Il significato, la definizione e le differenze fra i vari tipi di cloud, i modelli di utilizzo, le forme di pagamento, i servizi e le tecnologie.
Il cloud computing è ormai parte integrante della nostra quotidianità digitale, spesso senza che ce ne rendiamo conto. Ogni volta che archiviamo una foto su Google Drive, ascoltiamo musica in streaming o accediamo a una webmail, stiamo utilizzando servizi basati sul cloud. Ma il cloud non è solo un alleato dell’utente comune: è diventato un pilastro dell’infrastruttura tecnologica globale.
Al giorno d’oggi, il cloud computing rappresenta uno dei settori digitali in più rapida crescita, con un mercato che ha superato gli 800 miliardi di dollari e una diffusione sempre più capillare tra aziende di ogni dimensione e settore. Il suo punto di forza è la possibilità di accedere, in modo flessibile e scalabile, a risorse informatiche remote come potenza di calcolo, archiviazione dati e piattaforme software.
Le imprese adottano il cloud per una vasta gamma di esigenze: dal semplice backup dei dati alla gestione della posta elettronica aziendale, dallo sviluppo software all’analisi dei Big Data. Alcuni settori lo sfruttano in modo particolarmente strategico: le case automobilistiche, ad esempio, utilizzano il cloud per offrire esperienze personalizzate ai clienti, mentre le aziende del settore finanziario lo impiegano per alimentare sistemi di rilevamento delle frodi sempre più sofisticati.
In un contesto in cui l’intelligenza artificiale, l’Internet of Things e la cybersecurity giocano un ruolo sempre più centrale, il cloud non è più solo un’opzione tecnologica, ma una vera e propria necessità per innovare, adattarsi e restare competitivi. Ecco tutto quello che c’è da sapere.
Comprendere cos’è il cloud e come viene utilizzato oggi significa leggere meglio il presente e anticipare il futuro della trasformazione digitale.
Cos’è il cloud computing? Significato e definizione
Cosa intendiamo esattamente per cloud computing? Secondo il National Institute of Standards and Technology (NIST):
il cloud computing è un modello che consente un accesso ubiquo, conveniente e on demand a risorse informatiche condivise e configurabili.
Rappresenta, quindi, un modello di erogazione di servizi informatici attraverso la rete internet. Si tratta di un paradigma che permette di accedere a risorse di calcolo condivise (server, storage, applicazioni e servizi) che possono essere rapidamente fornite con un impegno minimo di gestione da parte dell’utente. Questa tecnologia ha trasformato radicalmente il modo in cui le organizzazioni gestiscono le proprie infrastrutture IT, passando da soluzioni hardware fisiche a servizi virtuali fruibili in base al consumo.
I requisiti necessari del cloud computing
Secondo il National Institute of Standards and Technology (Nist), il cloud computing necessita di soddisfare cinque caratteristiche.
- Accessibilità su richiesta: gli utenti devono avere la possibilità di richiedere in maniera autonoma le risorse necessarie, senza dover contattare ogni volta il fornitore.
- Ampio accesso alla rete: l’accesso al cloud computing deve avvenire tramite Internet, non attraverso altre tecnologie o protocolli. L’utilizzo di metodi standardizzati garantisce che tutti gli utenti abbiano accesso al servizio senza problemi.
- Risorse raggruppate: la combinazione di più istanze di calcolo è il prerequisito di base per il cloud computing. Per lo più sotto forma di server farm, ossia luoghi dove sono collocati numerosi server, questi servono a fornire contemporaneamente a diversi utenti potenza di calcolo e capacità di memorizzazione.
- Elasticità: l’assegnazione delle capacità di calcolo deve essere veloce e allineata con la domanda. Nella migliore delle ipotesi operano specifici automatismi che attivano o disattivano le risorse senza l’assistenza dei clienti o dei dipendenti.
- Servizio misurabile: l’utilizzo dell’offerta cloud viene monitorato in ogni momento. In questo modo c’è maggiore trasparenza sia per il fornitore che per l’utente.
I diversi tipi di cloud computing
Quando si parla di cloud computing è, però, necessario distinguere fra le varie tipologie che esistono e i servizi offerti. Le tipologie sono quattro: cloud pubblico, privato, cloud ibrido e multicloud.
Cloud pubblico
Il public cloud, o cloud pubblico, è definito come un insieme di servizi di elaborazione offerti da un provider attraverso la rete internet, reso disponibile per coloro che desiderano usarlo o comprarlo. Questi servizi possono essere gratuiti o a pagamento.
Rispetto al cloud privato, il cloud pubblico consente alle aziende di risparmiare su numerosi costi afferenti alla gestione della manutenzione. Questo perché essendo il cloud pubblico, è il provider ad occuparsi di questi aspetti.
Sebbene venga spesso etichettato come meno sicuro rispetto al suo equivalente privato, il public cloud, se utilizzato correttamente, garantisce lo stesso livello di sicurezza ma con dei costi molto minori.
