La Cina boicotta le esportazioni australiane

Marco Ciotola

28 Maggio 2020 - 17:17

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Dopo che da Sidney hanno approvato la richiesta di un’indagine sulle origini del coronavirus, Pechino sembra vendicarsi sulle esportazioni australiane. I dettagli

La Cina boicotta le esportazioni australiane

La Cina boicotta le esportazioni australiane. La mossa di Pechino segue l’approvazione in arrivo da Sidney alla richiesta di indagini sulle origini del coronavirus.

Il ministro degli esteri australiano, Marise Payne, ha infatti espresso il suo sostegno alle indagini alla fine di aprile. Solo qualche giorno dopo, l’ambasciatore cinese in Australia, Chen Jingye, ha suggerito una reazione tramite boicottaggio.

“Forse la popolazione cinese si starà chiedendo: perché dovremmo bere vino australiano? Che senso ha mangiare carne australiana?”,

ha riferito Jingye all’Australian Financial Review.

Così, con quella che ha tutta l’aria di una vera ritorsione, Xi Jinping sta prendendo di mira l’export australiano.

La Cina boicotta le esportazioni australiane

A meno di un mese dall’approvazione australiana alle indagini, la cosiddetta campagna punitiva cinese sembra essere già in pieno corso di svolgimento.

Dallo scorso 12 maggio Pechino ha sospeso i carichi di manzo in arrivo dai quattro più grandi macelli australiani, adducendo motivi di sicurezza sanitaria. Meno di una settimana dopo, ha aumentato le tariffe di oltre l’80% sulle importazioni di orzo australiano, nell’ambito di una presunta operazione antidumping.

Va sottolineato che la Cina è di gran lunga il principale partner commerciale dell’Australia, con scambi tra i due Paesi per un totale di oltre 214 miliardi di dollari nel solo 2018.

Gran parte delle esportazioni australiane verso la Cina sono materie prime come minerali di ferro, carbone, oro e lana, che puntano ad alimentare la rapida crescita economica del Paese. A queste si aggiungono grandi quantità di beni di consumo e componenti tecnici.

E proprio mentre l’Australia affronta la realistica prospettiva di una recessione legata al coronavirus, la relazione economica sull’asse Sidney-Pechino sembra assumere un’importanza cruciale.

Ma la rottura nelle relazioni tra i due Paesi appare ormai evidente e difficile da riparare.

Cina-Australia: rapporti compromessi

Secondo Richard McGregor del Lowy Institute una “ricostruzione della fiducia” è molto difficile.

Da questo punto di vista, sono molti gli esperti a sostenere che l’Australia può essere vista come un vero banco di prova: una democrazia liberale, con stretti legami commerciali con il regime autoritario di Pechino, può ancora mantenere una politica estera indipendente, e per questo potenzialmente critica nei confronti del Partito comunista cinese?

Di fatto le relazioni tra le due parti hanno cominciato a peggiorare nel 2017, quando l’Australia ha introdotto una nuova legislazione in materia di sicurezza, finalizzata alla repressione delle interferenze straniere nella politica interna.

Pechino, credendo che le normative la riguardassero in maniera diretta, esercitò nei confronti di Sidney un cosiddetto “congelamento diplomatico”.

In un simile scenario già colmo di tensioni, il ministro Payne ha chiesto un’indagine sulle origini della pandemia lo scorso 19 aprile, intensificando la faida tra Cina e Australia.

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