Crescono i controlli del Fisco, l’accertamento con adesione consente di risparmiare tempo e tagliare le sanzioni fino a due terzi.
Ricevere una comunicazione dall’Agenzia delle Entrate può mettere in allarme anche il contribuente più scrupoloso, cifre inaspettate, scadenze strette. Esiste una strada intermedia, spesso più sostenibile, l’accertamento con adesione. È una procedura che negli ultimi anni ha preso sempre più piede, anche grazie alla spinta dell’Agenzia verso strumenti “collaborativi” e deflattivi. In pratica, se l’accertamento non è del tutto infondato, può convenire sedersi al tavolo e trovare un accordo equo, invece di trascinare il contenzioso per anni.
Che cos’è l’accertamento con adesione?
L’accertamento con adesione è:
“Uno strumento di dialogo tra contribuente e Amministrazione finanziaria che permette di chiudere una lite fiscale prima ancora che arrivi davanti al giudice.”
E’ una negoziazione, il Fisco rivede le proprie pretese, il contribuente riconosce parte del debito e ottiene in cambio una forte riduzione delle sanzioni. L’accertamento con adesione riduce le sanzioni a un terzo del minimo legale, permettendo un risparmio fino a circa due terzi rispetto all’importo pieno. È uno dei principali strumenti “deflattivi” del contenzioso tributario D. lgs. n. 218 del 1997. Il vantaggio per il contribuente è immediato, oltre a pagare meno sanzioni, si evitano tempi lunghi, spese legali e rischi processuali. Anche l’Amministrazione guadagna, perché incassa più rapidamente e riduce il carico dei tribunali tributari.
Che differenza c’è con il ravvedimento operoso e conciliazione giudiziale?
Rispetto al ravvedimento operoso, l’accertamento con adesione si colloca in un momento successivo: il ravvedimento serve a regolarizzare spontaneamente un errore prima che il Fisco intervenga, mentre l’adesione nasce dopo che l’Agenzia delle Entrate ha già formulato una pretesa (invito o avviso di accertamento).
Diversa è anche la conciliazione giudiziale, che si attiva durante il processo tributario, in quel caso, l’accordo è mediato dal giudice e produce effetti solo all’interno del giudizio. Invece, l’accertamento con adesione chiude la partita a monte, prima che la controversia arrivi in aula.
Quando e come si chiede l’adesione?
L’accertamento con adesione può nascere in due momenti, a seconda di chi prende l’iniziativa, l’Agenzia delle Entrate o il contribuente.
Nel primo caso, è l’Ufficio a inviare un invito al contraddittorio, prima della notifica dell’avviso di accertamento. È una sorta di preavviso di verifica, il contribuente viene chiamato per discutere gli elementi emersi e tentare un accordo senza formalizzare ancora la pretesa.
Nel secondo caso, l’iniziativa parte dal contribuente dopo la notifica dell’avviso di accertamento. In questo scenario, entro il termine per proporre ricorso, in genere 60 giorni dalla notifica, il contribuente può presentare una istanza di adesione anche in carta libera all’Ufficio che ha emesso l’atto.
La presentazione dell’istanza produce un effetto immediato e rilevante, la sospensione dei termini di impugnazione per 90 giorni art. 6, co. 3, D. lgs. n. 218/1997.
Una volta ricevuta la domanda, l’Ufficio convoca il contribuente per avviare il contraddittorio. Se l’accordo viene raggiunto, si procede alla sottoscrizione del verbale di adesione; se invece non si trova un’intesa, alla scadenza dei 90 giorni riprendono a decorrere i termini per presentare ricorso dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria.
Come funziona l’incontro con l’Agenzia delle Entrate?
Una volta presentata l’istanza, l’Ufficio convoca il contribuente per un incontro diretto, il vero cuore dell’accertamento con adesione. È qui che si svolge il contraddittorio, cioè il confronto formale ma collaborativo tra le parti.
Durante la riunione, il funzionario dell’Agenzia illustra gli elementi alla base della pretesa (documenti, verbali di verifica, riscontri contabili), mentre il contribuente o il suo difensore può replicare con prove, chiarimenti e osservazioni.
“Se il confronto si chiude positivamente, viene redatto e sottoscritto l’atto di adesione, che rappresenta un vero e proprio accordo vincolante tra le parti.”
Il documento contiene la base imponibile rideterminata, le imposte dovute e le sanzioni ridotte a un terzo del minimo edittale art. 8, D. lgs. n. 218/1997.
Da quel momento decorre il termine di 20 giorni entro cui il contribuente deve versare quanto concordato, in un’unica soluzione o in forma rateale. La rateazione segue regole precise:
“Sono previste fino a 8 rate trimestrali, ma se le somme dovute superano i 50.000 euro, le rate possono arrivare a 16. Su ogni rata, esclusa la prima, si applicano interessi legali calcolati giorno per giorno.”
