Anche i titoli di Stato si prestano a una pluralità di strategie a seconda degli obiettivi. Di fondo resta sempre una semplice regola: di norma il ritorno sale all’aumentare del rischio.
Non di sole cedole vive l’investitore in titoli di Stato, sebbene si tratti di una delle variabili tra le più attenzionate.
Variando infatti alcuni parametri chiave si possono trasformare le obbligazioni da strumenti teoricamente tranquilli in potenti prodotti speculativi. Può essere il caso dei bond in valuta, per esempio, specie se la moneta sovrana del Paese emittente è sull’ottovolante del mercato valutario.
Restiamo tuttavia in ambito euro e vediamo come guadagnare il 10% con i titoli di Stato in base al tempo e al rischio.
La strategia “sicura” del cassettista
Per l’investitore restio al rischio, l’unica via “sicura” è quella di sottoscrivere un bond capace di garantirgli un X rendimento complessivo dall’acquisto a scadenza. In questi casi la differenza la fa l’inclusione o l’esclusione delle spese fiscali e bancarie (cioè: il 10% lordo o netto?) e il timing dell’acquisto.
In periodi di alti rendimenti (tipo qualche decennio fa) possono bastare pochi anni per assicurarsi cospicui ritorni, almeno nominali. In periodi come gli attuali, invece, servono all’incirca un 4-4,5 anni per assicurarsi rendimenti lordi o netti del 10%.
Ad esempio il BTP in scadenza il 1° settembre 2028 (ISIN IT0004889033) ha una cedola lorda del 4,75% e attualmente prezza sui 107,5 centesimi. A questi corsi, e tenendolo fino alla fine, il ritorno del 10% lordo complessivo sarebbe assicurato.
Allungando la scadenza di qualche mese (1° febbraio 2029), invece, il bond con ISIN IT0005566408, con cedola al 4,10% e rendimento netto attuale sul 2,4% (prezza sui 105,3) produrrebbe un 10% netto totale.
Come guadagnare il 10% con i titoli di Stato in base al tempo e al rischio?
All’aumentare del rischio assunto si accorcia, almeno in teoria, il tempo necessario per conseguire un dato guadagno complessivo. Infatti se i mercati dovessero volgere al peggio o andare contro le proprie analisi di partenza, il rischio di restare “incagliati” in un’operazione è il minore dei mali da mettere in conto. Il peggiore, infatti, è l’eventualità di dover disinvestire in perdita, forzata e/o anticipata, dal trade intrapreso.
Se il proprio profilo di rischio è medio-sostenuto si potrebbe optare per un bond a cedola ricca e congrua durata residua. Qui però bisognerebbe curare al centesimo il prezzo di ingresso e di uscita onde evitare possibili perdite in conto capitale, e puntare in gran parte sul flusso cedolare.
Ad esempio il BTP con ISIN IT0003535157 ha una cedola annua lorda del 5% e scadenza al 1° agosto 2034. In linea torica, acquistandolo e rivendendolo allo stesso prezzo (oggi prezza sui 113,10) basterebbero 2 anni per incassare un 10% totale lordo.
Portando a massimo il rischio, infine, ecco il trading sui titoli di Stato quasi al pari di quello sulle azioni di Borsa. Qui sono i pattern e le dinamiche dei prezzi sul mercato secondario a farla da padrona nelle decisioni di investimento.
Ad esempio oggi il BTP 1° marzo 2067 (ISIN IT0005217390) scambia a 76,06 centesimi, mentre ai primi dello scorso luglio ha segnato un minimo a 69,30. Il rialzo è di quasi il 9,7% lordo, cui va aggiunto il rateo nel frattempo maturato (cedola annua: 2,80%). Tuttavia, è doveroso sottolineare che si tratta di un’operatività assai rischiosa riservata solo a investitori esperti e navigati sulle tecniche di trading in bond. Comprare sui minimi e rivendere sui massimi non è affatto semplice, banale e scontato. Anzi!
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