Cos’è la riassicurazione e a cosa serve?

Giorgia Dumitrascu

14 Novembre 2025 - 17:42

Come si assicurano gli assicuratori? Con la riassicurazione, il sistema vigilato da IVASS e Solvency II, che tutela le compagnie dai grandi rischi.

Cos’è la riassicurazione e a cosa serve?

Alluvioni, grandinate record e incendi sempre più frequenti mettono alla prova la solidità delle compagnie assicurative. A garantire l’equilibrio interviene la riassicurazione. Non si tratta di una garanzia accessoria, ma è volta a ridurre l’impatto dei sinistri eccezionali; assicurando la continuità dei risarcimenti.

Cos’è la riassicurazione

La riassicurazione è l’assicurazione delle assicurazioni.

“È il contratto con cui una compagnia trasferisce a un’altra parte del rischio assunto nei confronti dei propri clienti”.

Così l’assicuratore “cedente” tutela il proprio bilancio da eventi eccezionali, come catastrofi naturali, pandemie o sinistri di grande entità, mantenendo la capacità di continuare a operare e liquidare i danni.
L’idea di fondo è quella di dividere il rischio per renderlo sostenibile. Quando un’impresa di assicurazione vende polizze, non può sapere quanti sinistri accadranno né quanto costeranno. Con la riassicurazione, sposta una quota di questi rischi su un soggetto specializzato, il riassicuratore, che, a sua volta, può distribuirli ulteriormente sul mercato globale.

Si tratta di un rapporto tra imprese, non tra compagnia e assicurato, il contraente del contratto di riassicurazione è sempre la compagnia cedente. L’assicurato finale non è parte dell’accordo e non può agire contro il riassicuratore, perché tra i due non esiste alcun vincolo contrattuale (assenza di privity).

“La riassicurazione è uno strumento di stabilità finanziaria per le imprese, volto a garantire la tutela degli assicurati e l’equilibrio del sistema. (IVASS Regolamento n. 38/2018)”

Riassicurazione attiva e passiva: quali differenze?

  • Si parla di riassicurazione passiva se una compagnia cede parte dei propri rischi a un riassicuratore. In questo caso l’impresa originaria è detta cedente, mentre chi assume il rischio è il cessionario.
  • Al contrario, la riassicurazione attiva è l’attività svolta dal riassicuratore che assume rischi da altre compagnie. Per i grandi gruppi assicurativi internazionali può rappresentare una linea di business autonoma.
  • Esiste anche un terzo livello, la retrocessione, con cui il riassicuratore trasferisce a sua volta una porzione dei rischi assunti ad altri riassicuratori, creando una vera e propria catena di tutela finanziaria globale.

Tipi di riassicurazione: proporzionale o non proporzionale

Le riassicurazioni si distinguono in due grandi famiglie: proporzionali e non proporzionali. La differenza sta nel modo in cui premi e sinistri vengono condivisi tra compagnia cedente e riassicuratore: nella prima si dividono “in quota”, nella seconda si interviene solo oltre certe soglie di perdita.

Riassicurazione proporzionale: quota-parte e surplus

Nella riassicurazione proporzionale la compagnia e il riassicuratore condividono, in una determinata proporzione, premi e sinistri. È il modello più lineare, se l’assicuratore cede il 40% del rischio, il riassicuratore riceverà il 40% del premio e pagherà il 40% dei sinistri.
Le due forme sono:

  • quota-parte (quota share): la compagnia trasferisce sempre la stessa percentuale di tutti i rischi di un portafoglio;
  • surplus: la cessione si applica solo alla parte di rischio che eccede una determinata linea di ritenzione (retention).
Esempio quota-parteEsempio surplus
Compagnia cede 40% di ogni rischio Compagnia trattiene fino a 1 mln €, riassicura l’eccedenza
Premio totale: 100 € - 40 € al riassicuratore Rischio assicurato: 5 mln € - cede 4 mln €
Sinistro 50 € - 20 € a carico del riassicuratore Sinistro 3 mln € - 2 mln € a carico del riassicuratore

Riassicurazione non proporzionale: excess of loss e stop loss

Invece, nella riassicurazione non proporzionale il riassicuratore interviene solo se il sinistro o l’insieme dei sinistri superano una certa soglia, detta priorità o retention. L’obiettivo non è condividere ogni rischio, ma tutelarsi dagli eventi estremi.

  • Excess of loss (XL): il riassicuratore paga la parte del sinistro che eccede la retention fino a un certo limite. Può essere per rischio, per evento (catastrofale) o per ramo;
  • Stop loss: copre l’intero portafoglio quando la perdita complessiva annuale supera un certo loss ratio prestabilito.

La riassicurazione non proporzionale è tipica dei rischi industriali e catastrofali, dove conta più la protezione dal picco di perdita che la stabilità media.

Trattato o facoltativa: quando si usa l’una o l’altra?

Non tutti i contratti di riassicurazione si stipulano allo stesso modo. Esistono due grandi forme operative: trattato e facoltativa.

“Il trattato di riassicurazione è un accordo continuativo tra compagnia e riassicuratore che si applica automaticamente a un intero portafoglio di rischi omogenei”.

Può essere obbligatorio o automatico, ogni polizza che rientra nel perimetro del trattato viene automaticamente riassicurata secondo le condizioni concordate (trattato quota-parte, surplus, XL ecc.).
Invece, la riassicurazione facoltativa, si stipula caso per caso, per singoli rischi di grande valore o con caratteristiche peculiari (centrali elettriche, infrastrutture, grandi eventi). Richiede la valutazione e l’accettazione del riassicuratore prima della sottoscrizione.

