Mentre i mercati USA festeggiano, l’aumento delle tariffe voluto da Trump rischia di rallentare la crescita, colpire i profitti aziendali e ripetere errori storici già costati cari.
Per Donald Trump, la parola più bella del dizionario è “tariffe”. Per gli investitori, tuttavia, il fascino potrebbe nascondere insidie ben più profonde.
Dalla sua recente dichiarazione di una “giornata di liberazione” commerciale, i mercati statunitensi hanno continuato a salire nonostante l’annuncio di aumenti tariffari più alti del previsto. Dopo un’iniziale pausa interpretata come segnale distensivo, la conferma dei nuovi accordi bilaterali — che mantengono comunque dazi ben superiori a quelli pre-Trump — non ha fermato il rally, sostenuto soprattutto dai solidi utili societari e dai dati macroeconomici favorevoli.
Ma dietro questo entusiasmo si celano segnali d’allarme. Secondo i calcoli aggiornati del Budget Lab di Yale, se tutti gli aumenti tariffari annunciati fino al 1° agosto entreranno in vigore, i consumatori americani affronteranno una tariffa effettiva media del 18,3%, la più alta dal 1934. E nuovi rialzi sono già stati annunciati. [...]
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