Cloud privato
Il private cloud, o cloud privato, indica servizi offerti tramite Internet solamente a utenti selezionati e non al pubblico generale, come nel caso del cloud pubblico.
Il cloud computing privato offre molti dei vantaggi di un cloud pubblico, ad esempio le funzionalità self-service, elasticità e scalabilità.
Il cloud privato, inoltre, offre un livello elevato di sicurezza e privacy per garantire che le operazioni e i dati sensibili non siano accessibili ad altri provider.
Lo svantaggio risiede nel fatto che il reparto IT dell’azienda è considerato responsabile per i costi e per la gestione del cloud privato. Di conseguenza, questi richiedono le stesse spese di personale, gestione e manutenzione dei data center di proprietà tradizionali.
Com’è intuibile, pur mettendoli a paragone, non è possibile trarre una conclusione su quale sia la soluzione migliore tra cloud pubblico e privato, in quanto dipende molto dalle esigenze aziendali.
Nel caso di una piccola azienda, come una tipica Pmi italiana, farsi carico dei costi di installazione e manutenzione di un cloud privato potrebbe essere eccessivamente dispendioso e talvolta inutile (almeno che non si abbia il fondato timore che qualcuno voglia provare a sottrarci informazioni riservate).
Sarebbe invece più idoneo un cloud pubblico, di rapida installazione, dal costo più basso (qualora non si scelga una variante gratuita) e soprattutto che non necessiti di una manutenzione diretta da parte del fruitore.
Nell’eventualità che sia invece una grande azienda ad avere bisogno di un servizio di cloud, questa potrebbe trovare più conveniente averne uno privato tutto suo. Nella fattispecie, ciò può accadere nel caso in cui l’azienda sia molto grande e produca un’immensa quantità di dati; oppure nel caso in cui i dati trattati da essa siano particolarmente sensibili e a rischio di essere rubati.
In questo caso, anche nel caso in cui l’azienda consideri questa possibilità, il costo non andrebbe a pesare in maniera troppo importante sul proprio fatturato, diventando perciò un’alternativa meritevole di considerazione.
Cloud ibrido
Ma c’è anche una terza possibilità. Il cloud ibrido, o hybrid cloud, è una soluzione che combina un cloud privato con un servizio cloud pubblico. Una strategia cloud ibrida offre alle aziende una maggiore flessibilità spostando i carichi di lavoro tra le soluzioni cloud in base alle esigenze e ai costi.
Il servizio di cloud ibrido è estremamente potente in quanto offre un maggiore controllo sui propri dati privati. Un’organizzazione può archiviare dati sensibili su un cloud privato o un data center locale e contemporaneamente sfruttare le risorse di computing di un cloud pubblico gestito, amministrando il tutto attraverso un singolo device.
Un esempio di ciò può essere quello di un ospedale che vuole conservare localmente i dati dei propri pazienti così da averli sempre a propria disposizione, mentre destina al cloud pubblico i dati di minor rilevanza dal piunto di vista sanitario, come quelli riguardanti alla contabilità delle forniture. Così facendo si massimizzano le qualità di entrambi i sistemi, riducendo anche l’impatto economico.
Multicloud
L’ultima soluzione è, infine, il multicloud. Il multicloud computing si riferisce all’utilizzo contemporaneo di più servizi di cloud computing, forniti da più provider, anziché da uno soltanto.
Esiste una differenza sostanziale rispetto al cloud ibrido: mentre nel caso di quest’ultimo si usano cloud di diverso tipo (per esempio uno pubblico e uno privato) nel multicloud si usano diversi provider.
Il motivo per cui alcune aziende utilizzano questo diversi cloud è insita nelle caratteristiche degli stessi: potendo infatti utilizzare molteplici provider è possibile sceglierli in maniera complementare. Qualora inoltre si verifichi un problema, come ad esempio un guasto, potendo contare su diversi cloud, non è necessario fermare il lavoro.
Come si usa il cloud computing in azienda? I differenti modelli di servizio
Le aziende implementano il cloud computing attraverso tre principali modelli di servizio, ciascuno adatto a esigenze specifiche e con differenti livelli di controllo sulla tecnologia sottostante. Questi modelli rappresentano soluzioni pratiche per modernizzare l’infrastruttura IT e ottimizzare i processi aziendali.
IaaS
Il primo livello di infrastrutture è Infrastructure-as-a-Service (IaaS). Questo servizio offre un primo livello di delega della gestione dei dati. Fornisce i servizi di infrastruttura come ad esempio le risorse di calcolo e lo spazio di archiviazione tramite cloud e Internet.
Con questo servizio, l’utente ha il completo controllo dell’infrastruttura grazie a un’interfaccia di programmazione delle applicazioni (API) o un dashboard.
