Dalla Cina arrivano 2 allarmi per l’economia globale

Violetta Silvestri

13 Luglio 2023 - 10:21

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La Cina detta ancora le regole economiche per il mondo: perché dal dragone stanno suonando 2 campanelli di allarme globali? Come leggere gli ultimi dati e le mosse di Pechino.

Dalla Cina arrivano 2 allarmi per l’economia globale

Nuovi segnali dalla Cina per tutta l’economia globale: ci sono almeno 2 allarmi che provengono dal dragone e avvertono di debolezze e possibili scosse al sistema mondiale.

A testimonianza che la potenza asiatica sia un perno imprescindibile per il commercio e l’approvvigionamento di materie prime, gli ultimi dati su import/export (con un netto calo) e le decisioni sulla limitazione della vendita all’estero di gallio e germanio si stanno traducendo in segnali di allerta per le altre potenze e per i Paesi in via si sviluppo.

Dove sta andando l’economia globale e perché osservare la Cina per capire i 2 maggiori allarmi del momento.

1. Export cinese crolla: l’avvertimento è per il mondo

A giugno le esportazioni cinesi sono diminuite di più in tre anni, registrando un calo del 12,4% su base annua peggiore del previsto, mentre aumentano i segnali di stress dall’economia globale in difficoltà.

Anche le importazioni sono scese più del previsto, -6,8%. Un sondaggio di economisti Reuters prevedeva che le esportazioni sarebbero diminuite del 9,5% e le importazioni del 4,0%.

Lo slancio nella ripresa post-pandemica della Cina è rallentato dopo una vivace ripresa nel primo trimestre, con gli analisti che ora abbassano le loro proiezioni per l’economia per il resto dell’anno mentre la produzione industriale arranca a fronte di una domanda globale persistentemente debole.

Lv Daliang, portavoce dell’Amministrazione generale delle dogane, ha spiegato la scarsa performance delle esportazioni sottolineando “una debole ripresa economica globale, il rallentamento del commercio e degli investimenti globali e l’aumento dell’unilateralismo, del protezionismo e della geopolitica”.

Sono questi i segnali che interessano le sorti economiche del mondo. Se la “fabbrica globale” frena, gli avvertimenti sono per tutti: i rischi di shock commerciali stanno aumentando.

Non solo, il fattore geopolitico si sta esacerbando e ancora una volta i dati della Cina chiariscono il concetto.

L’ufficio doganale ha sottolineato una crescente divergenza nel commercio cinese, poiché gli scambi con le economie del Sud-est asiatico e i suoi partner “Belt and Road” hanno superato il commercio con gli Stati Uniti e l’Unione Europea.

La Cina e l’Associazione delle nazioni del Sud-est asiatico sono in trattative per approfondire un partenariato per l’area di libero scambio e la piena attuazione del partenariato economico globale regionale, un blocco commerciale sostenuto dalla Cina che comprende Australia, Giappone, Corea del Sud, Nuova Zelanda e 10 ASEAN stati membri, ha evidenziato giovedì il massimo diplomatico cinese Wang Yi durante una riunione dei ministri degli Esteri dell’ASEAN a Jakarta.

Le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti sono crollate del 24% a giugno a 42,7 miliardi di dollari rispetto a un anno fa, mentre le importazioni sono diminuite del 4% a quasi 14 miliardi di dollari, secondo i calcoli della CNBC sui dati ufficiali accessibili tramite Wind Information.

I dati ufficiali di giovedì hanno anche mostrato che il valore combinato del commercio della Cina si è attestato a 77,4 miliardi di dollari con l’ASEAN a giugno, una somma maggiore del valore commerciale della Cina con l’Ue a 68,8 miliardi di dollari e gli Stati Uniti a 55,7 miliardi di dollari.

Nel contesto dell’aspro conflitto commerciale che vede il dragone ai ferri corti con gli Usa - e in rapporti problematici con l’Ue - la Cina si sta rafforzando in altre aree del mondo. La competizione è accesa.

E non solo. Pur nella debolezza globale del commercio, Pechino sembra avere maggiori strumenti a suo favore: “le recessioni incombono ancora sulle economie sviluppate, ma è probabile che siano lievi e abbiano solo un impatto limitato sulle esportazioni cinesi. Nel frattempo, le spedizioni di tecnologia verde, inclusi veicoli elettrici, batterie e pannelli solari di fabbricazione cinese, potrebbero continuare a crescere rapidamente, aiutando le esportazioni a tornare a crescere”, secondo Zichun Huang, economista cinese presso la società di consulenza Capital Economics.

Il primo allarme sta tutto qui racchiuso: nella crisi globale, la Cina può contare sul vantaggio di alcuni beni legati alla transizione energetica e su accordi commerciali con altri partner.

2. L’Occidente deve diversificare dalla Cina: è urgente

I limiti all’esportazione di metalli della Cina su gallio e germanio potrebbero spronare alcuni Paesi a diversificare le loro catene di approvvigionamento lontano dal dragone. Anzi, dovrebbero e anche in fretta.

“Questo potrebbe essere un campanello d’allarme per alcuni [paesi] per aumentare gradualmente la produzione altrove”, ha detto alla CNBC Stewart Randall della società di consulenza Intralink con sede a Shanghai.

La questione è nota ed è rischiosa per l’Occidente: il ministero del commercio cinese ha annunciato la scorsa settimana che sta limitando le esportazioni di due metalli - gallio e germanio - chiave per la produzione di semiconduttori a partire dal 1° agosto, in quello che è visto come un avvertimento per l’Europa e gli Stati Uniti in una guerra tecnologica sui chip avanzati.

La Cina produce il 60% del germanio mondiale e l′80% del gallio, sulla base dei dati della Critical Raw Materials Alliance, un ente industriale.

“La Cina che ferma le esportazioni di metalli è in realtà un avvertimento. Ricorda ai paesi europei che devono avere le proprie catene di approvvigionamento, ha detto alla CNBC Brady Wang, direttore associato di Counterpoint Research.

Luisa Moreno, presidente della società mineraria Defence Metals Corp, si aspetta che Pechino limiti ulteriormente le esportazioni di metalli, includendo forse anche le terre rare. “Probabilmente continueremo a vedere [restrizioni all’esportazione] e probabilmente influenzerà altri materiali come le terre rare, che ancora una volta la Cina controlla oltre l′85% della produzione”, ha detto.

Il rischio maggiore è a lungo termine secondo gli esperti. Con un duplice effetto:

“Anche la Cina deve stare attenta perché il blocco delle esportazioni potrebbe danneggiare le aziende cinesi e farle perdere i loro clienti stranieri”, ha affermato Randall di Intralink.

Lo scenario è allarmante proprio per questo: può generare un conflitto commerciale al posto di una maggiore collaborazione che servirebbe in un momento così cruciale per lo sviluppo mondiale dell’industria green. L’Occidente, Europa in testa, si presenta come l’anello debole per la sua dipendenza estera nel complesso settore delle materie prime.

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