Paradosso coronavirus: meno contagi, ma non è una buona notizia per il vaccino

Marta Tedesco

26/05/2020

15/07/2020 - 16:31

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Il vaccino contro il coronavirus potrebbe non essere pronto per settembre. Il motivo? Iniziano a scarseggiare i contagiati su cui fare i test. La situazione paradossale segnalata nel Regno Unito.

Paradosso coronavirus: meno contagi, ma non è una buona notizia per il vaccino

Diminuiscono le speranze che un vaccino contro il coronavirus possa essere pronto già a settembre. La notizia arriva dall’Università di Oxford che ha avviato la sperimentazione del vaccino ad aprile ottenendo ottimi risultati.

L’azienda biofarmaceutica Astra Zeneca infatti aveva già firmato un contratto da 1,2 miliardi con il governo britannico per produrre 400 milioni di dosi di vaccino contro il coronavirus nel breve termine e in particolare 30 milioni di dosi erano previste per settembre.

Ma il calo di contagi che si sta verificando nel Regno Unito potrebbe mettere a rischio la possibilità di testare l’efficacia dell’antidoto contro il Sars-CoV-2 in tempi brevi. Ecco cosa sta succedendo.

Meno contagi, vaccino a rischio: il paradosso

In precedenza avevamo detto che c’era l’80% di possibilità di sviluppare un vaccino efficace entro settembre, ma ora quelle possibilità si sono ridotte al 50%” sono le parole di Adrian Hill, ricercatore a capo della sperimentazione e direttore del Jenner Institute dell’Università di Oxford. “Invece dei due mesi promessi per le sperimentazioni, potrebbero servirne sei” ha aggiunto il vaccinologo.

Il “problema” è che il coronavirus sta pian piano scomparendo nel Regno Unito. Dovrebbe essere una buona notizia, ma paradossalmente per la ricerca è un fattore sfavorevole. Se il virus continuerà a circolare a bassi livelli e i soggetti contagiati continueranno a diminuire infatti gli scienziati non riusciranno a controllare l’efficacia del vaccino.

In parole povere, per i test eseguiti su larga scala normalmente la sperimentazione procede suddividendo una popolazione campione in due gruppi: al primo viene iniettato il vaccino, al secondo un placebo. I soggetti sperimentali poi devono “mischiarsi” al resto della popolazione affinché si possa capire se l’iniezione del vaccino prevenga veramente il contagio.

Ma se il patogeno circola meno, risulta molto difficile se non impossibile confrontare i risultati tra chi ha ricevuto l’inoculazione reale e il gruppo di controllo, poiché la maggior parte degli individui potrebbe non contrarre il coronavirus in maniera naturale.

Vaccino a rischio: le soluzioni

Siamo nella paradossale situazione di sperare che il coronavirus si diffonda ancora per un po’” ha dichiarato Hill in un’intervista al Telegraph. La sperimentazione del vaccino di Oxford sull’uomo è partita il 23 aprile: sono stati inoculati 1.100 volontari e nessuno di loro ha accusato in seguito effetti collaterali.

La sperimentazione era dunque pronta a procedere alla Fase 3 che prevedeva l’arruolamento di 10.000 volontari. Ora però questa fase rischia di saltare o di produrre risultati inaffidabili perché il virus sta scomparendo: al momento infatti solo lo 0.25% della popolazione inglese risulterebbe contagiata.

Quale potrebbe essere dunque la soluzione? Se i contagi dovessero continuare a diminuire nel Regno Unito, per gli scienziati del Jenner Institute un’idea potrebbe essere quella di testare il vaccino sulle popolazioni dell’emisfero Sud, dove la stagione fredda si sta avvicinando e il numero di nuovi positivi risulta in salita. Questo però potrebbe portare a ulteriori ritardi nella ricerca. L’altra soluzione, più discutibile, è che si vadano a infettare un gruppo di volontari sani con il Sars-Cov-2 per verificare se il vaccino sia in grado di proteggerli.

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