Tra le varianti più moderne si incontra anche la FAC-OB (facultative-obligatory), una formula mista che obbliga il riassicuratore ad accettare i rischi ceduti entro determinati limiti quantitativi.

Qual è la normativa sulla riassicurazione?

La riassicurazione è un’attività sorvegliata da norme precise. In Italia è regolata dal Codice delle Assicurazioni Private (art. 62 del D.lgs. n. 209/2005), che riserva l’attività solo alle imprese autorizzate e vigilate dall’IVASS, l’autorità che controlla solidità, governance e bilanci del settore.

Le compagnie devono anche adottare, per obbligo di legge, una politica di riassicurazione interna. Lo prevede il Regolamento IVASS n. 38/2018, che impone di indicare i criteri di scelta dei riassicuratori, i limiti di esposizione e le verifiche periodiche sui contratti in essere.

A livello europeo, le regole sono fissate dalla Direttiva Solvency II e dal Regolamento (UE) 2015/35. Queste norme stabiliscono come la riassicurazione possa essere usata come strumento di riduzione del rischio. Infatti, l’alea deve essere trasferita in modo effettivo, non solo “sulla carta”.

“In sostanza, la riassicurazione può alleggerire il carico dei rischi di una compagnia solo se il trasferimento è reale e verificabile”.

Solvency II: come influisce sul capitale

Le norme europee non si limitano a fissare regole contabili, impongono anche quanto capitale minimo una compagnia deve mantenere per essere solvibile. Si parla di MCR (capitale minimo obbligatorio) e di SCR (capitale di solvibilità), due indicatori che misurano quanto una compagnia è in grado di reggere le perdite.

Quando la riassicurazione trasferisce davvero il rischio, la compagnia può ridurre il proprio SCR e migliorare il cosiddetto solvency ratio, il rapporto tra capitale disponibile e richiesto.
Nei rami danni e catastrofali, le coperture excess of loss o stop loss sono decisive, tagliano la volatilità dei risultati e liberano risorse che possono essere reinvestite in nuove polizze o in liquidità per i sinistri.

IFRS 17: come la riassicurazione entra in bilancio

Dal 2023 il principio contabile IFRS 17 ha cambiato il modo in cui le compagnie registrano i contratti di riassicurazione.
Quando una compagnia cede parte dei propri rischi, il contratto genera un credito verso il riassicuratore; quando invece assume rischi da altre imprese, registra una passività, come per le polizze dirette. Lo standard introduce anche un nuovo margine di servizio, il Contractual Service Margin (CSM), che rappresenta il valore dei servizi futuri legati al contratto di riassicurazione.
In più, impone di valutare il rischio di insolvenza del riassicuratore: se non è sufficientemente solido, l’attivo deve essere corretto in bilancio.

“L’IFRS 17 rende i conti più trasparenti e realistici, mostra quanta parte del rischio è effettivamente trasferita e quanto dipende ancora dalla solidità del partner riassicurativo.”

Effetti sull’assicurato finale

Per chi stipula una polizza, la riassicurazione è quasi invisibile. Il contratto di riassicurazione, infatti, produce effetti solo tra assicuratore e riassicuratore, non verso il cliente. Tale assenza di legame è definita in diritto come assenza di privity, l’assicurato non può agire direttamente contro il riassicuratore, anche se quest’ultimo rimborsa in parte il sinistro alla compagnia.

L’unica eccezione è la cosiddetta cut-through clause, una clausola contrattuale, rara nel mercato italiano, che consente al riassicuratore di pagare direttamente l’assicurato in caso di insolvenza della compagnia.
Gli effetti indiretti, però, sono rilevanti:

  • la riassicurazione consente di mantenere premi più stabili e offerte più ampie;
  • in caso di eventi eccezionali (terremoti, calamità, sinistri collettivi), garantisce che i risarcimenti arrivino anche se le perdite superano la capacità della compagnia diretta.

In quali casi le compagnie ricorrono alla riassicurazione?

La riassicurazione nei rami danni, è la tutela principale contro eventi catastrofali, terremoti, alluvioni o incendi su larga scala. In questi casi le compagnie utilizzano contratti excess of loss per evento, che si attivano oltre una certa soglia di perdita e impediscono che un singolo evento comprometta la solvibilità.

È altrettanto importante per i grandi rischi industriali, come centrali, infrastrutture o grandi manifestazioni, dove il valore assicurato supera la capacità di un solo operatore. Con la riassicurazione, il rischio viene distribuito tra più soggetti nazionali e internazionali, riducendo la concentrazione. Infine, nei rami vita, la riassicurazione serve a contenere i rischi demografici, copre la mortalità superiore alle attese, il rischio di longevità (rendite più lunghe del previsto) e, con formule stop-loss, anche i picchi di riscatti che potrebbero incidere sulla liquidità aziendale.

Perché le compagnie la usano?

Le compagnie ricorrono alla riassicurazione per gestire il rischio in modo sostenibile. In primo luogo, consente di aumentare la capacità assuntiva, cioè di emettere più polizze o coprire rischi di importo maggiore senza superare i limiti patrimoniali imposti dall’IVASS e da Solvency II.

In secondo luogo, stabilizza i risultati tecnici, attenuando gli effetti delle oscillazioni tra premi incassati e sinistri pagati: meno volatilità significa tariffe più prevedibili per gli assicurati.

Terzo obiettivo, ottimizzare il capitale regolamentare, un programma di riassicurazione efficace riduce i requisiti SCR e MCR, migliorando il solvency ratio e la redditività.

Infine, è uno strumento di pianificazione, le compagnie possono gestire meglio la concentrazione dei rischi, accedere a nuovi rami o mercati e tutelare la continuità operativa anche in presenza di shock economici o settoriali.

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