Crisi Boeing: licenziato il CEO, ma non è finita

Violetta Silvestri

24 Dicembre 2019 - 12:31

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Crisi Boeing: licenziato il CEO, ma non è finita per il colosso aerospaziale. Novità e prospettive

Crisi Boeing: licenziato il CEO, ma non è finita

La crisi Boeing non accenna a placarsi. Anzi, le ultime notizie disegnano un’azienda alle prese con un difficile rilancio di immagine e di credibilità dopo gli incidenti mortali dell’aereo 737 Max.

Il cambio al vertice nella compagnia aerospaziale USA è un ulteriore tentativo di dare una sferzata a questo momento negativo per la società. La speranza è di far ripartire al più presto la produzione con tutte i criteri richiesti in ambito sicurezza.

L’obiettivo, però, non sembra così agevole. I nodi da sciogliere sono ancora molti e cruciali. La crisi Boeing, infatti, è entrata nel mirino della FAA (Federal Aviation Administration), che ha promesso intransigenza nel rilascio della necessaria autorizzazione per i voli del modello di aereo incriminato.

Crisi Boeing: cambio al vertice per il rilancio. Ma non è tutto risolto

Un segnale di discontinuità era richiesto per ridare slancio al colosso aerospaziale USA. Per questo, il board direttivo avrebbe convinto il CEO Dennis Muilenburg a lasciare il suo incarico. Le dimissioni sono state ufficializzate nella giornata di ieri, con la seguente nota:

“Era necessario un cambio di leadership per ripristinare la fiducia nell’azienda per poter andare avanti mentre si lavora ad aggiustare i rapporti con i regolatori, i clienti e tutti gli altri stakeholder.”

A gennaio 2020, il ruolo sarà rimpiazzato da David Calhoun, altro nome di spicco dell’azienda, attuale presidente. La decisione appena approvata ha segnato un’altra tappa in questa vicenda che potrebbe costare caro al gruppo statunitense.

Boeing è stata sottoposta a un intenso controllo da quando due aerei 737 Max si sono schiantati a distanza di cinque mesi l’uno dall’altro, prima in Indonesia e poi in Etiopia. La flotta dell’aereo, quindi, è rimasta a terra in tutto il mondo da marzo scorso.

Le speranze societarie di riportare nei cieli il jet entro la fine del 2019, sono state smorzate dalla decisione dell’ente regolatore USA (FAA) - e anche dell’EASA (Agenzia Europea per la Sicurezza Aerea) - di non poter ancora rilasciare la necessaria autorizzazione.

Sarebbero diverse, infatti, le incertezze sulla sicurezza del modello. In particolare, nel mirino degli stretti controlli è finito il software MCAS, sistema che controlla l’automazione. A causare i gravi incidenti sarebbe stato proprio il sensore di questo meccanismo, ora revisionato e aggiornato secondo i tecnici della società.

Le prove di affidabilità, però, non risultano abbastanza fondate nelle valutazioni delle autorità di controllo. FAA ha richiesto ulteriori documenti e certificazioni per una valutazione approfondita.

Sull’azienda, inoltre, pesa molto il clima di sfiducia alimentato dal sospetto che i vertici abbiano nascosto i difetti del sistema. Occultando, quindi, i rischi per la sicurezza.

Previsioni sul colosso aerospaziale

Il cambio al vertice, quindi, non ha risolto affatto la crisi Boeing. Intanto, la produzione del modello sarà interrotta da gennaio 2020, per un periodo ancora non definito (da 3 a 6 mesi). L’attesa per il via libera da parte delle autorità rischia di gravare sul bilancio aziendale in modo pesante.

La mancata consegna dei modelli già assemblati, per esempio, si è già tradotta nel pagamento di oltre 5 miliardi di dollari per indennizzo. Lo stop della produzione del modello di punta, inoltre, potrebbe diminuire in modo consistente gli incassi, visto che l’aereo 737 Max genera il 40% dei guadagni totali.

Per la crisi Boeing, dunque, la strada sembra ancora in salita.

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