Dal crac aziendale al carcere, l’epopea fallimentare della famiglia Amato

Violetta Silvestri

13 Agosto 2025 - 14:00

L’epopea della famiglia Amato, regina della pasta caduta in disgrazia con il fallimento aziendale.

Dal crac aziendale al carcere, l’epopea fallimentare della famiglia Amato

C’era una volta il pastificio Amato, simbolo dell’italianità e dei grandi marchi del Made in Italy a tavola. La favola non ha avuto un lieto fine e la famiglia regina della pasta è caduta in disgrazia, tra fallimento e carcere.

La storia di Antonio Amato & C. Molini e Pastifici S.p.A inizia dai piccoli mulini salernitani nel 1958 e finisce a luglio 2011, quando il Tribunale di Salerno dichiara il fallimento della storica azienda, respingendo il concordato preventivo.

Giuseppe Amato Jr., volto noto del pastificio, va in carcere e oggi conduce una vita normale nella quale non c’è più spazio per la pasta. La sua è la storia di una famiglia che può essere considerata una vera epopea, con crac aziendale e condanne dopo tanta celebrità per un marchio finito anche sulle maglie della Nazionale di calcio.

Dal successo al fallimento: così inizia e finisce la storia di pasta Amato

Il pastificio Amato, guidato dalla famiglia, comincia a mostrare degnali di difficoltà nel 2009 dopo aver vissuto anni all’insegna del successo con un mercato sempre più ampio e aperto a Stati Uniti, Giappone, Medio Oriente.

La parabola discendente inizia nell’anno 2009, quando emergono le crepe e il fatturato crolla da circa 54 milioni a 8,5 milioni in soli tre anni e scatta la cassa integrazione per 140 dipendenti. La produzione si blocca e la famiglia Amato decide di accordarsi per la cessione di tutte le azioni all’imprenditore siciliano Giovanni Giudice. Le precedenti trattative per un eventuale acquisto del pastificio da parte di Garofalo e Colussi non vanno a buon fine.

Con crediti non pagati del valore superiore a 1.600.000 euro, la situazione peggiora e precipita quando due aziende di lavoro interinale avanzano richiesta di fallimento. Il pastificio avvia quindi la richiesta di concordato preventivo presso il Tribunale di Salerno.

Il 20 luglio 2011, la parola fine è scritta: il Tribunale di Salerno dichiara il fallimento e respinge il concordato preventivo. La bancarotta stimata supera i 10 milioni di euro.

Le inchieste per bancarotta fraudolenta coinvolgono 12 persone, tra cui la famiglia Amato e l’ex parlamentare Paolo Del Mese.

Giuseppe Amato Jr. subisce 27 mesi di detenzione, 21 dei quali in carcere e il resto ai domiciliari per reati fallimentari. Tornato in libertà in una intervista di qualche anno fa ha dichiarato sulle cause della distruzione del pastificio: “Il problema è che al vertice non c’è mai stato un potere decisionale chiaro. Siamo stati impreparati a gestire il gap tecnologico e generazionale. Ho fatto il front-man di una band con canzoni che non avevo scritto io”.

Che fine ha fatto il marchio Amato?

Nel maggio 2012, il marchio e lo stabilimento vengono affidati alla Pasta Di Martino di Gragnano, che rilancia produzione entro ottobre 2012

Successivamente Pasta Di Martino acquisisce definitivamente lo stabilimento nel marzo 2012 e investe in innovazione e diversificazione (nuovi formati, pelati, linee bio, fresche e surgelate). Nel 2017, l’edificio storico viene venduto a imprenditori locali Aversa e Chianese (Intesa Immobiliare) per circa 3,15 milioni di euro definendo la fine formale dei diritti patrimoniali degli Amato.

Iscriviti a Money.it