Come si firma? Si scrive prima il nome o il cognome?

Simone Micocci

8 Luglio 2025 - 17:38

Nella firma si inizia dal nome o dal cognome? Ecco cosa dicono le regole aggiornate.

Come si firma? Si scrive prima il nome o il cognome?

Chiunque, almeno una volta nella vita, si sarà chiesto: nella firma va prima il nome o il cognome? È un dubbio comune, soprattutto quando ci si trova a dover firmare documenti ufficiali, contratti, atti legali o pratiche amministrative, e ci si interroga su quale sia il modo corretto di sottoscrivere il proprio nome.

La firma, nel diritto italiano, è quella sottoscrizione autografa con cui una persona manifesta la propria volontà e si assume la responsabilità di quanto scritto in un documento. Proprio per questo motivo è fondamentale sapere come firmare correttamente e se esistono regole precise su cosa va prima tra nome e cognome, per evitare eventuali contestazioni o problemi legali.

Va detto che il Codice Civile italiano non stabilisce in modo esplicito da dove si inizia a firmare. Non troviamo, infatti, una norma che obblighi a firmare sempre con la formula “nome e cognome” né disposizioni specifiche sulla necessità che la firma sia leggibile oppure se basti un semplice segno distintivo.

Dal punto di vista giuridico, quindi, non esiste alcuna differenza: entrambe le modalità hanno valore legale e non comportano, di per sé, il rischio di nullità o invalidità dell’atto firmato.

Detto questo, però, un’indicazione di massima - pur non vincolante - su ciò che è preferibile fare, arriva sia dal Codice Civile che dal punto di vista linguistico. Scopriamolo di seguito, seguendo i consigli degli esperti e dell’Accademia della Crusca per firmare sempre in modo corretto e consapevole.

Nome e cognome nella firma: cosa dice il Codice Civile

Fino al secondo dopoguerra in Italia si era consolidata la prassi per cui quando ci si presentava davanti ad un pubblico ufficiale - o anche ad un colloquio di lavoro - si dichiarava prima il cognome e poi il nome.

Nel Codice Civile però è stabilito diversamente, ecco perché ad oggi questa prassi è stata abbandonata e si è soliti dare la precedenza al nome.

Infatti, il secondo comma dell’articolo 6 del Codice Civile - “Diritto al nome” - stabilisce che nel nome sono compresi prenome (appunto il nome di battesimo) e il cognome, il quale indica l’appartenenza a un determinato gruppo familiare.

Lo stesso Codice Civile quindi dà la precedenza al nome sul cognome, rovesciando la prassi degli anni ‘30 e ‘40. Per questo oggi la forma corretta - salvo il caso in cui sia stabilito diversamente - è quella che vede il nome precedere il cognome, sia quando si firma che quando si compila un modulo.

La precedenza del nome è ribadita anche dall’Ordinamento dello Stato Civile (D.P.R. 396/2000), nel quale si legge che una persona nel “disciplinare il contenuto degli atti dello stato civile” deve indicare:

  • nome;
  • cognome;
  • luogo e data di nascita;
  • cittadinanza;
  • residenza.

Il nome è indicato prima del cognome; ecco perché non ci sono dubbi sulla precedenza del nome ogni volta che bisogna indicare le proprie generalità o si deve firmare un documento.

Perché è corretto firmare con nome e cognome secondo l’Accademia della Crusca

Sul dibattito in merito all’ordine del nome e cognome nella firma è intervenuta anche l’Accademia della Crusca.

Questa ha confermato che in qualsiasi manuale di “galateo linguistico” viene stabilito che nella firma va prima il nome e poi il cognome, mentre l’ordine inverso - come vedremo meglio di seguito - si applica solamente in determinati casi.

Secondo l’Accademia della Crusca, quindi, oltre a essere supportato dalle disposizioni legali, scrivere prima il nome e poi il cognome è anche una questione di correttezza linguistica.

La spiegazione è semplice: il cognome originariamente non era altro che una specificazione ulteriore al nome della persona tant’è che spesso faceva riferimento al nome del padre. Ad esempio, nel caso di Dante il cognome Alighieri viene da Aldighiero, capostipite della casata.

Ci sono cognomi poi che indicano la professione di una determinata famiglia - come Fabbri - oppure a una caratteristica fisica o alla provenienza del capostipite.

Di conseguenza, così come l’aggettivo va sempre dopo un nome, anche nel caso del cognome questo va posto alla fine.

Quando il cognome ha la precedenza sul nome?

Anche se il nostro ordinamento riconosce la precedenza del nome sul cognome, niente vieta a determinati contratti di prevedere diversamente. In tal caso però nel modulo prestampato bisogna indicare chiaramente l’ordine voluto.

Inoltre c’è un altro caso in cui il cognome ha la precedenza sul nome: il Codice Fiscale. Questo è composto da 15 caratteri alfanumerici dove i primi 3 sono identificativi del cognome mentre successivi 3 del nome. Per il Codice Fiscale quindi è il cognome ad avere la precedenza, a differenza di quanto stabilito dal nostro ordinamento per la firma.

Concludiamo rassicurando tutti coloro che in questi anni hanno sempre firmato indicando prima il cognome e poi il nome: la firma non è da considerare nulla, al massimo vi verrà chiesto di compilare nuovamente un determinato documento inserendo le proprie generalità nell’ordine corretto. Ma è molto raro che ciò avvenga.

Adesso che sapete la verità comunque potete cominciare a firmare nell’ordine corretto - “Mario Rossi”, e non “Rossi Mario” - poiché non ci sono regole che vietano a una persona che ha sempre firmato in un determinato modo di cambiare le proprie abitudini.

Come deve essere la firma per essere valida?

Come abbiamo appena visto la firma è valida sia quando si comincia correttamente con il nome che quando si dà la preferenza al cognome.

In quali casi invece una firma non si considera valida? Anche per la validità della firma non ci sono norme specifiche del Codice Civile. Tuttavia sappiamo che nel significato comune si intende per sottoscrizione la “firma redatta di proprio pugno” la quale deve avere la funzione di “certificare l’attribuibilità del documento a colui che l’ha firmato”.

Per essere valida, quindi, la firma deve soddisfare due condizioni:

  • deve essere apposta di proprio pugno;
  • deve essere attribuibile alla persona alla quale l’atto fa riferimento.

Quest’ultimo punto sta a significare che la firma deve essere sempre riconducibile al proprio autore, anche in seguito a un’approfondita perizia grafologica. Per questo motivo sono valide le firme non considerate leggibili che però presentano dei caratteri distintivi dell’autore.

Non è ammesso invece firmare utilizzando delle forme geometriche o composte, poiché in questo caso anche un esperto grafologo non sarà in grado d’individuarne l’autore.

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