Perché il coronavirus (e non solo) è una prova per l’Europa

Violetta Silvestri

29/02/2020

27/04/2021 - 16:57

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Il coronavirus si sta diffondendo in Europa: cosa significa per l’UE? L’emergenza infezione mette alla prova le istituzioni e la volontà politica comunitaria, in un momento difficile anche a causa della crisi migranti.

Perché il coronavirus (e non solo) è una prova per l’Europa

Il coronavirus sta mettendo a dura prova l’Unione Europea dal punto di vista di tenuta politica, economica e sociale. L’emergenza sanitaria, infatti, ha ormai raggiunto il continente con contagi che, dopo essere partiti dall’Italia, si sono diffusi nei maggiori Stati UE.

A tutto questo si aggiunge la nuova - ennesima - crisi dei rifugiati che rischia di riversarsi sul suolo europeo da un momento all’altro. L’ondata di profughi in marcia sulla rotta balcanica dopo la decisione della Turchia di riaprire le frontiere non è affatto una buona notizia per l’Unione Europea.

Il contenimento di agenti patogeni è un’attività molto diversa rispetto alla gestione delle ondate di rifugiati. Tuttavia, ciò che unisce le due questioni è quanto e come la risposta dell’Unione Europea riuscirà a fornire una prova di efficacia dell’istituzione in un momento storico cruciale.

Ecco allora che il coronavirus potrebbe tradursi in una prova per l’UE e i suoi pilastri.

Emergenza coronavirus in Europa: l’UE messa alla prova

L’emergenza coronavirus è mondiale. L’Europa non è rimasta ai margini della crisi sanitaria dovuta alla diffusione dell’infezione.

Anzi, nelle ultime ore i casi nel territorio UE si stanno moltiplicando: quello che è iniziato come fenomeno del nord Italia - dove si sono verificate più di 800 infezioni - ha raggiunto Spagna, Grecia, Croazia, Francia, Regno Unito, Svizzera, Romania, Paesi Bassi, Austria, Germania, Svezia, Norvegia, Belgio, Danimarca, Estonia, Macedonia settentrionale e San Marino.

Gli italiani hanno cancellato la celebrazione del loro carnevale a Venezia e della settimana della moda di Milano. In Germania la più grande fiera mondiale del turismo non ci sarà. Gli hotel europei - in Austria, Francia e Isole Canarie spagnole - sono stati chiusi in quarantena.

Le stime sulle perdite economiche di questa improvvisa situazione emergenziale sono già allarmanti e aggiungono preoccupazioni all’agenda europea, fitta di impegni e obiettivi piuttosto complessi,

Tra questi, si ricordano: rallentamento economico e possibile recessione (resa più probabile dal coronavirus), aumento del populismo e nazionalismo (alimentato anche dal virus), disaccordi su come gestire i colloqui commerciali con il Regno Unito in ambito Brexit (che inizia lunedì), lotte interne contro il bilancio europeo, crisi della leadership tedesca e sconvolgimenti sociali francesi.

La questione cruciale pronta ad esplodere dinanzi al dilagare dell’emergenza potrebbe essere il rispetto di Shengen. Sospendere l’accordo del 1985 che ha portato il libero movimento tra i confini significherebbe rinunciare ad un motivo di orgoglio per l’UE e ad una delle basi identitarie.

Le regole, però, consentono la reintroduzione temporanea dei controlli alle frontiere per motivi che includono ondate migratorie, attacchi terroristici e emergenze sanitarie.

La vera prova alla quale è chiamata l’Unione Europea, allora, è la capacità di cooperare in fretta per prendere decisioni comuni dinanzi a un nemico comune. Senza lasciare spazio ai singoli nazionalismi e populismi che, in nome della paura, si traducono in scelte drastiche e unilaterali.

Il test per l’Europa è addirittura duplice in queste ore: affrontare Turchia e emergenza profughi senza cadere in responsabilità per una annunciata emergenza umanitaria e agire con prudenza e collaborazione per il coronavirus.

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