Il pagamento si effettua con modello F24, utilizzando i codici tributo istituiti dall’Agenzia, e deve essere comunicato entro 10 giorni all’Ufficio che ha gestito la procedura, allegando la quietanza del versamento o la copia del bonifico.
Solo a quel punto l’adesione si considera perfezionata: la pretesa si estingue e l’atto non è più impugnabile, salvo errori materiali o di calcolo.
Cosa cambia con l’adesione ai verbali di constatazione (PVC)?
Accanto all’accertamento “ordinario” esiste una variante ancora più vantaggiosa, l’adesione ai verbali di constatazione (PVC) art. 5-bis del D. lgs. n. 218/1997.
In tal caso, il contribuente sceglie di aderire alle contestazioni contenute nel verbale della Guardia di Finanza o dell’Agenzia, prima che venga emesso l’avviso di accertamento.
L’adesione tempestiva al PVC comporta un effetto premiale rilevante, le sanzioni si riducono a un sesto del minimo edittale, anziché a un terzo come nell’adesione ordinaria.
Anche qui l’accordo si perfeziona con il pagamento entro 20 giorni e può essere rateizzato secondo le stesse regole (8 o 16 rate trimestrali).
Cosa succede se non aderisco, se pago in ritardo o se cambio idea dopo la firma?
Non tutti i procedimenti di accertamento con adesione si concludono con un accordo. Capita spesso che, ricevuto l’invito al contraddittorio, il contribuente decida di non aderire oppure non riesca a trovare un punto d’intesa con l’Ufficio. L’adesione semplicemente non si perfeziona e l’avviso di accertamento torna pienamente efficace e decorrono di nuovo i 60 giorni per proporre ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria.
Diverso è il caso di chi firma l’atto di adesione ma non paga nei termini, o paga solo parzialmente. In base all’art. 8, co. 3, D. lgs. n. 218/1997, il pagamento entro 20 giorni dalla sottoscrizione è condizione essenziale per il perfezionamento dell’accordo:
“Se il versamento non avviene, l’adesione non produce effetti e il Fisco può procedere con l’iscrizione a ruolo per l’intero importo originariamente accertato, comprensivo di sanzioni e interessi.”
Una volta che l’adesione si è perfezionata (firmata e pagata nei termini ) l’accordo diventa definitivo e non impugnabile. Infatti, l’atto di adesione ha effetto di giudicato amministrativo, come confermato da consolidata giurisprudenza tributaria.
L’unico margine residuo è l’autotutela, se emergono errori materiali o di calcolo, il contribuente può segnalare la circostanza all’Ufficio, che può correggere l’atto in via amministrativa.
Quando conviene l’accertamento con adesione?
La valutazione va fatta con un approccio costo-beneficio, che tenga conto non solo della fondatezza dell’accertamento, ma anche dei costi, dei tempi e dei rischi del contenzioso.
Conviene aderire soprattutto quando la pretesa fiscale è sostanzialmente fondata e il margine di contestazione è ridotto.
È il caso di errori contabili evidenti, componenti di reddito effettivamente non dichiarate o spese non documentate, dove sarebbe difficile ottenere l’annullamento in giudizio.
In queste situazioni, l’adesione consente di limitare i danni, riducendo le sanzioni a un terzo del minimo edittale, risparmiando sulle spese legali e chiudendo la vertenza in pochi mesi.
Altro elemento dirimente è la liquidità, chi ha disponibilità per saldare subito o in poche rate può evitare l’aggravio degli interessi e il rischio di pignoramenti. Conviene anche se si vuole preservare la reputazione fiscale o la continuità aziendale, evitando che l’avviso di accertamento si traduca in un contenzioso lungo e pubblico.
Diversa è la valutazione quando l’accertamento presenta vizi evidenti o questioni di merito solide. Se il contribuente dispone di prove documentali che smentiscono la ricostruzione dell’Ufficio (ad esempio, ricavi inesistenti, costi effettivamente sostenuti o errata applicazione di norme fiscali), allora può essere più conveniente presentare ricorso.
In questi casi, aderire significherebbe rinunciare a una possibile pronuncia favorevole e accettare un debito che potrebbe essere annullato in giudizio. Infatti, il ricorso è lo strumento adeguato quando si vuole far valere un diritto sostanziale e non solo ottenere uno sconto sulle sanzioni.
Un’ulteriore valutazione va fatta in chiave penale. L’accordo di adesione, pur producendo effetti definitivi in campo amministrativo, non vincola il giudice penale. Ciò significa che, se l’accertamento riguarda violazioni penalmente rilevanti (ad esempio dichiarazione infedele o omessa dichiarazione), la sottoscrizione dell’adesione non esclude la responsabilità penale e non impedisce l’avvio o la prosecuzione del procedimento.
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