È possibile diseredare un erede legittimo? Analizziamo la questione nelle successioni mortis causa e cosa comporta nella ripartizione del patrimonio del defunto.
Diseredare un soggetto significa escluderlo dalla propria successione, in modo tale che egli non erediti il patrimonio.
L’analisi della questione parte dalla considerazione che, in assenza di testamento, è la legge che attribuisce il patrimonio a certe persone, indicate dagli artt. 565 ss. del codice civile. Nella successione legittima, infatti, l’eredità si devolve al coniuge, ai discendenti, agli ascendenti, ai collaterali, agli altri parenti e allo Stato.
Ha senso parlare di diseredazione qualora s’intenda escludere un soggetto che, per legge, potrebbe diventare erede accettando l’eredità. Al contrario, non avrebbe alcuna rilevanza diseredare un “amico”, perché questo soggetto non riceverebbe nulla “per legge”, ma potrebbe al più essere beneficiato qualora si scelga di farlo con un testamento.
Vediamo allora di capire meglio la questione alla luce di alcuni principi cardine del nostro ordinamento.
Come diseredare un erede legittimo
Diseredare un erede legittimo: la funzione del testamento
Il testamento è un atto revocabile con il quale è possibile disporre delle proprie sostanze per il tempo successivo alla morte (cfr. art. 587 c.c.). Dalla considerazione del testamento quale atto con cui si attribuisce, in passato si è discusso se fosse possibile “diseredare”un soggetto (potenziale erede legittimo).
Il problema nasce dal fatto che non si tratterebbe di una disposizione con la quale si dispone dei propri beni (funzione naturale del testamento), ma di una disposizione a carattere negativo, ossia volta a escludere un soggetto dalla successione.
Si è però obiettato che anche l’esclusione di un potenziale erede legittimo si traduce in una disposizione patrimoniale, essendo un modo indiretto per dare un assetto al proprio patrimonio: se si esclude espressamente un fratello dalla propria successione, il patrimonio sarà offerto ad altri soggetti. In senso positivo si è anche espressa la Cassazione con sentenza n. 8352/2012.
Pertanto, oggi sembra superata la discussione e deve ammettersi la possibilità di diseredare un erede legittimo.
Gli eredi legittimi e i legittimari: il principio di intangibilità della legittima
Se è vero che la discussione in ordine alla possibilità di diseredare sembra essere stata superata in senso positivo, una cosa è escludere dalla successione un erede legittimo come un fratello o una sorella; altra cosa è escludere un erede legittimo che sia anche legittimario, ossia un soggetto che ha diritto a diventare erede per una certa quota di eredità. In altre parole, vi sono i successori legittimi, ossia persone che per legge possono diventare eredi qualora manchi, in tutto o in parte, un testamento, e che sono indicati agli artt. 565 ss. c.c., come un figlio, un fratello, etc.: sarà la legge a chiamarli alla successione.
Vi sono però anche i c.d. legittimari. Tali soggetti non solo possono ereditare in quanto chiamati dalla legge, ma in più hanno diritto a essere eredi per una certa quota (c.d. legittima), in modo che ottengano un certo valore economico sull’eredità del defunto.
Infatti, ai sensi dell’art. 536 c.c. le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità i altri diritti nella successione sono: il coniuge, i figli e gli ascendenti (se chi muore non lascia figli).
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Così, se alla morte di una persona c’è solo un fratello e non esiste un testamento, questo sarà chiamato all’eredità in base alla successione legittima, ma non avrà diritto (nel senso di pretesa giuridicamente tutelata) a una quota del patrimonio del defunto. Per cui, se quest’ultimo avesse fatto ingenti donazioni mentre era in vita, il fratello non potrà agire in giudizio e chiedere al giudice che “riduca” tali donazioni, in modo da avere una quota di patrimonio più cospicua.
Diversamente è a dirsi per un legittimario: se alla morte di una persona c’è in vita solo il coniuge, questo non solo sarà chiamato all’eredità per legge, ma avrà anche diritto a una quota del patrimonio del defunto, cosicché potrà “aggredire” le donazioni fatte a terzi dal defunto quando era in vita, qualora abbia ottenuto beni per un valore inferiore a quanto la legge gli riserva.
Ebbene, sulla base delle considerazioni fatte, possiamo concludere che:
- è possibile diseredare un potenziale erede legittimo (un fratello), in quanto soggetto che non ha diritti riservati sull’eredità del defunto;
- non sembra ancora possibile diseredare un erede legittimo che sia anche legittimario (un figlio, il coniuge, etc.), perché in tal modo quel soggetto non avrebbe diritto a una quota di legittima, ma nel nostro ordinamento vige il principio dell’intangibilità della quota di legittima, quale limite alla libertà testamentaria.
Si deve peraltro considerare che il testatore potrebbe non contemplare il soggetto che intende diseredare (legittimario e non) nel testamento: qualora non intenda attribuire nulla alla moglie, potrebbe semplicemente non menzionarla nel testamento e istituire erede universale un estraneo: quella disposizione testamentaria sarà valida ed efficace, cosicché il patrimonio ereditario sarà offerto, in prima battuta, proprio al soggetto indicato nel testamento.
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Resta fermo, tuttavia, che il coniuge, una volta morto il testatore, potrà instaurare un processo con cui farsi riconoscere erede per la quota che la legge gli riserva, il che vorrà dire che l’istituzione ereditaria dell’estraneo fatta dal testatore sarà “ridotta” dal giudice.
Se allora è possibile non contemplare un legittimario nel testamento, può forse ritenersi possibile anche escluderlo direttamente (diseredandolo), con la consapevolezza che quel soggetto potrà comunque chiedere un domani al giudice che gli venga attribuita una quota di patrimonio.
In conclusione, se “non si può” diseredare un legittimario, essendo tuttora vigente il principio che tutela i parenti più stretti del defunto, è anche vero che la “sanzione” nel diritto privato opera solo su iniziativa di parte, cosicché potrebbe essere che il coniuge diseredato decida di lasciar fermo il testamento così come lo ha predisposto il testatore, senza instaurare un processo con chi sia stato istituito erede al suo posto.
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