Codice della Strada, perché la riforma potrebbe essere incostituzionale?

Ilena D’Errico

31 Marzo 2024 - 19:57

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La riforma del Codice della Strada potrebbe essere incostituzionale, perlomeno in alcune sue parti. Ecco perché.

Codice della Strada, perché la riforma potrebbe essere incostituzionale?

La Camera ha recentemente approvato il testo della riforma del Codice della strada, che passa ora al vaglio del Senato. Alcune norme hanno subito dato adito ad alcune perplessità in diversi giuristi, soprattutto alla luce della sentenza emanata dalla Corte Costituzionale proprio qualche giorno fa. In particolare, si tratta della sentenza n. 52 del 28 marzo 2024, con cui la Corte ha dichiarato incostituzionale una sanzione del Codice della strada, ovviamente quello attualmente in vigore.

Il caso trattato dai giudici riguardava, nel dettaglio, la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente a seguito di guida con veicolo sottoposto a fermo amministrativo. Secondo i giudici, la sanzione non deve essere applicata di regola, bensì a seconda della gravità del fatto, per non minare il principio di proporzionalità delle pene.

In apparenza, nulla di correlato al nuovo testo sulle regole stradali, che di fatto non applica nessuna modifica alla violazione per la guida con auto sottoposta a fermo amministrativo. Ciò che interessa della riforma - in merito alla sua presunta parziale incostituzionalità - è invece proprio il principio di proporzionalità delle sanzioni, che può risultare dubbio.

La riforma del Codice della Strada è incostituzionale?

Al momento, non si può definire incostituzionale la riforma del Codice della Strada, non essendo quest’ultima nemmeno stata ancora approvata ed entrata in vigore, tantomeno analizzata dalla Corte Costituzionale. Nonostante ciò, è evidente che alcuni passaggi del testo si pongono in aperto contrasto con l’orientamento prevalente della giurisprudenza sul medesimo argomento.

Tra le varie novità in ballo, a far discutere è soprattutto quelle che prevede di punire la guida sotto effetto di sostanze stupefacenti accertando meramente la presenza nei test, indipendentemente dallo stato di alterazione del conducente. Questo divieto mira ad aumentare la sicurezza stradale, ponendosi come forte deterrente alla guida in condizioni anche solo potenzialmente non ottimali.

Un intento più che giusto, che potrebbe tuttavia rivelarsi dannoso e pregiudizievole. La sola positività alla presenza di una certa sostanza nell’organismo del conducente, infatti, non determina necessariamente effetti sulle capacità cognitive e motorie del soggetto, nemmeno sui suoi riflessi o sulle sue inibizioni. Spesso e volentieri, la Corte di Cassazione ha ribadito questo concetto, determinando la responsabilità del guidatore secondo il nesso causale tra la causa dell’incidente stradale e lo stato di alterazione provocato dall’assunzione di stupefacenti.

Attenzione a non confondere il concetto di stato di alterazione con la risposta soggettiva e non del tutto prevedibile di ogni essere umano all’assunzione di un certo quantitativo di sostanze psicotrope o alcoliche, su cui peraltro incidono notevoli fattori variabili. Nessuno, men che meno la Cassazione, consente di guidare sotto effetto di sostanze a chi “regge bene”.

Bisogna piuttosto considerare a livello tecnico, quindi medico-scientifico, i parametri di alterazione, la concentrazione delle sostanze, il tipo di test effettuato, il tempo trascorso dall’assunzione e così via. La valutazione, in sintesi, deve essere fatta in modo esclusivamente oggettivo.

Ma veniamo ora a qualche esempio pratico, senza dubbio chiarificatore. Il THC (il principale principio attivo della cannabis) può lasciare traccia nelle analisi del sangue per oltre 14 giorni dall’assunzione, mentre nel test salivare per una media di 72 ore, che possono benissimo salire a tempi più elevati in caso di consumo abituale.

L’effetto psicoattivo tende ad esaurire in una manciata d’ore, mentre l’incapacità di guida (rallentamento dei riflessi, problemi di concentrazione e così via) dura per un massimo di 24 ore, ma solo se ve ne sono determinate condizioni favorevoli. Ora, ricordando che in Italia è legale l’assunzione di cannabis a scopo terapeutico e che di norma ai pazienti è vietata la guida sino a 24 ore dopo l’assunzione, come si pone la nuova norma del Codice della Strada?

Quest’ultima, ricordiamo, intende sanzionare il guidatore per la positività al test salivare effettuato in loco dagli agenti o, in caso di impossibilità, da quello su sangue richiesto a strutture competenti. A seconda dei casi, il conducente rischierebbe la revoca della patente per aver assunto cannabis a scopo terapeutico perfino 3 giorni prima, senza esserne visibilmente e medicalmente alterato. Sotto quest’ottica è chiaro che la norma andrebbe perlomeno rivista, magari fissando parametri e condizioni più specifiche per evitare pericolose generalizzazioni.

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