Infrastructure-as-a-service garantisce molta versatilità, consentendo di acquistare solo i componenti che si reputano necessari, aggiungendoli o eliminandoli quando considerato necessario. Risulta infine molto conveniente grazie al basso costo fisso e al fatto che non necessita di manutenzione.
IaaS presenta anche alcuni inconvenienti, ad esempio i potenziali problemi legati all’affidabilità dei servizi, alla sicurezza del provider. Sono tuttavia problematiche che possono essere evitate scegliendo un provider con una buona fama, con un’esperienza provata e una reputazione valida.
PaaS
Il secondo livello di servizio è Platform-as-a-Service (PaaS). Questo servizio consente, attraverso una combinazione preconfezionata di software e hardware per il cloud computing, di sviluppare, testare, gestire e distribuire le proprie applicazioni con facilità.
Grazie a questo servizio, le aziende evitano le spese e le complessità legate all’acquisto e alla gestione di licenze software, middleware e infrastrutture delle applicazioni sottostanti, strumenti di sviluppo e altre risorse.
SaaS
Il terzo e ultimo livello di servizio è Software-as-a-Service (Saas). Dei tre servizi di cloud computing citati finora questo è il più completo. Questo consiste nella fornitura di un’applicazione completa da parte di un provider tramite un browser web.
Il provider si occupa degli aggiornamenti software, della correzione dei bug e di altre attività di manutenzione del software, mentre l’utente si connette all’applicazione tramite una dashboard.
Scegliendo questo tipo di soluzione, le aziende non devono gestire l’installazione e gli aggiornamenti dei software, ma devono solamente limitarsi a personalizzare il servizio secondo le proprie esigenze.
I vantaggi offerti da questo servizio in termini di tempo e manutenzione possono essere tuttavia controbilanciati da problemi legati a controllo, sicurezza e prestazioni. Per questo è importante scegliere un provider altamente affidabile e formare il proprio personale in modo che sia in grado di utilizzare questi strumenti.
Costi e modelli di pagamento nel cloud
La struttura economica del cloud computing si basa su modelli di pagamento flessibili che si adattano alle diverse esigenze aziendali. A differenza dei tradizionali investimenti in infrastrutture IT, il cloud introduce un paradigma finanziario che trasforma le spese di capitale (CapEx) in costi operativi (OpEx), modificando radicalmente la gestione finanziaria delle organizzazioni.
Pay-as-you-go: paghi solo ciò che usi
Il modello pay-as-you-go, o pagamento a consumo, rappresenta una delle caratteristiche più vantaggiose del cloud computing. Questo approccio consente alle aziende di pagare esclusivamente per le risorse effettivamente utilizzate, eliminando i costi di infrastrutture sovradimensionate. Secondo le principali offerte di mercato, esistono diverse modalità di pricing basate sul consumo:
- su richiesta: le organizzazioni pagano esattamente ciò che utilizzano, spesso con tariffe calcolate su base oraria, al minuto o persino al secondo;
- prerilasciabile: alcuni provider offrono istanze con forte sconto che possono essere interrotte quando la capacità è necessaria altrove;
- riservata: le aziende prenotano in anticipo la capacità di computazione per ottenere tariffe più vantaggiose.
Questo modello offre alle organizzazioni la flessibilità di ridimensionare le proprie infrastrutture cloud man mano che le esigenze cambiano, mantenendo i costi sotto controllo.
Abbonamento mensile o annuale
In alternativa al pagamento a consumo, molti provider cloud propongono abbonamenti a tariffa fissa, con pagamenti mensili o annuali. Questa soluzione è particolarmente diffusa per servizi SaaS ed è adottata da aziende con carichi di lavoro prevedibili. Il modello prepagato offre:
- tariffe fisse e prevedibili indipendentemente dall’utilizzo effettivo;
- sconti significativi per impegni a lungo termine o acquisti di volumi;
- minore flessibilità rispetto al pay-as-you-go, ma maggiore semplicità di budgeting.
Numerosi provider, inoltre, consentono di combinare entrambi gli approcci per gestire sia i carichi prevedibili che quelli imprevisti.
Difficoltà nella previsione dei costi
Nonostante i vantaggi evidenti, la gestione finanziaria nel cloud presenta notevoli sfide.
Uno studio della FinOps Foundation ha rivelato che un’azienda su cinque non attua alcun controllo sui costi cloud, mentre oltre il 35% delle organizzazioni ha sperimentato fluttuazioni dei costi superiori alle previsioni.
Tra le principali criticità, ci sono:
- commissioni di uscita dei dati: alcuni fornitori addebitano tariffe elevate quando i dati lasciano la loro rete, con il rischio di «bloccare» i dati nell’ambiente cloud;
- costi nascosti: trasferimenti tra zone diverse, chiamate API e traffico interno tra server possono generare spese impreviste;
- difficoltà di ottimizzazione: si stima che tra il 20% e il 30% della spesa cloud venga sprecata attraverso duplicazioni e inefficienze.
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