - già seguita da Netflix, Spotify, Comcast e Oracle - potrebbe influenzare i vertici Disney verso una scelta analoga che, tuttavia, rischia di non rivelarsi prudente per la società. Ecco perché.

Spopola la tendenza del modello co-CEO

Nel 2024, il Wall Street Journal ha riportato la notizia di una telefonata tra Bob Iger e Ted Sarandos, co-CEO di Netflix insieme a Greg Peters, per discutere sull’efficacia del modello adottato dai vertici della celebre piattaforma di streaming. Nel 2020, il co-fondatore di Netflix Reed Hastings aveva nominato Sarandos suo co-CEO. Tre anni dopo, poi, Hastings ha lasciato la sua posizione per diventare presidente esecutivo dell’azienda, promuovendo Greg Peters a co-CEO.

Questa scelta, rivelatasi di grande successo - dopo l’ingresso di Peters le azioni Netflix sono aumentate di circa il 275% - ha contribuito a una recente “ondata” di nomine di co-CEO. Lo scorso mese, Spotify ha nominato Alex Norstrom e Gustav Soderstrom co-CEO per sostituire il fondatore Daniel Ek, mentre Oracle ha affidato la guida congiunta a Clay Magouyrk e Mike Sicilia e Comcast ha scelto il presidente Mike Cavanagh per affiancare lo storico CEO Brian Roberts.

La strategia vincente avviata da Netflix

L’equilibrio vincente tra Sarandos e Peters nominati co-CEO di Netflix, tuttavia, è dato da una serie di circostanze specifiche di cui Disney, almeno allo stato attuale, non dispone. Secondo fonti vicine ai vertici della società, Sarandos e Peters hanno passioni e aree di competenza diverse, un fattore che permetterebbe ai due leader di prendere decisioni senza “pestarsi i piedi a vicenda”. Se i due co-CEO non si trovano d’accordo su una questione, infatti, la risolvono facilmente dando la precedenza al leader più ferrato sull’argomento. In questo caso, le indiscrezioni affermano che Sarandos ha l’ultima parola su questioni di contenuti o creatività, mentre Peters su prodotti o tecnologia.

In caso di zone grigie, i co-CEO possono sempre fare riferimento a Hastings, co-fondatore e CEO dell’azienda per 25 anni. Questo livello di fiducia - unito alla cultura aziendale notoriamente poco gerarchica di Netflix - ha contribuito a mantenere una struttura a due CEO senza guerre di potere.

Perché avere due co-CEO potrebbe rivelarsi fallimentare per Disney

Teoricamente, il potenziale duo formato da Walden e D’Amaro potrebbe essere simile a quello di Sarandos e Peters. Walden è l’esperta dell’industria cinematografica hollywoodiana, mentre D’Amaro è specializzato nei parchi a tema e nei prodotti di consumo. Inoltre, come Hastings, anche Iger potrebbe rimanere coinvolto assumendo il ruolo di presidente esecutivo.

Ci sono, ovviamente, dei punti di forza nella scelta di un modello con due co-CEO. In primis, la casa madre di Topolino potrebbe mantenere entrambi i dirigenti all’interno dell’azienda. Se il CdA scegliesse uno dei due, ci sarebbe infatti il rischio di perdere l’altro, che potrebbe voler cercare un’opportunità da CEO altrove. Questo scenario è già noto a Disney: nel 2020, il responsabile dello streaming Kevin Mayer lasciò la società per diventare CEO di TikTok dopo essere stato scartato a favore di Chapek.

Oltre a ciò, la presenza di Iger nel consiglio potrebbe rappresentare un grande ostacolo per la leadership di Walden e D’Amaro, soprattutto perché alcuni dipendenti e partner esterni potrebbero continuare a vederlo come il vero CEO, indebolendo così l’autorità dei due nuovi leader.

A differenza di Hastings, che dopo aver lasciato la carica di CEO si è dedicato ai suoi hobby (è nota la sua passione per lo sci), Iger è rimasto legato all’azienda al punto tale da aver posticipato la pensione per ben cinque volte per restare al comando. Nel 2022, poi, non si è fatto scrupoli a tornare per sostituire Chapek, che lui stesso aveva scelto come successore.

Una cultura aziendale influenzata dai contrasti politici

A differenza di coppie di leader collaudate come Sarandos e Peters, Walden e D’Amaro non hanno ancora costruito un rapporto di collaborazione di lungo corso. Walden ha già condiviso la guida di un’azienda ai tempi della Fox, insieme a Gary Newman, dimostrando di saper lavorare in coppia. Non è certo, tuttavia, che la top manager desideri tornare a quel modello.

Infine, la cultura aziendale di Disney è notoriamente incentrata sulla politica. I processi di successione, sia sotto l’ex CEO Michael Eisner che sotto lo stesso Iger, sono stati tutt’altro che lineari.

A differenza di Netflix, che ha una struttura più omogenea, Disney è un conglomerato di marchi - ABC, ESPN, Fox, Pixar, Marvel, Lucasfilm - con culture aziendali spesso divergenti. Risuonano infatti le parole di una fonte vicina alla società riportate dalla CNBC: “Quel modello non funzionerebbe alla Disney. C’è troppo veleno interno. È sempre stato così lì dentro”.

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