Il Piano dei controlli fiscali per il 2026 prevede 270.000 accertamenti mirati sulle partite IVA, aumentati i controlli anche della Guardia di Finanza. Pugno duro contro gli evasori fiscali.
Il 2026 si annuncia come un anno cruciale nella lotta all’evasione fiscale, già sono stati annunciati 270.000 controlli fiscali e saranno concentrati sulle partite IVA, in particolare su coloro che hanno un indice ISA basso e che non rispondono agli avvisi dell’Agenzia delle Entrate. Ecco tutti coloro che devono stare attenti.
L’Agenzia delle Entrate ha annunciato il piano dei controlli del Fisco per il 2026, si tratterà però di controlli molto mirati che puntano ai contribuenti che mostrano scarsa affidabilità e poca collaborazione. In particolare il piano dei controlli per il 2026 prevede 270.000 accertamenti. L’aumento dei controlli non riguarda solo quelli effettuati dall’Agenzia delle Entrate che lavora prevalentemente su dichiarazioni e banche dati, ma anche quelli effettuati dalla Guardia di Finanza. Gli stessi sono diretti a:
- contribuenti con un indice ISA basso;
- contribuenti che ricevono comunicazioni, avvisi dall’Agenzia delle Entrate e non collaborano;
- contribuenti che non hanno aderito al concordato preventivo biennale.
Ecco tutti i dettagli dei 270.000 controlli fiscali annunciati per il 2026
Controlli fiscali ai contribuenti con ISA basso
Gli ISA sono gli indici di affidabilità fiscale, prevedono l’attribuzione ai titolari di partita IVA, esclusi i forfettari, di un punteggio da 0 a 10. Al numero 10 corrisponde il massimo dell’affidabilità fiscale, ma già con un punteggio di 8 è possibile ricevere importanti agevolazioni, ad esempio la riduzione dei termini temporali per gli accertamenti e limiti di fatturato più elevati per l’obbligo di attestazione di conformità.
Chi, invece, ha un punteggio basso con molta probabilità subisce controlli fiscali mirati. Si rientra in modo automatico nei controlli fiscali con un punteggio inferiore a 6. Per evitare questo, il contribuente dovrebbe impegnarsi per ottenere un punteggio ISA migliore.
Il punteggio viene attribuito utilizzando i dati contabili dell’impresa e altri dati “esterni”, ad esempio ubicazione dell’attività, settore, processo produttivo, domanda, forma giuridica, in questo modo viene calcolato un probabile volume d’affari e se questo si discosta molto da quello effettivamente dichiarato, i controlli fiscali sono molto più probabili.
Naturalmente un punteggio ISA basso non vuol dire per forza evasione fiscale, ma semplicemente attiva i controlli e spetta al contribuente dimostrare il perché di quel risultato economico.
Tra i segnali di allarme ci sono volumi di affari bassi rispetto alla dimensione aziendale. Ad esempio, un’azienda con fatturato basso che ha dei dipendenti, costi legati ai canoni di locazione, magazzino elevato, molto probabilmente sarà sottoposta a controlli.
Lettere di compliance, ecco perché è sempre consigliato rispondere
La lente di ingrandimento viene poi posta sui contribuenti che non rispondono ad avvisi e solleciti dell’Agenzia delle Entrate. La parola d’ordine negli ultimi anni è collaborazione tra Fisco e contribuenti, quindi, viene migliorata la comunicazione in modo da evitare di arrivare all’avviso di accertamento e iscrizione a ruolo delle somme.
Centrali in questa nuova organizzazione sono le lettere di compliance. Quando l’Agenzia delle Entrate riscontra delle anomalie, non invia direttamente l’avviso di accertamento, ma una lettera bonaria in cui si comunica tale incongruenza e si invita il contribuente a collaborare per fornire chiarimenti.
Se non c’è alcun comportamento fattivo del contribuente che, ad esempio, può dimostrare le ragioni di tale anomalia con dichiarazioni, documenti e altri mezzi, oppure può “rimediare” con il ravvedimento operoso, l’Agenzia delle Entrate attiva ulteriori controlli.
Questa nuova strategia ha ormai preso piede e considerando che siamo nel pieno della tregua fiscale, si possono tirare le somme: nel solo 2025 sono state inviate 3 milioni di lettere di compliance.
Controlli fiscali: occhi puntati su chi non aderisce al concordato preventivo biennale
Infine, i controlli nel 2026 saranno concentrati sui contribuenti che non hanno aderito al concordato preventivo biennale. Si ricorda che siamo alla seconda edizione del concordato, si tratta di un accordo della durata di due anni tra Agenzia delle Entrate e titolari di partita Iva.
L’accordo prevede la determinazione di una base imponibile calcolata avendo come riferimento il volume d’affari degli anni precedenti, gli indici Isa, il settore, l’ubicazione e altri elementi. Trattandosi di una base imponibile determinata dall’Agenzia, i controlli sono ridotti. Per chi, invece, non aderisce, gli stessi aumentano.
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